I terremoti non si prevedono, ma a L'Aquila ce ne saranno altri

L’intervista al dott. Nicola D’Agostino

24 Ottobre 2009   15:16  

“InAbruzzo.com” ha intervistato il dott. Nicola D’Agostino,  primo ricercatore presso l’INGV (Istituto di geofisica e vulcanologia) che si occupa della misurazione della deformazione della crosta terrestre con metodi geodetici (GPS). Il dott. D’Agostino è uno degli autori della recente ricerca di livello internazionale sulla faglia di Paganica, che a detta degli studiosi è molto pericolosa. In questa intervista fornisce un’opinione personale che, precisa, potrebbe divergere dalla posizione ufficiale dell’INGV. In sostanza, come potete leggere, i terremoti non si prevedono indicando tempo e luogo, ma si possono predire come eventi altamente probabili nel corso del tempo, specie in alcune zone.


Dott. D’Agostino, ritiene il terremoto dell’Aquila un evento sismico nella norma visto che ormai, a parte il picco di aprile, lo sciame si protrae da circa 10 mesi con una regolarità quasi  gaussiana?


Sono conosciute diverse sequenze nella storia della sismicità’ italiana che hanno avuto una lunga durata sia prima che dopo la scossa principale. In questo senso la sequenza aquilana attuale non rappresenta un’anomalia nella storia sismica italiana.


Dott. D’Agostino, a parte il clima avvelenato che ha contraddistinto i giorni precedenti al sisma del 6 aprile, non ritiene il sisma aquilano simile al sisma avvenuto negli anni scorsi nella zona delle Marche e dell’Umbria dove dopo una serie di scosse simili a quelle aquilane, per durata e intensità, si è avuto un sisma violentissimo che ha arrecato meno danni per l’intervento della protezione civile?


Entrambe le sequenze (Umbria-Marche del 1997 e Aquila 2009) hanno visto scosse di magnitudo minori precedenti alla scossa principale. Purtroppo non e’ possibile  caratterizzare e distinguere questo tipo di scosse dalla normale sismicità’ registrata in Italia  (diverse migliaia di terremoti all’anno).


Dott. D’Agostino, in coscienza e da scienziato, ritiene che sia corretto dire ad una popolazione che da mesi sopportava uno sciame sismico quasi giornaliero, che non doveva preoccuparsi perché tali eventi sismici sono nella norma e che tale attività avrebbe portato l’energia a scaricarsi, mentre al tempo stesso si affermava che non era possibile prevedere un sisma con il rilevamento del gas che si sprigiona dalla terra in quanto non c’erano delle evidenze scientifiche e pubblicazioni a riguardo? Non ritiene che non esistevano pubblicazioni ed evidenze scientifiche per comunicare ad una popolazione che uno sciame sismico di 4 / 5 mesi non avrebbe portato a sismi violenti e mortali?


La rete sismometrica dell’INGV registra diverse sequenze all’anno con magnitudo massima M 3-4 che non sono associate ad eventi di magnitudo maggiore (M 6). E’ quindi al momento impossibile distinguere una sequenza sismica (anche lunga temporalmente) caratterizzata esclusivamente da scosse di bassa magnitudo dalle fasi iniziali di una sequenza sismica la cui scossa principale ha magnitudo ben maggiore (6-7). Esiste un consenso diffuso nella comunità’ scientifica (e dopo esperienze ed esperimenti prolungati in paesi scientificamente avanzati come gli Stati Uniti ed il Giappone) che la misurazione di anomalie geochimiche come il radon durante una sequenza sismica non sia sufficientemente affidabile per l’utilizzo a scopo di protezione civile.


Le faglie che insistono sul territorio della città dell’Aquila sono faglie che potranno in futuro seguitare a sprigionare violenti terremoti? E lei, da studioso, auspica che gli immobili che si andranno a ricostruire in centro storico siano ristrutturati o ritiene che debbano essere ricostruiti dalle fondamenta per scongiurare futuri ed improvvisi danni umani e materiali?


L’impatto dei forti terremoti in paesi come il Giappone e la California mostra che la strategia vincente per difendersi dai terremoti comporta il miglioramento delle caratteristiche antisismiche del patrimonio edilizio.
La domanda che lei mi pone dovrebbe essere quindi rivolta ad un esperto di ingnegneria sismica.
In qualità’ di Ricercatore esperto di tettonica attiva dell’Appennino ritengo che la posizione della città’ dell’Aquila  in relazione ai numerosi sistemi di faglie attive esistenti nell’area, e che potrebbero in futuro produrre eventi sismici significativi, si debba tradurre in un attenta valutazione del patrimonio edilizio esistente e nella scelta delle procedure migliori volte al suo recupero ed al miglioramento delle caratteristiche antisismiche.

(ndr: ringraziamo il dott. D’Agostino per la disponibilità, la pacatezza e la volontà di rispondere a delle domande che nell’attuale contesto possono essere ancora scomode. Su un solo punto la pensiamo diversamente. Il punto due dove si afferma che ci sono migliaia di scosse tutto l’anno in Italia e che quindi non poteva esserci un’attenzione diversa per il territorio dell’Aquila i primi giorni del mese di aprile 2009. Ci saranno pure migliaia di scosse durante l’anno ma di certo non sono localizzate per 5 mesi, quasi giornalmete, in uno stesso punto della penisola. Questo per dire che rispettiamo la difesa d’ufficio ad oltranza dell’ operato della protezione civile e dell’INGV, ma si poteva fare diversamente e di più. Dobbiamo dirlo per migliorare le capacità reattive del sistema Italia nell’affrontare i futuri eventi sismici simili. Queste situazioni di crisi possono essere gestite più efficacemente grazie all’esperienza tragica della città dell’Aquila solo se si fa un minimo di autocritica costruttiva. ppv)

 

fonte: InAbruzzo.com


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