Inquinata falda acquifera, sequestrato stabilimento a Rapino

18 Aprile 2013   14:25  

 Il Corpo Forestale dello Stato, in esecuzione di un provvedimento emanato dal GIP di Chieti su richiesta del PM, ha posto sotto sequestro lo stabilimento di una societa' specializzata nel trattamento di pellami, attualmente in liquidazione.
La stessa, che ha sede a Rapino, avrebbe causato un grave inquinamento della falda acquifera, a causa dell'utilizzazione di sostanze chimiche, altamente inquinanti e cancerogene, finite, senza aver subito alcun tipo di depurazione, nel sottosuolo e nella rete fognaria.
L'indagine condotta dal personale del Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale e Forestale (N.I.P.A.F.) del Comando Provinciale di Chieti e coordinata dal Sostituto Procuratore della Repubblica di Chieti, Andrea Dell'Orso, e' stata avviata a seguito delle denunce sporte da alcuni residenti della zona preoccupati dall'evidente inquinamento dell'acqua dei pozzi ed ha consentito di individuare nelle attivita' della conceria la causa del fenomeno di contaminazione.
Le analisi chimiche delle acque dei pozzi, eseguite dall'ARTA di Chieti, hanno rivelato l'avvelenamento della falda acquifera da sostanze pericolose per la salute pubblica e, in parte, cancerogene; sostanze compatibili con la tipologia di solventi e prodotti chimici utilizzati nel ciclo di lavorazione della conceria. L'inquinamento, peraltro, era stato lamentato dai residenti anche in forma di emissioni maleodoranti e talvolta insopportabili provenienti dagli scarichi delle loro abitazioni collegati alla stessa rete fognaria di cui si serviva la ditta.
Le indagini della Forestale segnano un passo importante in una vicenda che si protrae da diversi anni e per la quale lo stesso Sindaco di Rapino si era recentemente trovato costretto a vietare, con ordinanza, l'utilizzo dell'acqua attinta dai pozzi su tutto il territorio comunale.
Storia vecchia, ma mai superata, visto che gli esiti delle perquisizioni effettuate sul posto inducono a ritenere che l'attivita' della conceria possa essere, di fatto, parzialmente proseguita anche successivamente alla formale messa in liquidazione della societa'. La realta' emersa e' dunque ben piu' grave di quanto si potesse immaginare inizialmente, in considerazione della portata del rischio per la salute pubblica e del danno prodotto all'ambiente: adulterazione di acque e disastro ambientale colposo sono alcuni dei reati di cui i soggetti indagati dovranno rispondere.


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