Il ministro Bondi a Teramo per convegno su Simone Weil

a Teramo dal 10 al 12 dicembre

29 Ottobre 2008   16:21  

 Il congresso internazionale di Teramo  “Persona e Impersonale: la questione antropologica in Simone Weil nel centenario della nascita”,  aprirà  le celebrazioni del centenario della nascita di questa grande intellettuale del XX secolo (1909-1943) ed è stato  tenuto a battesimo dal Ministro per i Beni e le Attività Culturali Sandro Bondi. “Quella che è parsa come una delle più alte esperienze spirituali del nostro secolo – ha commentato il Ministro in una sua nota - non ha ancora avuto la fortuna che merita. Simone Weil è anche e, per certi versi, soprattutto una pensatrice che trae dalla profondità del suo approccio metafisico e religioso le ragioni vere del suo impegno storico-sociale”.
 Il congresso, che ha ricevuto, tra gli altri, il patrocinio del Ministero dei Beni Culturali, del Pontificio Consiglio della Cultura, dell’Association pour l’étude de la pensée de Simone Weil e della Società Filosofica Italiana, riunirà i più autorevoli studiosi italiani e stranieri, provenienti dal Brasile, dagli Usa, dal Canada, dalla Francia, dalla Spagna e dalla Germania.
Un’occasione per stimolare la riflessione sul pensiero e sulla figura di una filosofa che sfugge ad ogni catalogazione.
Insegnante di liceo, militante sindacale, attivista politica di sinistra, operaia di fabbrica, miliziana nella guerra di Spagna contro i fascisti di Francisco Franco, lavoratrice agricola, poi esule in America, infine impegnata a Londra a lavorare per la Resistenza, la vita di Simone Weil appare segnata dal profondo rigore morale e dall’estrema coerenza tra pensiero e azione. Una coerenza che portò avanti sino alla fine, quando morì, ad appena 34 anni, nel sanatorio di Ashford, dopo aver ricevuto il battesimo dall’amica Simone Deitz.
Simone Weil è pietra d’inciampo per le ideologie, i massimalismi contrapposti, le cadute della cultura postmoderna. Comunista e anticomunista, agnostica e mistica, pacifista e battagliera, intellettuale e operaia, Simone esercita un deciso fascino sulle culture occidentali e orientali a testimonianza della sua “vocazione” interculturale e interreligiosa: “…tradirei la verità…se abbandonassi la posizione in cui mi trovo sin dalla nascita, cioè il punto di intersezione tra il cristianesimo e tutto ciò che è al di fuori di esso”.
È in particolare sul “rapporto tra persona e impersonale”, una tematica ancora inadeguatamente esplorata nel pensiero di Simone Weil, che si soffermerà la riflessione dei relatori. Un nodo problematico, essendo la Weil notoriamente critica del concetto e dell’uso del termine persona e nello stesso tempo fortemente attenta ai temi della cura e delle obbligazioni nei riguardi di ogni realtà esistente.

L'intervento del ministro Sandro Bondi

" Il Convegno internazionale di Teramo sul pensiero e sull’opera di Simone Weil racchiude una serie di stimoli e suggestioni degni di particolare attenzione. Quella che è parsa come una delle più alte esperienze spirituali del nostro secolo, non ha ancora avuto la fortuna che merita. Simone Weil è anche e, per certi versi, soprattutto una pensatrice che trae dalla profondità del suo approccio metafisico e religioso le ragioni vere del suo impegno storico-sociale.
    La sua vicenda umana e intellettuale appare profondamente segnata dalla vicende dei totalitarismi della prima metà del Novecento. L’esile donna dall’esistenza intensa e brevissima, la giovane che a Parigi nel 1931 tiene testa a Trotzkij, la filosofa ebrea che si trasforma in “pellegrina dell’assoluto” interpreta la profonda inquietudine dell’uomo contemporaneo in una tensione carica di rappresentatività anche simbolica.
Il suo pensiero è caratterizzato dall’esigenza di essere ancorato al contesto sociale e politico di appartenenza. L'uomo è il valore supremo calpestato non solo dai movimenti che si richiamano al marxismo, ma anche da quei movimenti che assumono una sorta di fatalismo e di disinteresse nei confronti di chi al momento soffre, aspettando che una felice catastrofe porti un capovolgimento della società. Da questo si capisce perché per Simone Weil essere rivoluzionari significa invocare coi propri desideri e aiutare con le proprie azioni tutto ciò che può, direttamente o indirettamente, alleggerire o sollevare il peso che schiaccia la massa degli uomini. Intesa così, “la rivoluzione viene ad essere un ideale, un giudizio di valore, una volontà e non un’interpretazione della storia e del meccanismo sociale”.
Alla Weil sembra che l’uomo abbia perso la sua umanità in un mondo dove vi è una sproporzione mostruosa tra il corpo dell’uomo, il suo spirito e le cose che costituiscono gli elementi della vita umanitaria. La nostra epoca sta perdendo tutte le nozioni essenziali dell’intelligenza, che sono le nozioni di limite, di misura, di relazione, di legame necessario, di proporzione tra i mezzi e i risultati. Per questo le varie esperienze di militanza sindacale e politica esprimono nella pensatrice francese una fortissima tensione spirituale, una ispirazione etico-religiosa, l’intenzione di una scelta esistenziale, quella di stare sempre dalla parte degli oppressi. Il paese reale è quello in cui si dispiega la bellezza del mondo, che l’uomo libero riconosce ed ama in ogni cosa, anche nella sventura. Ma per fare questo occorre essere sempre disposti a cambiare per seguire la giustizia, “questa eterna fuggiasca”.

   Un convegno di studi, dunque, sulla figura di Simone Weil è di grande importanza per rileggere le sue opere e rivedere il suo pensiero nell’ambito della filosofia del Novecento, in un’ottica interna all’ontologia comunitaria di una pensatrice che - insieme alla Arendt e con qualche accento di differenziazione con la Zambrano – ha ripensato l’idea di sacrificio in vista della costruzione di progetti immensi, che vanno ben oltre le forze umane. La globalizzazione è il filo di tensione giusto per verificare la forza d’urto e la portata euristica di questa grande e per certi versi ancora misconosciuta pensatrice. La sua riflessione antideologica è quanto mai attuale nelle inquietudini della post-modernità, in cui tutti - consapevoli o meno - ci troviamo come naufraghi e bisognosi di un senso che orienti e misuri le scelte, e che può esserci solo donato dall’Altro che viene a noi.


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