C’è chi racconta la propria storia, ricercatori precari a mille euro al mese, professori da decenni con incarichi annuali, in perenne pellegrinaggio da una scuola all’altra. Chi fa notare al governo che “l’Italia non è la Bocconi”, chi fa presente che il sistema sbagliato non è solo quello degli “sfigati” (altra boutade del governo, il copyright questa volta è del sottosegretario Martone, enfant prodige dal curriculum chiacchierato), ma è anche quella dei Renzo Bossi e di tutti gli altri figli di.
E c’è chi, come al solito, la mette sul personale. Così da un po’ circola in rete la storia di Silvia Deaglio, 37 anni, scienziata con un pedigree mica da poco: la ragazza è figlia di Elsa Fornero, docente di Economia all’Università di Torino prima che ministro del Welfare, e Mario Deaglio, economista e professore nella stessa Università oltre che editorialista de La Stampa.
Pare che la storia del "posto" della giovane docente (qui il link al cv integrale della Deaglio) sia stato tirato fuori da un giornalista, Alessandro Robecchi, ma sono bastate poche ore perché finisse su tutti i giornali, arricchendosi di particolari sempre nuovi. Sulla studiosa è cominciato il gioco al massacro, e non per caso: nonostante abbia un curriculum di tutto rispetto, la sua storia professionale sembra fatta apposta per ridicolizzare le esternazioni degli esponenti del governo, e mostrare in tutta evidenza tutte le contraddizioni del nostro Belpaese.
“Monotonia del posto fisso”, l’ha chiamata Monti. Ebbene la figlia del ministro di posti fissi pare ne abbia due, alla faccia di chi dice che cambiare è stimolante: l’incarico come professore associato di Genetica medica all’Università torinese (la stessa di mamma e papà, si badi bene), e capo dell’unità di ricerca di Immunogenetica dell’Hugef, fondazione finanziata dalla Compagnia di San Paolo, di cui la madre è stata vicepresidente dal 2008 al 2010.
Dal ministero del Lavoro precisano che la professoressa non è pagata per l'incarico alla fondazione, ma poco conta. La scienziata, un curriculum di tutto rispetto, lavora quindi vicino ai propri genitori, come nel peggiore stereotipo tirato fuori dalla Cancellieri, stessa città, stesso ateneo.
A 30 anni, scrive Libero, la ragazza già insegnava, e a 36 è diventata professore associato, miracolo che la maggior parte dei ricercatori se lo sogna. Negli anni però ha fatto molto di più, riuscendo a ottenere cospicui fondi per la ricerca dai ministeri della Salute e della Ricerca, dalla Regione Piemonte, dalla Fondazione Sanpaolo, di cui, sottolineano in tanti , la mamma era vicepresidente.
Fonte - Il Savagente