Inchiesta P4: l'abruzzese Gianni Letta nel mirino, il Pdl fa quadrato

17 Giugno 2011   08:34  

Inchiesta P4: dopo la richiesta di arresto per Alfonso Papa parlamentare del PDL e il coinvolgimento del sottosegretario alla Presidenza Gianni Letta, non si fanno attendere i primi commenti e reazioni.

Governo e maggioranza fanno quadrato su Gianni Letta. Il presidente del consiglio afferma: ''su Gianni metterei tutte e due le mani sul fuoco e anche i piedi''. Sandro Bondi parla di ''clima vendicativo'' mentre il capogruppo alla Camera, Fabrizio Cicchitto, accusa la magistratura di approfittare ''delle difficoltà della maggioranza per rilanciare l'attacco della cavalleria giudiziaria''.

Attacca invece Antonio Di Pietro, leader dell’italia dei valori che vede nella vicenda una nuova tangentopoli ma con gli stessi personaggi. Di Pietro ricordando le sue inchieste ha detto: “La questione morale non si è mai chiusa da quando, quel lontano febbraio 1992, arrestammo Mario Chiesa. Da allora ci sono sempre gli stessi personaggi che si propongono e ripropongono per fare il bello e il cattivo tempo. Per questo credo ci sia bisogno di un rilancio etico nelle istituzioni”.

Parole di preoccupazione arrivano anche da esponenti del PD come Roberto Zaccaria vicepresidente della commissione Affari costituzionali di Montecitorio che vede “il bisogno di una commissione d’inchiesta sugli intrecci tra politici, magistrati, forze dell’ordine e faccendieri”, ma anche da esponenti del Terzo polo come Nino Lo Presti, del Fli e componente della giunta per le Autorizzazioni che dice “se le accuse fossero confermate c’è da rabbrividire”.

Su ben altre posizioni l'Udc di Casini e parte del Pd. ''Gianni Letta - afferma Casini - parla con tutto il mondo e tutto il mondo parla con lui, ma se c’è una persona emblema di correttezza ed onestà è Letta, che ha sempre rifiutato di stare in Parlamento, dove è noto che c’è l’immunità parlamentare, scegliendo di servire il Paese senza onori e privilegi''.

Marco Follini del Pd aggiunge: la sua correttezza la conosciamo in tanti, amici ed avversari''.

Gianni Letta lo ricordiamo è un protagoista chiave del post-sisma aquilano, il rappresentante del governo nel tavolo settimanale della ricostruzione.

L'INCHIESTA: PER I PM: PAPA (PdL) ACQUISI’ NOTIZIE SU INDAGINI A CARICO DI LETTA, MASI E VERDINI

L’inchiesta sulla cosiddetta P4 che ha portato all’arresto del faccendiere Luigi Bisignani si arricchisce di un ulteriore capitolo. L’onorevole Alfonso Papa, per cui è stato richiesto l’arresto alla Camera, quando rivestiva la carica di magistrato in servizio presso il Ministero della Giustizia, secondo l’accusa, avrebbe acquisito informazioni su indagini penali in cui erano coinvolti l’ex direttore generale della RAI Mauro Masi, il coordinatore del Pdl Denis Verdini e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio  Gianni Letta.

È quanto si ricava dalla lettura di due dei capi di imputazione formulati dai pm contenuti nell’ordinanza di custodia cautelare emessa oggi nell’ambito dell’inchiesta sulla P4. Per tali vicende i magistrati ipotizzano i reati di rivelazione di segreto di ufficio e favoreggiamento. In particolare, secondo l’accusa, attraverso il sottufficiale dell’Arma Enrico Giuseppe La Monica e su istigazione di Luigi Bisignani, che ne avrebbe fatto espressa richiesta, Papa avrebbe acquisito informazioni riservate su procedimenti penali a carico di Masi e Verdini riguardanti atti coperti da segreto di indagine. Papa avrebbe promesso di interessarsi per il buon esito delle inchieste aiutando, secondo i pm, gli indagati a eludere le investigazioni. Papa e Bisignani, sempre secondo l’imputazione, avrebbero anche ottenuto informazioni «ancora segrete» su un procedimento pendente a carico di Letta: Bisignani avrebbe comunicato il contenuto allo stesso Letta aiutandolo a «eludere le indagini in corso».

Il Corriere della Sera riporta uno stalcio chiave dell'interrogatorio di Bisignani '

'Papa si propose di prendere notizie e di intercedere anche a proposito delle vicende giudiziarie riferite a Masi (all'epoca direttore generale della Rai, ndr) per ciò che riguarda la Procura di Trani. Venne da me e mi disse di aver acquisito informazioni rassicuranti, e io le girai al Masi... Mi parlò delle indagini sulla "cricca" (gli appalti sui Grandi eventi, ndr), e in particolare del filone di indagini che pendeva a Roma su Bertolaso; me ne parlò sicuramente prima del deposito degli atti, e più precisamente prima degli arresti».

Tutte le informazioni che riceveva, Bisignani le trasmetteva.

''Sicuramente parlavo e informavo il dottor Letta (sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ndr) delle informazioni comunicatemi e partecipatemi dal Papa, e in particolare di tutte le vicende che potevano riguardarlo direttamente o indirettamente, come la vicenda Verdini, come la vicenda inerente al procedimento che riguardava lui stesso, e cioè il Letta, e come, da ultimo, la vicenda inerente al presente procedimento''

Papa, poi, sempre secondo le accuse, avrebbe indotto due imprenditori, finiti al centro di inchieste giudiziarie, a dargli soldi e altre «utilità», nonchè a pagare costosi regali, in cambio di informazioni sulle indagini in corso e della promessa del suo interessamento per risolvere i problemi con la giustizia grazie alla sua «vasta rete di amicizie e relazioni».

Il primo caso contestato dai magistrati riguarda un imprenditore napoletano, operante nel settore della costruzione di centrali elettriche. Papa, attraverso il carabiniere La Monica, avrebbe acquisito informazioni su indagini in cui era coinvolto l’imprenditore, che sarebbe stato intimorito circa un suo imminente arresto.

Il parlamentare, prospettando la possibilità di intervenire in suo favore, avrebbe indotto l’uomo a pagare, a lui stesso e a persone cui questi doveva fare regali, costosi oggetti acquistati in un negozio Cartier.

Avrebbe inoltre pagato «a lui e a persone a lui vicine» soggiorni in alberghi di lusso come il Principe di Savoia a Milano, e sarebbe stato indotto alla stipula di contratti di consulenza fittizi di amiche e conoscenti di Papa che Gallo avrebbe dovuto pagare senza che loro lavorassero.

L’altra vicenda è simile alla prima e riguarda un imprenditore attivo nel settore dell’energia. A questi sarebbe stato rivelato, tra l’altro, che aveva il telefono sotto controllo. Terrorizzato, l’uomo, anche grazie al fatto che gli veniva prospettato un intervento in suo favore, sarebbe stato indotto a versare somme di denaro pari a circa 10 mila euro e a conferire un incarico professionale alla moglie di Papa, che svolge l’attività di avvocato. Papa avrebbe infine proposto all’imprenditore di entrare in società in una iniziativa imprenditoriale.

IL QUADRO GENERALE

I provvedimenti emessi rappresentano una svolta sul fronte dell’inchiesta, nella quale finora risulterebbero almeno quattro indagati: oltre a Papa e all’ex giornalista Bisignani (definito nell’imputazione un «soggetto più che inserito in tutti gli ambienti istituzionali e con forti collegamenti con i servizi di sicurezza») ci sono, come detto, il sottufficiale dei carabinieri di Napoli La Monica e l’assistente della Polizia di Stato Giuseppe Nuzzo, in servizio al commissariato di Vasto Arenaccia.

Tutti e quattro, insieme ad altri appartenenti alle forze di polizia in corso di identificazione, avrebbero dato vita ad una organizzazione a delinquere finalizzata a compiere un numero indeterminato di reati contro la pubblica amministrazione e contro l’amministrazione della giustizia. In due modi: da un lato, acquisendo in ambienti giudiziari napoletani informazioni riservate e secretate relative a delicati procedimenti penali in corso e, dall’altro, notizie riguardanti dati sensibili e personali su esponenti di vertice delle istituzioni ed alte cariche dello Stato.

Informazioni e notizie che sarebbero state gestite ed utilizzate in modo «illecito» con lo scopo ultimo di ottenere «indebiti vantaggi ed utilità».

Gli indagati, sempre secondo l’ipotesi accusatoria, avrebbero poi dato vita a una associazione segreta, vietata dall’articolo 18 della Costituzione, nell’ambito della quale avrebbero svolto «attività dirette ad interferire sull’esercizio delle funzioni di organi costituzionali, di amministrazioni pubbliche, anche ad ordinamento autonomo, di enti pubblici anche economici, nonchè di servizi pubblici essenziali di interesse nazionale».

Il sottufficiale dell’Arma La Monica, in particolare, avrebbe rivelato in più occasioni notizie coperte da segreto (raccolte anche presso altri appartenenti alle forze dell’ordine) in cambio della promessa di essere sponsorizzato per l’assunzione all’Aise, i servizi segreti militari. Ad avviso degli inquirenti il quadro indiziario è già «nitido» – grazie alle intercettazioni e all’attività investigativa svolta – e avrebbe portato alla luce un «sistema criminale» ben congegnato e co-gestito «sia da soggetti formalmente estranei alle Istituzioni pubbliche e alla pubblica amministrazione sia, invece, da soggetti espressione delle Istituzioni dello Stato», tra i quali vengono indicati «parlamentari della Repubblica, appartenenti alle forze dell’ordine» ed anche «faccendieri».

Tra i testimoni eccellenti ascoltati anche il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, il ministro Mara Carfagna, il presidente del Copasir, Massimo D’Alema, il vice presidente di Fli, Italo Bocchino, l’ex direttore generale della Rai, Masi, il direttore centrale delle Relazioni esterne di Finmeccanica Lorenzo Borgogni.


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