Intervista al documentarista Marco Leopardi, a Roccascalegna per il

07 Agosto 2007   10:30  
Marco Leopardi è nato a Roma 10 maggio 1961. Pubblica numerosi servizi fotografici nelle maggiori riviste italiane di geografia e natura. Dal 1990 si occupa della realizzazione di documentari, curandone la regia e la fotografia. Negli ultimi dieci anni ha realizzato documentari di carattere naturalistico, geografico, antropologico, sociale e turistico, che sono stati trasmessi dalla RAI e da molte emittenti estere. Nel 2001 fonda la Blu film. Al festival internazionale del cinema naturalistico ed ambientale ha vinto nel 2005 il premio al valore didattico con il documentario "Gli ultimi cavalieri". Sta lavorando ad un documentario ambientato in India, dedicato ad al viaggio di una ciocca di capelli, sacra per la religione induista. Leopardi è un´attivista per la libertà di ricerca sulle ghiandole staminali. Un tema che viene affrontato da ne "Il Maratoneta", dedicato alla figura di Luca Conscioni, morto nel febbraio 2006. La maratona è sempre stata la passione di Luca Coscioni, giovane docente universitario colpito dalla sclerosi laterale amiotrofica, una malattia che porta alla morte in pochi anni. Nell´ultimo periodo della sua vita, nonostante le grandissime difficoltà, ha mantenuto la tenacia del maratoneta. Diventato uno dei leader del partito Radicale, Luca ha corso contro la malattia e contro le leggi italiane che vietano la ricerca sulle cellule staminali, unica speranza per questa e per molte altre patologie. A seguire i due documentari di Leopardi proposti quest´anno dal Festival: Oltre la sbarra Sarà proiettato il 15 agosto a Capestrano, sull’altopiano dei Navelli, in provincia dell’Aquila, la città del famoso guerriero e di san Giovanni da Capestrano. Le stupende montagne circostanti sono state quest’estate devastate da incendi dolosi. Chernobyl sembra ormai un ricordo sbiadito. Ma ancora oggi, a venti anni dall’incidente, i rigidi posti di blocco che vietano l’ingresso alle zone altamente radioattive sono la testimonianza di un’emergenza mai finita. Al di là di una sbarra sorvegliata dai militari, che delimita la zona più radioattiva della Bielorussia, sono rimasti diversi villaggi fantasma che furono evacuati all’epoca del disastro. Ma il paese di Dubovi Log, è ancora incredibilmente abitato da 200 persone. Massimo Bonfatti è un infermiere italiano che da molti anni ha deciso di aiutare la popolazione di Dubovi Log organizzando i soggiorni all’estero per i bambini che vivono in questa realtà. Con il passare degli anni ha però capito che queste iniziative non sono sufficienti a contrastare i problemi causati dalle radiazioni. Bisogna affrontare le difficoltà all’interno delle comunità colpite, offrire alle popolazioni tutti gli strumenti possibili per limitare i danni delle radiazioni e insegnare ai sopravvissuti come convivere con un nemico invisibile, ma non per questo meno pericoloso. Nell’ambito del “Progetto Humus”, Massimo vuole dimostrare che è possibile coltivare nelle zone contaminate, e garantire così agli abitanti della zona oltre la sbarra la possibilità di avere sulle loro tavole prodotti assolutamente privi di radiazioni. Il documentario racconta uno dei viaggi di Massimo nel villaggio di Dubovi Log. Uno dei suoi obiettivi e quello di creare la consapevolezza e la memoria della disgrazia di Chernobyl nei giovani. Con una telecamera insegna ai ragazzi come raccogliere le testimonianze di amici e parenti che hanno vissuto l’incidente nucleare che 20 anni fa sconvolse completamente la vita di questo luogo. Testimone significativa di questa realtà è la famiglia di Sasha, una ragazzina quattordicenne, che assieme alla sua famiglia vive il desiderio di andare a vivere altrove, ma le loro condizioni economiche non glielo permettono. Il viaggio di Massimo è l’occasione per conoscere da vicino questa realtà, ancora agghiacciante, che l’opinione pubblica sembra aver dimenticato. Il colosso d’Europa Documentario naturalistico, fatto da lunghi appostamenti e rigore descrittivo. E’ ambientato nella Riserva naturale di Bialowieza, “la foresta della torre bianca”, dove vivono a cavallo tra la frontiera che divide la Polonia e la Bielorussia gli ultimi bisonti europei, un tempo diffusi in tutto il continente. Fondamentale per i bisonti poter attraversare la frontiera, negli anni della guerra fredda invalicabile per gli uomini, perchè in questo modo i branchi possono scambiare il patrimonio genetico e rafforzare la specie. Una metafora che, come è evidente, va ben oltre l´aspetto naturalistico e che Marco Leopardi è attento a registrare. Il bisonte bianco, figura mitologica, conserva la memoria storica di un´era in cui l’Europa era completamente ricoperta da rigogliose foreste.

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