L'Abruzzo si conferma la regione italiana con il più alto tasso di scomparsa di imprese artigiane negli ultimi undici anni. Tra il 2012 e il 2023, il numero di queste attività è diminuito del 29,2%, con una perdita netta di 12.798 imprese. È quanto emerge da un'analisi dell'Ufficio studi della Cgia di Mestre, basata su dati Inps e Infocamere/Movimprese. Le imprese artigiane nella regione sono passate da 43.766 nel 2012 a 30.998 nel 2023.
Questo calo fa dell'Abruzzo la regione con la più forte contrazione percentuale a livello nazionale, seguita dalle Marche (-26,3%), Piemonte e Umbria (entrambe con -25,8%), Toscana (-24,5%) e Molise (-24%). Tuttavia, in termini assoluti, la Lombardia ha subito la perdita più significativa, con una diminuzione di 60.412 unità, seguita dall'Emilia-Romagna (-46.696) e dal Piemonte (-46.139). A livello nazionale, il calo medio è stato del 22%.
Tra le province abruzzesi, Teramo ha registrato la flessione più marcata, con una riduzione del 30,6%, passando da 12.124 a 8.410 imprese. Seguono Pescara, con un calo del 29,3%, Chieti (-28,7%) e L'Aquila (-27,8%).
Le cause di questa crisi sono molteplici e complesse. L'invecchiamento della popolazione artigiana, associato a un insufficiente ricambio generazionale, ha pesato notevolmente. A ciò si aggiungono la crescente concorrenza della grande distribuzione e del commercio elettronico, l'aumento dei costi degli affitti e della pressione fiscale. Anche i consumatori hanno giocato un ruolo, preferendo sempre più spesso prodotti di massa e optando per soluzioni di acquisto rapide e convenienti, a scapito della tradizione e della qualità artigiana.