Via libera dalla Camera al primo dei tre voti di fiducia sull'Italicum, dopoi due voti di ieri sulle pregiudiziali di costituzionalità, presentate dalle opposizioni. In Aula i sì alla fiducia sull'articolo 1 della nuova legge elettorale sono stati 352, 207 i no, nessun astenuto.
Governo soddisfatto - Soddisfatto il premier Matteo Renzi: "Grazie di cuore ai deputati che hanno votato la prima fiducia - scrive su Twitter - . La strada è ancora lunga ma questa è #lavoltabuona.
Grazie di cuore ai deputati che hanno votato la prima fiducia. La strada è ancora lunga ma questa è #lavoltabuona
— Matteo Renzi (@matteorenzi) 29 Aprile 2015
Gli fa eco il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi che allontanandosi dall'Aula commente: "Sono soddisfatta", la fiducia sull'articolo 1 dell'Italicum "è un primo passo. Siamo in linea con i numeri degli altri voti di fiducia, quello più alto è stato di 354" sì.
38 i dissidenti Pd - "Non è più la ditta che ho costruito io. Questa è un’altra cosa, un altro partito". Pier Luigi Bersani lo aveva anticipato la linea in un'intervista al'Corriere della Sera'. E con lui altri 37 deputati della minoranza Pd hanno deciso di non partecipare al voto di fiducia sull'Italicum. ''Con dispiacere, io e altri, non parteciperemo al voto" di fiducia, annuncia poi nel suo intervento in Aula Guglielmo Epifani citando il detto "Parigi val bene una messa". Ma, avverte, "fini giusti implicano mezzi giusti". Tra i dissidenti c'è anche Gianni Cuperlo: "Non partecipo alla chiama, una scelta né serena né facile che mi amareggia e mi addolora - spiega - . Mi sento parte di una comunità ma è un segnale legittimo e necessario di fronte a uno strappo incomprensibile".
Sì da area riformista - Dall'interno del Pd intanto c'è un'apertura al voto da parte di alcuni esponenti di area riformista: "Nel momento in cui c'è una fiducia politica chi si riconosce pienamente nel Pd la vota perché anche da una posizione di minoranza sosteniamo il nostro governo". E' quanto scrivono una cinquantina di deputati di Area riformista, tra cui Matteo Mauri, Enzo Amendola, Cesare Damiano, annunciando il si' alla fiducia all'Italicum.
M5s resta in Aula e vota contro - Votare contro. Non solo alla sequenza di fiducie sull'Italicum, ma anche al voto finale in Aula sulla riforma elettorale, che con ogni probabilità si terrà solo la prossima settimana. Questa, salvo sorprese, la linea del M5S, che ha deciso di rinunciare all'Aventino e restare a battagliare in Aula fino in fondo. In realtà, sul voto finale non è ancora detta l'ultima parola. "Ora è prematuro - dice all'Adnkronos il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio - decideremo in prossimità del voto". Ma la maggioranza schiacciante dei grillini, raccolti ora in assemblea per discutere la linea e ragionare sul da farsi, è decisa a restare in Aula. Ad alzare la voce, ma neanche troppo. "Eviteremo nuove sospensioni", spiega una fonte autorevole del Movimento. Niente manifestazioni anche fuori dal Palazzo. "Ai cittadini interessa ben poco la legge elettorale, le priorità sono altre", il ragionamento. I grillini si preparano alla marcia pro-reddito minimo di sabato prossimo, 24 km con Beppe Grillo in testa. Così, si limitano a lanciare l'appello alla minoranza dem, invitando i dissidenti del Pd a restare in Aula e votare contro. Ma di contatti con Bersani e compagnia non c'è traccia. "Noi facciamo le cose alla luce del sole", rivendicano i 5 Stelle. E anche a chi gli fa notare che, in fondo in fondo, questa legge al Movimento conviene, Danilo Toninelli, uomo riforme dei 5 Stelle, risponde secco: "Noi non votiamo quel che ci conviene, ma ciò che fa bene al Paese".
Matteo Renzi intanto ha rivendicato anche oggi la scelta fatta. Sulla sua enews spiega: "Sulla legge elettorale sono giorni di polemica e discussione. Rispetto le posizioni di tutti e di ciascuno". Ma, aggiunge "fa male sentirsi dire che siamo arroganti e prepotenti: stiamo solo facendo il nostro dovere. Siamo qui per cambiare l'Italia. Non possiamo fermarci alla prima difficoltà. Se accettiamo anche noi, come accaduto troppo spesso in passato, di vivacchiare e rinviare, tradiamo il mandato ricevuto alle primarie, dal Parlamento, alle europee".
in una lettera al quotidiano 'La Stampa' spiega ancora la scelta della fiducia: "Mettere la fiducia è un gesto di serietà verso i cittadini. Se non passa, il governo va a casa", ma "se passa, significa che il Parlamento vuole continuare sulla strada delle riforme" e "se lo riteniamo necessario ci sarà spazio al Senato per riequilibrare ancora la riforma costituzionale facendo attenzione ai necessari pesi e contrappesi: nessuna blindatura, nessuna forzatura".
"Con lo scrutinio palese imposto dal voto di fiducia – sottolinea il presidente del Consiglio - i cittadini sapranno. Sapranno chi era a favore, chi era contro. Tutti si assumeranno le proprie responsabilità. Il tempo della melina e del rinvio è finito. C’è un Paese che chiede di essere accompagnato nel futuro, sui temi più importanti della vita delle famiglie. Se non riusciamo a cambiare la legge elettorale dopo averlo promesso ovunque, come potremo cambiare il Paese? La politica ha il compito di dimostrare che può farcela, senza farsi sostituire dai governi tecnici e dalle sentenze della Corte. Occorre coraggio, però. E questo è il tempo del coraggio. Alla Camera il compito di decidere se è il nostro tempo. Ma a scrutinio palese, senza voti segreti, assumendosi la propria responsabilità".