Il vescovo Molinari e i dispensatori di consigli non richiesti

16 Febbraio 2011   12:15  

Il vescovo dell'Aquila Giuseppe Molinari, in un editoriale sul periodici della diocesi Vola, avanza velatissime critiche nei confronti di ''alcuni, sacerdoti e laici, che presi da sincero entusiasmo e santo zelo, si sentono investiti quasi di una missione profetica e dettano con molta disinvoltura consigli e programmi a chi ha la principale responsabilità nel governo della Diocesi.''

“Non si può uccidere la speranza” è il titolo del film del regista Rafal Wieczynski, che racconta l’esperienza eroica di Jerzy Popieluszko, il sacerdote rapito e ucciso il 19 ottobre 1984 da tre ufficiali dei servizi segreti dell’allora regime comunista polacco.

Padre Popieluszko fu ucciso in odio alla fede, come è detto nel decreto della Congregazione per le Cause dei Santi promulgato il 19 dicembre 2009, per volontà di Papa Benedetto XVI, per l’avvio della causa di beatificazione.

Il titolo di questo bel film mi è tornato alla mente pensando alla situazione odierna della nostra città e della nostra chiesa dell’Aquila.

Purtroppo attorno a noi (e l’ho denunciato spesso) si respira un’aria pesante. Soprattutto quando si pensa al futuro della nostra città e del nostro territorio si fa molta fatica a scacciare i pensieri tristi e ad andare avanti con speranza.

Eppure di speranza abbiamo un estremo bisogno. Perciò mi sembra sia una grande responsabilità dei credenti, oggi qui a L’Aquila, farsi carico delle angosce ma anche delle speranze di tutti.

Per lo stesso motivo mi sembra un atteggiamento di grande responsabilità mettere in evidenza tutte le cose positive che si stanno realizzando e non calcare la mano su ciò che ci potrebbe essere di negativo.

In questo momento sono uomini e donne benedetti da Dio coloro che non uccidono la speranza, ma la fanno crescere ovunque sbocci anche come un piccolo fiore.

Io, nel mio ministero di Vescovo, in questa stagione dolorosa del dopo-terremoto, di questi piccoli fiori ne ho visti crescere tanti.

Ed è uno spettacolo che mi commuove sempre. Anzi sono certo che l’avvenire della nostra chiesa dell’Aquila, non si costruirà sulla grandiosità dei nostri convegni ecclesiali e dei nostri piani pastorali. Ma su questi piccoli fiori che sbocciano nel cuore della gente più umile e più sconosciuta. E vorrei aggiungere, con rispetto di tutti, un’osservazione.
 
Spesso ci sono alcuni, sacerdoti e laici, che presi da sincero entusiasmo e santo zelo, si sentono investiti quasi di una missione profetica e dettano con molta disinvoltura consigli e programmi a chi ha la principale responsabilità nel governo della Diocesi.

Apprezzando la buona fede e la collaborazione di tutti, vorrei invitare a riflettere però su una verità importante: non dimenticate mai che c’è un Vescovo, a cui compete la prima responsabilità per tutto il vasto campo della pastorale diocesana.

Anche qui mi commuove la testimonianza di Padre Popieluszko (di cui ho parlato all’inizio): “Era un sacerdote che viveva la sua missione annunciando il magistero della Chiesa e non la propria visione delle cose. Non si metteva in primo piano, non cercava di essere originale, cercava di diffondere la Dottrina sociale della Chiesa.

E questo legame lo sentiva. Sentiva che non era un uomo che lavorava per se stesso” (Rafal Wieczynski). Rimanere in comunione profonda con la Chiesa e portare avanti non le proprie piccole idee, pur quanto originali, ma quelle di Gesù Cristo e della sua Chiesa è il modo più sicuro non solo per non uccidere la speranza ma per alimentarla sempre più e farla crescere vigorosamente.''


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