Il Fondo monetario sulla crisi: nel 2009 crescita pari a zero

Ignazio Visco e le previsioni economiche

10 Marzo 2009   18:33  

Un 2009 critico, difficilmente prevedibile dal punto di vista economico: per la prima volta negli ultimi 10 anni la crescita mondiale potrebbe addirittura rivelarsi negativa. Ad affermarlo il direttore del Fondo monetario internazionale, Dominique Strauss-Kahn, che a Dar es-Salaam, in Tanzania, presiederà stasera e domani il vertice che vedrà riuniti i ministri delle Finanze e i governatori delle banche centrali dei 53 Paesi africani, convenuti assieme a studiosi, intellettuali e privati del continente, nel tentativo di arginare l'impatto catastrofico della crisi planetaria sui Paesi più poveri e in via di sviluppo.

Un'impresa tutt'altro che facile. Secondo le previsioni elaborate dal Fondo, la crescita mondiale prevista per quest'anno sarà al di sotto dello zero. "la peggiore performance che la maggior parte di noi abbia mai visto" ha commentato il numero 1 dell'Fmi all'apertura della conferenza sugli effetti della crisi economica gravanti sul continente africano. Il progressivo peggioramento del sistema finanziario globale "associato al collasso della fiducia dei consumatori e delle imprese- ha continuato Strauss-Kahn -sta deprimendo la domanda interna in tutto il mondo". Stando alle prime dichiarazioni dei presenti al vertice, la flessione degli interscambi mondiali e dei prezzi relativi alle materie prime finirà con l'aggravare la situazione sociopolitica interna ai Paesi più poveri, aumentando il rischio di conflitti e guerre intestine. In realtà l'ultima stima mondiale diffusa a gennaio dal Fondo per il 2009 prevedeva una crescita complessiva dello 0,5%, ma le cose, a quanto sembra, peggioreranno ulteriormente.

Tempi difficili anche per le banche. Gli istituti di credito sparsi nel mondo- avverte il Fmi- rischiano di subire ulteriori e ingenti perdite. Secondo Strauss-Kahn molte delle attività a rischio intraprese dalle banche non sono state ancora rivelate. La dispersione di somme più gravi di quanto in realtà si stimi appare pertanto un rischio fondato. Un sospetto realizzato dalla stessa Unione europea, che in vista del G20 londinese sembra abbia chiesto, assieme ad altri Paesi ed entità sovranazionali, il raddoppio del fondo(250 miliardi di dollari) previsto dal Fmi per la crisi.

CRISI GLOBALE. QUANTO CONTANO LE PREVISIONI ECONOMICHE

Si poteva evitare la crisi? Le previsioni economiche sono attendibili? Perchè la politica economica non è riuscita ad attuare misure in grado di prevenire o perlomeno stemperare il grave shock finanziario che ha sconvolto il globo? Nel suo discorso inaugurale alla Facoltà di Economia della Sapienza, in occasione dell'apertura del Master di II livello in Economia Pubblica, il vice direttore generale della Banca d'Italia, Ignazio Visco, ha commentato tali interrogativi, esponendo la propria visione di quanto accaduto nell'ultimo biennio, con particolare riferimento alle pecche dei metodi previsionali odierni e alla loro possibile evoluzione.

FALLIMENTO PREVISIVO E SHOCK ECONOMICI

Le previsioni economiche(da quelle private a quelle elaborate dagli Istituti pubblici di ricerca) sono condotte in genere utilizzando modelli statistico-econometrici basati sulle cosiddette "serie storiche"(dati relativi agli andamenti delle variabili economiche, finanziare e demografiche nel passato). Oltre ai vincoli sottostanti ai diversi modelli, gli economisti devono considerare il ruolo delle istituzioni, delle regole prevalenti sui mercati e delle modalità d'intervento della politica economica.

Relativamente alle performance di tali modelli, gli errori previsionali connessi a variabili aggregate come il Pil tendono ad essere generalmente ridotti, anche se non trascurabili. Tuttavia nel caso della crisi che ha colpito il mondo nell'ultimo biennio le previsioni hanno evidenziato carenze più che "trascurabili". Come ha commentato Visco di fronte agli studenti della Sapienza, i modelli previsionali non sono stati in grado di riflettere né di segnalare per tempo le conseguenze della crisi finanziaria sullo sviluppo dell'attività economica globale. Nei primi mesi del 2008 ad esempio(quando nei mercati interbancari imperversavano "tensioni eccezionalmente elevate" già in grado di contagiare altri reparti dell'economia),secondo la media della valutazioni formulate dagli operatori professionali censiti da Consensus Forecasts, il tasso di crescita  del prodotto previsto per il 2009 sarebbe stato vicino al 3% negli USA, al 2% nell'area Euro e intorno all'1,5% in Italia. Nei mesi successivi, complice anche il peggioramento sistematico dell'economia mondiale, le stime sono state riviste al ribasso, ma con molta, forse troppa cautela. Persino ad ottobre, mese successivo al fallimento della nota banca d'affari statunitense Lehman Brothers, gli analisti si sono dichiarati in favore di una, seppur contenuta, crescita del Pil.

Oggi, ad un anno e mezzo di distanza dall'esplosione della crisi, "si prevede una contrazione del prodotto per il 2009 dell'ordine del 2% e più in tutte le tre economie prima menzionate": nell'arco di un solo anno le previsioni di crescita del Pil sono state dunque riviste al ribasso per 4-5 punti percentuali."si tratta di correzioni di entità assolutamente eccezionale- commenta Visco nella relazione- Guardando indietro agli ultimi 18 mesi, il processo di adeguamento delle previsioni ci può apparire oggi, col senno di poi, incapace di tenere il passo con il rapido susseguirsi degli eventi, colpevolmente orientato ad avallare con ostinata miopia, sino a pochissimi mesi or sono, la valutazione di una frenata dell’economia breve e di intensità contenuta".

Che i modelli previsivi non siano sempre attendibili è cosa nota. Quando il mondo sperimenta shock economici di grandi dimensioni e soprattutto di nuova natura, tali sistemi appaiono spesso inadeguati a fornire informazioni dettagliate su quanto possa avvenire nel futuro. Gradualmente, attraverso le esperienze dei grandi sconvolgimenti economici come quello del 29, sono stati introdotti, nelle generazioni successive dei modelli macroeconomici, aspetti e meccanismi precedentemente trascurati e rivelatisi poi di grande utilità. Inoltre, il fatto che tutti gli strumenti previsivi si basino su una conoscenza incompleta e provvisoria di una realtà in trasformazione continua ha spinto gli economisti ad attuare "approcci basati su una pluralità di controlli incrociati". Lo studio dell'andamento economico di un sistema tuttavia, rimane sempre molto complesso e tante devono essere le condizioni da soddisfare affinchè la previsione sia attendibile.

UN PO' DI TEORIA...

Nel discorso che il Vice Direttore della Banca d'Italia ha tenuto ai giovani studenti e aspiranti economisti della Sapienza, è stato citata la teoria economica di Herbert Simon, seconda la quale "Le buone previsioni hanno due requisiti che sono spesso difficili da soddisfare. In primo luogo, esse richiedono o una comprensione teorica del fenomeno da prevedere, come base del modello di previsione, o, alternativamente, fenomeni che siano sufficientemente regolari da poter essere semplicemente estrapolati. Poiché la seconda condizione è raramente soddisfatta da dati che riguardano gli affari umani (o anche il tempo atmosferico), le nostre previsioni saranno in generale buone solo quanto le nostre teorie. Il secondo requisito per la previsione consiste nel disporre di dati attendibili riguardo alle condizioni iniziali, il punto da cui partire per effettuare l’estrapolazione”.

L'incapacità dei sistemi previsionali odierni di anticipare l'evoluzione della crisi oggi in fieri sui mercati di tutto il mondo, è per Visco da ricondurre a tre aspetti della pratica modellistica odierna. Prima di tutto, in presenza di sviluppi eccezionali(tali da costituire un momento di palese discontinuità con il passato)quali sono quelli attuali, è venuta a mancare la regolarità statistica cui Simon faceva riferimento. In secondo luogo "nella fruizione delle previsioni e ancor di più nel ricordo che di esse si conserva a posteriori", l'attenzione si concentra inevitabilmente sulla valutazione numerica(soltanto in apparenza "precisa") del risultato ritenuto più probabile(la cosiddetta stima puntuale), mentre vengono ignorate, o comunque più velocemente archiviate le considerazioni relative ai rischi della previsione, i segnali di pericolo suggeriti dagli scenari "alternativi a quello centrale", "che pure costituiscono un corredo sistematico di tali analisi". Il terzo aspetto riguarda le interrelazioni esistenti tra mercati finanziari ed economia reale: i modelli previsivi attuali non sono apparsi in grado di rappresentare fedelmente e per tempo la trasmissione della crisi dall'uno all'altro aspetto del sistema economico mondiale.

REGOLARITA' E DISCONTINUITA'

Quando la discontinuità di un dato momento storico rispetto al passato è elevata, le trasformazioni economiche a venire non possono essere previste unicamente sulla base di quelle trascorse. I modelli che riflettono l'esperienza storica nei valori dei parametri calibrati per i meccanismi istituzionali e per le relazioni comportamentali, sono pertanto affidabili soltanto nelle "situazioni di Business as usual", fin quando ossia, il sistema da essi interpretato non subisca sollecitazioni inedite o inusuali. Lo stesso problema si presenta con l'impiego di tecniche statistico-economiche volte a riprodurre relazioni stabili nel tempo. Eventuali osservazioni anomale non coerenti con i meccanismi prevalentemente all'opera nel periodo storico impiegato per la stima econometrica vengono trascurate. Sarebbero proprio quelle "deviazioni dalla norma" a poter fornire "indicazioni preziose sul comportamento dell'economia in condizioni diverse da quelle prevalenti".

"Per riconoscere eventuali anomalie nelle relazioni tra variabili (e quindi per predisporre eventuali contromisure, adattando e aggiornando gli strumenti disponibili o sviluppandone di nuovi) è infatti indispensabile disporre di uno strumento in grado di rappresentare in modo affidabile le relazioni tra variabili prevalenti in condizioni di “normalità”. Tale funzione segnaletica è già di per sé estremamente rilevante. I modelli strutturali consentono inoltre di seguire la rete dei nessi causali che legano tra di loro particolari variabili di interesse. Pertanto, essi non si limitano a segnalare l’insorgere di eventuali discontinuità, ma aiutano a identificare in quale particolare relazione comportamentale della catena causale che i modelli descrivono si siano manifestati cambiamenti rispetto al passato. Diviene così possibile circoscrivere la zona colpita dalla discontinuità, identificarne più velocemente e agevolmente la possibile natura, concentrare più efficacemente gli sforzi finalizzati a  superarla".

La versione integrale del documento

 

Giovanna Di Carlo


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