Il rettore Di Orio a Monti e Barca: "Gli aquilani non sanno solo piangersi addosso"

12 Giugno 2012   11:22  

Il Rettore dell’Università dell’Aquila prof. Ferdinando di Orio, ha scritto al Presidente del Consiglio Mario Monti e al Ministro della Coesione territoriale Fabrizio Barca, per denunciare l’ingiusta operazione culturale che sembra prevalere in questi ultimi giorni, tendente a rappresentare una diversa capacità di reazione nei cittadini italiani colpiti da eventi sismici, che contrappone cittadini emiliani “industriosi” e cittadini aquilani capaci solo di “piangersi addosso”.

Nella lettera il Rettore prof. Ferdinando di Orio chiede, proprio in ragione della tragicità degli avvenimenti che hanno recentemente colpito il nostro Paese, di avere più rispetto anche per le persone coinvolte dal sisma del 2009, riconoscendone l’impegno ed individuando le vere responsabilità degli errori sin qui commessi nella ricostruzione.

LA LETTERA DEL RETTORE AL PREMIER E AL MINISTRO

Al Presidente del Consiglio dei Ministri
Sen. Prof. Mario Monti

Al Ministro per la Coesione territoriale
Dott. Fabrizio Barca

Palazzo Chigi  Piazza Colonna, 370 - 00187 ROMA

Signor Presidente, Signor Ministro, se i recenti tragici terremoti che hanno colpito l’Emilia hanno dimostrato, qualora ce ne fosse ancora bisogno, che tutta l’Italia - dalle Alpi all’Etna - è un territorio ad elevata sismicità, sembrano tuttavia avere anche evidenziato che i cittadini italiani non sono tutti uguali, rispetto alle loro capacità di reazione. A giudicare, almeno, da come questa “reattività” viene mass-mediaticamente interpretata e che, in estrema sintesi giornalistica, può essere così rappresentata: «c’è chi si rialza prontamente in piedi e chi, invece, si piange addosso».

E’ inutile dire che il confronto è tra emiliani e aquilani. Così, in modo a volte latente, a volte più esplicito - basti considerare alcune recenti dichiarazioni del ferrarese Vittorio Sgarbi - si contrappongono cittadini «operosi» a cittadini «piagnucolosi»: «gli emiliani non staranno certo con le mani in mano, mentre in Abruzzo, all'Aquila si vive d'inerzia, tutto è fermo come all'inizio, si aspetta solo che lo Stato faccia qualcosa e intanto ci si piange addosso». 

Non è certo mia intenzione sminuire la tragicità di quanto sta avvenendo in Emilia, paragonandola al sisma dell’Aquila dell’aprile del 2009.  Anzi, mi ribello a questa subdola operazione culturale basata sulla distorta abitudine, tipica del tempo che viviamo, di fare confronti, paragoni, graduatorie e classifiche. 

Laddove, invece, proprio in ragione della tragicità degli avvenimenti, bisognerebbe avere più rispetto per le persone coinvolte, soprattutto quando vengono rivestite da tutti i più stantii stereotipi che la pseudocultura campanilistica del nostro Paese ha generato. Mi ribello perché conosco bene l’impegno che tutti i cittadini aquilani hanno dimostrato in questi tre anni, anche nel rivendicare le prerogative di una possibilità di ricostruzione autonomamente determinata. 

Mi ribello perché ricordo bene, avendolo denunciato pubblicamente fin d’allora, il grande processo comunicativo costruito intorno all’unico evento “sisma/G8”, utilizzato strumentalmente per rappresentare significati diversi da quelli determinati dal terremoto, con la “messa-in-scena” di una grande rappresentazione del potere, cui è poi seguito un inevitabile prolungato silenzio. 

Mi ribello perché so bene con quanta abnegazione, volontà ed entusiasmo di tutte le sue componenti – docenti, studenti, personale tecnico-amministrativo -  l’Università dell’Aquila si è rialzata immediatamente dopo il sisma, vincendo anche gli ostacoli artatamente frapposti da chi intendeva “contendersi le sue spoglie”.  Forse vale la pena ricordare che il 19 ottobre 2009 è partito qui all’Aquila, nella nostra Città, per tutte le Facoltà, per tutti i Corsi di laurea, il primo anno accademico dopo il terremoto, senza che si registrasse alcuna sospensione o interruzione ufficiale dell’attività didattica. No, non siamo rimasti con le mani in mano, a piangerci addosso, ma abbiamo lottato - stiamo lottando ogni giorno - pur tra mille difficoltà ed intralci che non dipendono da noi. Ed è giusto che questo venga pubblicamente riconosciuto.

Semmai, l’ esperienza della città dell’Aquila e di tutte le comunità civili comprese nel “cratere” sismico del 6 aprile 2009 sta ancora lì a rappresentare un modello o, meglio, un monito rispetto ai tanti errori commessi. Mi riferisco, in particolare, alla gestione commissariale di una ricostruzione di fatto ancora non avviata, anche a causa delle eccessive ed ossessive costrizioni burocratiche, o alla scelta di investire ingenti risorse nella costruzione di «new towns», che hanno moltiplicato i nuclei abitativi, in una serie infinita e indefinita di cloni replicanti lontanissimi dall’idea di una città urbanisticamente e socialmente definita.

Sono errori che giustamente non si intendono ripetere in Emilia ma che non è giusto far pesare sulle responsabilità dei cittadini aquilani, già così duramente colpiti dal sisma del 2009, e oggi ulteriormente e incolpevolmente danneggiati dalla diffusione mass-mediatica di un’immagine ingiustamente negativa.

Forse è ancora il caso di ricordare che i terremoti sono tutti uguali non perché tutta l’Italia è “sismicamente” uguale, ma perché sono uguali tutti i cittadini italiani! Nel ringraziare per l’attenzione, colgo l’occasione per porgere i più cordiali saluti. 


Oroscopo del Giorno powered by oroscopoore