Il Sant'Agostino, dove vanno in scena i piccioni e le macerie

12 Maggio 2011   13:36  

Chiesa di Sant'Agostino, a due passi dalla Prefettura, che nel post-sisma ha goduto di ben maggiore fortuna mediatica, in virtù della fotogenicità del suo crollare.

Entrarci due anni dopo il sisma fa un certo effetto. Questo era uno dei teatri aquilani, e su quel palco coperto dalla polvere andavano in scena mondi ed emozioni. Bagliori di bellezza per chi cercava un oasi serale nel deserto del nulla televisivo.

Un teatro prestigioso, dove ora va in scena solo il volo e il tubare dei piccioni in amore sotto la cupola sbriciolata.

Qui si esibiva anche il Retrobottega dei Guitti, associazione teatrale interamente formata da studenti universitari, che erano la vera ricchezza della città, e non solo per i torvi pizzicagnoli di affitti usurai per catapecchie diventate bare di calcinacci la notte del sei aprile.

Ora, in questo teatro, in questo luogo sacro che fu consacrato al filosofo dell'eterno e dell'istante, due anni dopo si respira l'odore acre del tempo che si è fermato.

Per ricostruire e restaurare serviranno decine di milioni di euro.

Che forse non ci sono, e che sono stati solo promessi, annunciati, garantiti. Stessa sorte di attesa che accomuna il sant'Agostino al il teatro san Filippo, al teatro comunale, al conservatorio di Santa Maria di Collemaggio, alle biblioteche, ai musei, ai palazzi barocchi e medioevali, alle antiche chiese e santuari, alle basiliche e ai conventi, ai vicoli, alle piazze, alle fontane, agli sdruccioli e alle corti. Un destino comune a tutta L'Aquila antica, per brevità, che continua ad andare in malora, nel Paese dello spensierato bunga bunga istituzionale, dove anche Pompei comincia a crollare e il patrimonio artistico tra i più preziosi del pianeta marcisce nell'indifferenza degli onorevoli che in Aula giocano con l'i-pad.

Per ricostruire L'Aquila e con essa il sant'Agostino ci vorrà tempo, e una montagna di soldi. Il governo, questo e quelli che verranno, hanno davanti una sfida improba e difficilissima.

Nei tavoli dei Ricostruttori oggi però si parla oggi più che altro di nuovi auditorium in cartongesso di ultima generazione, a firma di archi-star la cui unica arte e sprecare lo spazio, di strutture definitive provvisorie al servizio di centri commerciali e speculazioni edilizie viciniori. Di Luoghi di cultura che sono doppioni di quelli devono essere ricostruiti.

Non si ha l'impressione che vi sia piena e convinta consapevolezza, nella testa gloriosa dei tanti commissari e super-consulenti, che l'unica vera priorità a L'Aquila è la ricostruzione appunto dell'Aquila che c'era. Impresa che meriterebbe un nuovo piano Marshall e una mobilitazione di uomini e mezzi almeno pari a quella messa in campo per realizzare il progetto CASE. E fissare una priorità significa concentrare tutte le risorse su quell'unico obiettivo, senza disperderle nel realizzare doppioni, nel consumare inutilmente il poco di suolo libero dal cemento che è rimasto.

Nel teatro sant'Agostino lavoravano decine di persone. Molti sono ora in cassa integrazione a 720 euro al mese, e questi lavoratori andranno forse ad ingrossare le già consistenti fila dei disoccupati post-sismici.

Oggi l'assessore comunale Marco Fanfani ha deciso di occupare simbolicamente il teatro sant'Agostino.

"E' il momento che il governo si renda conto dello stato in cui versano le istituzioni culturali aquilane - afferma al nostro microfono - oggi Letta è all'Aquila, ho avvertito anche il sindaco. Bisogna dare un segnale forte perché l'aspetto delle attività culturali è fondamentale per la nostra città.
In questo teatro si sono svolte attività professionali, amatoriali e universitarie importanti. Sono pronto ad altre azioni dimostrative. Per il momento posso anche rimanere qui".

Fuori approfittando del bel tempo, c'erano aquilani che passeggiavano indifferenti tra i palazzi puntellati del corso principale della loro città che non c'è.

Filippo Tronca


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