L'Appennino che trema e la previsione sismica probabilistica

di Nicola Facciolini

07 Giugno 2010   17:36  

Egu Spring Meeting 2010 di Vienna e terremoti AD 2010: a 14 mesi dal terremoto di L'Aquila in tutto l'arco appenninico ci sono zone in cui si registrano nuove attivazioni del suolo. Anche nel Mar Adriatico. "Per ora - fa notare Warner Marzocchi dell'Ingv - la sequenza è molto meno intensa di molte altre già registrate in Italia dopo il terremoto di L'Aquila, comprese quelle già avvenute a Campotosto e nei Reatini. Monitoriamo di continuo la sequenza per vedere eventuali intensificazioni". L'unica lezione lasciata dalla catastrofe di L'Aquila del 6 aprile 2009 non è concentrata sulle politiche di prevenzione e mitigazione degli effetti dei terremoti. Le tredici raccomandazioni del Report internazionale sul terremoto di L'Aquila dal Summit G10 dei geoscienziati. Una lettura geologico-strutturale dei maggiori disastri sismici italiani: F. Omori (1909) osservava nella densità dei terremoti violenti avvenuti tra il 1638 e il 1908, l'esistenza di una "linea di debolezza crostale" lungo la dorsale appenninica. Le catastrofi sismiche degli anni 1703, 1719, 1730, 1747, 1751 e 1799, seminarono morte e distruzione lungo il crinale appenninico abruzzese- umbro-marchigiano, con eventi da sud verso nord. Fu un lungo "assedio": una guerra sismica scatenata dalla Natura, durata cento anni. Martellante e devastante per le popolazioni colpite. Interessò zone a bassa densità abitativa! Bisogna colmare il divario tra scienza, tecnologia, diritto e politica, per salvare vite umane prima delle inevitabili catastrofi naturali. I ricercatori dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia svolgono il loro lavoro con l'obiettivo di rendere fruibili alla società i risultati delle loro ricerche scientifiche. La previsione probabilistica (quake forecasting) è la via maestra per prevedere i terremoti. Le tredici Raccomandazioni dell'International Commission on Earthquake Forecasting for Civil Protection, per salvarsi dalle catastrofi del futuro: ottimismo e fiducia per le più affidabili previsioni probabilistiche. E' importante creare una struttura di ricerca in Abruzzo per analizzare modelli, mappe e cataloghi previsionali. Ora i progetti vanno interfacciati senza scadenze di "target": abbiamo un catalogo sismico di oltre 40 anni da inserire nei computer. Terremoti sulla Terra nella norma. Ecco cosa dice il Report internazionale: il G10 di sismologia ha effettuato un monitoraggio dei fattori precursori e non è stato possibile arrivare ad una diagnosi certa su quando, come e dove un terremoto si verificherà. Si finanzino gli esperimenti più validi. Vibrante è la raccomandazione dei dieci scienziati affinché le previsioni probabilistiche siano rese tempestivamente pubbliche, chiare, leggibili e comprensibili perché la gente deve conoscere il rischio sismico.


Ego numquam pronunciare mendacium, sed ego sum homo indomitus, dicevano i cristiani ai loro aguzzini pagani che non amavano la Verità. Frase agostiniana poi ripresa dall'eroe scozzese William Wallace (Elderslie, 1270 - Londra, 23 agosto 1305) nella celebre pellicola "Braveheart" di Mel Gibson. Oggi, di fronte alla disinformazione scientifica, è proprio il caso di dire: non abbiate paura dei terremoti che interessano tutto l'arco appenninico e il Mar Adriatico in queste ore (www.emsc-csem.org). Abbiate paura piuttosto dei politici e degli amministratori che non fanno il loro dovere: cioè, mettere in sicurezza le nostre case e città dagli eventi distruttivi del futuro.

A 14 mesi dal catastrofico terremoto di L'Aquila del 6 aprile 2009 (Mw=6.3; 308 morti) l'unica lezione lasciata dal quel drammatico evento non è concentrata sulle politiche di prevenzione e mitigazione degli effetti dei terremoti come avviene in tutti i Paesi del mondo. Bensì sull'incredibile, limitata e sterile discussione polemica della previsione a breve termine dei terremoti. Panacea di tutti i mali per le evacuazioni di massa! Problema certo affascinante e interessante quello della previsione ma che tutta la comunità scientifica internazionale ritiene ancora lungi da una soluzione positiva anche parziale.

Se è "tutta normale" l'attuale sequenza sismica italiana, per il geologo Antonio Moretti dell'Università di L'Aquila, "le scosse non devono preoccupare e di certo nella nostra area non si verificheranno fenomeni con magnitudine superiore a quello del 6 aprile 2009". Va anche detto che l'Italia si muove di continuo in tutto l'arco appenninico. Nell'Adriatico ci sono zone in cui si registrano nuove attivazioni.

"Un fenomeno da monitorare - spiega Moretti - così come effettivamente gli studiosi fanno. Non bisogna allarmare la popolazione senza motivi ma è giusto imparare a capire che il nostro è un Paese tutto a rischio sismico". Bisogna imparare ad affrontare i fenomeni sismici. "Per ora - fa notare Warner Marzocchi dell'Ingv - la sequenza è meno intensa di molte altre già registrate in Italia dopo il terremoto di L'Aquila, comprese quelle già avvenute a Campotosto e nei Reatini. Monitoriamo di continuo la sequenza per vedere eventuali intensificazioni". Gli scienziati sanno che i grandi terremoti tendono a venire a grappoli. "Tendono non significa che "certamente" avverranno. Quindi nessuna meraviglia se ce ne fosse un altro in centro Italia o più precisamente nelle aree già menzionate.

Lo sciame attuale non è diverso (anzi è meno intenso) di quelli già osservati in quell'area nei mesi che hanno seguito il terremoto di L'Aquila". Almeno per ora. "Di sciami analoghi, se non più intensi, ne abbiamo registrati più di una decina in tutta l'Italia dopo il terremoto di L'Aquila". Ogni volta che c'è uno sciame il pericolo aumenta rispetto ad una situazione di calma. "Ma allo stato attuale delle conoscenze siamo molto lontani da poter affermare con certezza se lo sciame finirà o meno con un grande terremoto. In genere, la stragrande maggioranza delle volte finisce senza terremoto forte. Ma non è sempre così". Quali novità sono emerse dall'Egu Spring Meeting 2010 di Vienna che ha riunito centinaia di ricercatori di tutto il mondo? "E' stato un convegno scientifico come altri - rivela Marzocchi - con nessuna novità eclatante. C'è sempre una maggior attenzione a sviluppare modelli di previsione probabilistica di breve termine, ma i risultati sono ancora allo stato embrionale".

 

Per il prof. Pier Francesco Biagi dell'Università di Bari "l'attività sismica nell'Aquilano è di moderata intensità e, generalmente, è di regola in questo periodo. Siamo, infatti, nella fase di scioglimento delle nevi e l'acqua che ne deriva penetra e può destabilizzare alcune faglie, tanto più in un ambiente al limite dell'equilibrio come è quello di L'Aquila". Che dire della previsione dei terremoti? "Per quanto riguarda le previsioni cerchiamo di essere seri! Terremoti di queste magnitudo possono essere previsti o da Dio o da un mago; non mi risulta che ci sia un Dio in Terra. Può darsi che ci siano maghi, io questo non lo so. In ogni caso questa non è scienza e non mi interessa".

Dopo il terremoto di San Francisco (California, Usa) del 1906 molto si è capito del meccanismo fisico che lega faglie e fenomeni sismici. Già nel 1884 nella relazione finale sugli effetti del terremoto di Owens Valley del 1872 (M=7.6), sempre in California, G.K. Gilbert sosteneva che "le montagne crescono a poco a poco, formando come una piccola scogliera che i geologi conoscono come scarpata di faglia. Momenti di coesione e di slittamento caratterizzano questa crescita. Ci sono zone - scriveva Gilbert - dove le scarpate chiaramente mancano, la deformazione aumenta lentamente, e un giorno essa vincerà la frizione, innalzerà le montagne di alcuni piedi e ripeterà su scala ancora più terrificante la catastrofe di Owens Valley".

I geologi hanno fatto tesoro di queste parole. Oggi le stanno effettivamente usando per colmare il divario apparente tra l'istantaneità caratteristica dei fenomeni sismici e la lentezza dei fenomeni geologici italiani. Se n'è parlato e discusso animatamente anche all'Egu Spring Meeting 2010 di Vienna. Essenziale è l'identificazione delle sorgenti sismiche profonde attraverso indagini strumentali e di campagne in situ per localizzare i terremoti più antichi e distruttivi, per i quali esistono scarse informazioni. Non solo in California ma anche in Abruzzo e lungo tutta la dorsale appenninica ed alpina. Ciò al fine di integrare ed affinare la risoluzione delle mappe di pericolosità sismica territoriale in tempo reale, senza dover ricominciare daccapo dopo ogni tragedia nazionale. Gli scienziati sanno che più sono grandi il caricamento, l'estensione e la rottura di faglia, più distruttivo ed esteso è un terremoto, in mare e nella terraferma. Capire il concetto del rilascio istantaneo di energia accumulata nei secoli e farlo capire alle future generazioni grazie alla letteratura scientifica mondiale, consente di comprendere l'enormità del danno (volume focale) nelle aree interessate che saranno sicuramente molto più estese della zona direttamente colpita (epicentro), rispetto ai sismi storici riconosciuti.

Il cataclisma ipogeo (nel caso di L'Aquila, nessuno sa esattamente cosa stia realmente accadendo là sotto, si possono solo fare ipotesi e deduzioni fisico-matematiche!) apre tutta una serie di scenari e temi di ricerca che i nostri scienziati finora potevano soltanto immaginare. Si sa che quando accade un terremoto profondo varie onde sismiche si propagano lungo la rottura di faglia negli strati rocciosi, innescando sequenze potenzialmente epocali, interessando fronti montuosi per decine o centinaia di chilometri, provocando in tempi più o meno lunghi (chiaramente geologici) la surrezione di intere catene e la nascita di ampi bacini. Rispetto alle passate ère, l'uomo oggi popola la Terra e l'Italia come mai nella sua storia: inutile sottolineare gli effetti sull'antropizzazione di aree così estese eventualmente interessate da tali cataclismi. Lo abbiamo visto nel dicembre 2004 nel Sudest asiatico.

 

Tutti dicono che in Italia le cose stanno diversamente. Certamente la complessità della struttura geologica italiana, dovrebbe costituire un elemento di maggiore preoccupazione rispetto alla semplicità dinamica di altre aree del pianeta. Qui in Italia la terra si muove poco, eppur si muove. Al massimo di qualche millimetro l'anno. Nulla rispetto ai centimetri di altre "zattere" continentali. Ma questo chi e perché dovrebbe rassicurare? Magari per sottrarre soldi alla ricerca scientifica di qualità. La nostra complessità geologica invoca semmai maggiori finanziamenti pubblici e privati necessariamente adeguati ai tempi che stiamo vivendo. Non ci sono più scuse. La classe politica la smetta di vantare la propria ignoranza nelle scienze di fronte alle giovani generazioni.

Questo è uno scandalo, un'autentica vergogna! In Abruzzo viviamo in un contesto di pericolosità sismica decisamente analogo al caso californiano, con tutti i distinguo geo-morfologici, dinamici e strutturali. Se è vero che negli Stati Uniti occidentali sono stimati periodi di ricorrenza di eventi catastrofici di oltre 10mila anni, le aree sismogenetiche italiane e mediterranee non "scherzano" affatto. L'accumulo di energia elastica è proporzionale al tempo trascorso. L'imperativo categorico è quello di indagare tutte le faglie, note e ignote, profonde e superficiali, accessibili e inaccessibili, predisponendo tecnologie, ricerche, esperimenti in piena libertà, avendo come unico limite la sicurezza dei cittadini e non i limiti dei propri finanziamenti.

Così ragiona un vero scienziato che lavora per obiettivi. Non fosse altro perché un grande terremoto a lungo periodo di ricorrenza nella dorsale appenninica oggi costellata di piccole e grandi città (altrettanti Big One!) non è fantascienza, facendo gli opportuni scongiuri. Prima o poi accadrà ed allora piangeremo lacrime assai amare, magari battendoci il petto per non essere riusciti a mettere in totale sicurezza con pochi danari le abitazioni e i centri strategici vitali del Paese. Perché le evacuazioni di massa non sono sempre praticabili.

 

Conosciamo già il potenziale distruttivo degli eventi di Messina-Reggio Calabria 1908 e di Avezzano 1915 nel XX Secolo, con centinaia di migliaia di morti. Ma non abbiamo ancora visto il peggio nel XXI Secolo. La lunghezza delle faglie (non vanno confuse con le aree sismogenetiche) responsabili dei terremoti catastrofici italiani, non supera di norma i 30-40 chilometri. Ma che possiamo dire delle eventuali faglie-madri più profonde, magari immerse e silenti chissà dove? Il regime tensionale nella dorsale appenninica è un fenomeno "giovane" rispetto ad altre zone della Terra. Esistono indicatori (i sei maggiori terremoti associati alle faglie sud-appenniniche) che mostrano l'estrema velocità e imprevedibilità dei movimenti tettonici in atto sotto i nostri piedi.

Questi fenomeni nel giro di poche centinaia di migliaia di anni cambiano la faccia delle nostre regioni che, lungo l'arco delle nostre brevi vite umane, noi consideriamo sempre eguali. Eppure "segnali" sul Gran Sasso ne abbiamo avuti, anche se apparentemente non di origine sismica. I fenomeni gravitativi e micro-sismici sembrano banali espressioni linguistiche ma non lo sono affatto. Elementi tettonici antichi e moderni in disfacimento ed elementi nuovi in fieri, ben descrivono il complesso, intricato e inesorabile quadro sismogenetico italiano. Viviamo su una polveriera capace di liberare all'istante decine se non centinaia di megatoni di energia. La recente scoperta di tracce dirette dell'attività sismica in superficie, deve far riflettere. Soprattutto deve impedire che si spengano i riflettori della buona stampa sul lavoro di scienziati e ricercatori che ben lungi dal prendere lucciole sismiche per lanterne, nel silenzio dei loro laboratori pubblici (e privati?), spianano la strada a giorni migliori per tutti. La topografia è cambiata anche a L'Aquila.

Siamo in presenza di un processo di profonda trasformazione dell'Appennino? Siamo forse alla vigilia di eventi geologici tali da determinare un nuovo assetto morfologico all'Appennino? I sei maggiori disastri sismici associati alle faglie meridionali dell'Appennino (Vallo di Diano 1561, Campania 1688, Irpinia 1732, Baranello 1805, Basilicata 1857, Campania-Lucania 1980) cautamente sembrano indicare terremoti per faglia diretta con piani di scorrimento orientati indicativamente N45°W (la direzione appenninica) e immergenti NE-SW con piano di rottura associato di 25-35 Km, ipocentro di circa 15 Km (D. Pantosti, G. Valensise).

L'universalità della sismogenesi e la relativa vicinanza tra i terremoti e i segmenti di faglia associati, hanno suggerito agli studiosi l'identificazione della cosiddetta "faglia sud-appenninica", figlia sicuramente di una struttura ancora più profonda che probabilmente nei secoli "guida" il processo tettonico lungo la dorsale appenninica. Ai sei eventi distruttivi di cui sopra, vanno sicuramente aggiunti i terremoti catastrofici del 1694 (Salerno, Avellino e Potenza) e del 1703 (L'Aquila-Norcia-Cascia) che, insieme all'evento dell'Irpinia 1980 e le distruzioni sismiche del 1349 e del 1456 (Marsica-Fucino), sembrano "allacciare" la cerniera appenninica, chiudendo un ciclo di 300-400 anni, come suggeriscono gli studi di F. Omori (1909).

Che osservava nella densità dei terremoti violenti avvenuti tra il 1638 e il 1908, l'esistenza di una "linea di debolezza crostale" lungo la dorsale appenninica, individuando le aree maggiormente colpite e le zone "risparmiate" (nonostante gli eventi fossero stati giudicati in passato poco significativi) e indicate come probabile sede di futuri terremoti. Ecco perché non bisogna trascurare gli eventi di minore intensità. La catastrofe di L'Aquila (2009) è dovuta a un terremoto che, nella sua scossa principale, ha colpito duramente lungo il crinale dell'Appennino. La storia sismica della Regione Abruzzo solo parzialmente è conosciuta. Nessuno poteva prima e dopo il 6 aprile 2009 ritenersi al riparo, neppure le aree "risparmiate" dai grandi disastri del passato. Le catastrofi sismiche degli anni 1703, 1719, 1730, 1747, 1751 e 1799, seminarono morte e distruzione lungo il crinale appenninico abruzzese- umbro-marchigiano, con eventi da sud verso nord. Fu un lungo "assedio": una guerra sismica scatenata dalla Natura, durata cento anni. Martellante e devastante per le popolazioni colpite. Tuttavia interessò zone a bassa densità abitativa. E se accadesse oggi? La Natura, come ben riconosce l'umiltà della scienza che non si avvale di sfere di cristallo, non è incline a concedere favori, esenzioni, tregue e sconti a chi abita nelle zone più calde dell'attività geodinamica, quale è tutta la dorsale appenninica. Qui, come in California, in Giappone e in Cile, non esiste l'isola felice a-sismica, immune dalla tempesta e dalla catastrofe. Si salva la Sardegna nel Mediterraneo, secondo alcuni studiosi. Ma chi può dirlo con certezza matematica? Sappiamo le energie in gioco, quindi possiamo costruire ed edificare meglio, mettendo in sicurezza anche le abitazioni esistenti. E' già un bel vantaggio rispetto alle ben più costose evacuazioni di massa ed alle ricostruzioni post-sisma.

E' come sapere l'entità numerica del nemico che vogliamo combattere. Bene, gli scienziati conoscono questo nemico, sanno di che cosa è capace, anche se non possono prevedere i terremoti. Sanno che quando colpiscono, questi eventi fanno molto male perché non possono essere sconfitti facilmente. Un divario di conoscenza colmato a metà a causa dell'ignoranza della politica: quando le lacune sismiche si sommano con le lacune politiche, allora, la frittata è servita! Lo vediamo in tutto il mondo e non solo a causa dei terremoti ma di tutti gli altri disastri naturali che uccidono migliaia di persone ogni anno. E' frustrante prima e dopo ogni tragedia. Ma oltre la "soglia di attenzione" (nessuno è tenuto a lanciare (pre-)allarmi alla popolazione, in mancanza di una Legge ad hoc!) i ricercatori non possono spingersi. La scienza è umiltà, non supponenza, non presunzione. L'Italia rischia grosso a causa di una classe politica vecchia e totalmente inadeguata.

Abbiamo i migliori scienziati che però non riescono a dialogare con i cittadini, con i mass-media, con i politici veri e i buoni amministratori. Anzi, poco prima e subito dopo le tragedie nazionali, si apre la classica stagione della caccia alle streghe: dell'avevo detto e dell'avevo fatto, per imputare responsabilità politiche a ricercatori e scienziati. Eppure le attuali limitate conoscenze sui fenomeni naturali quali: terremoti, eruzioni vulcaniche, tsunami, frane, impatti cosmici e, oserei dire, anche invasioni aliene, sono già sufficienti per salvare preziose vite umane. Sapete qual è strada maestra? E' guardare con umiltà a ciò che di buono si può realmente fare. Lo studio della Terra, la geofisica, a differenza di altre scienze sperimentali galileiane, non consente di organizzare spettacolari esperimenti mediatici. L'occasione è offerta dall'evento stesso. Gli studi preliminari interdisciplinari sulla sequenza sismica aquilana, assumono una rilevanza molto importante non solo per gli scienziati. Che non possono crivellare di pozzi l'Abruzzo per verificare direttamente lo "stato di salute" delle sorgenti sismogenetiche, il meccanismo d'innesco delle varie fratture di faglia. Nessuno può fare buchi di venti e più chilometri di profondità per piazzare sensori in grado di misurare direttamente l'accumulo di energia nella crosta terrestre. E la nave stellare Enterprise di Star Trek con i suoi sensori neutrinici, dev'essere ancora inventata. Gli scienziati però possono conoscere già molto dei processi in atto, senza illudere alcuno sulle possibilità di sopravvivenza prima, durante e dopo una crisi sismica. Il loro linguaggio è la matematica. La scienza galileiana senza la matematica prenderebbe davvero lucciole per lanterne. Le teorie e gli esperimenti senza matematica sono destinati a fallire. Nulla è impossibile se il quadro matematico di un esperimento mentale o fisico, lo consente. Ma la classica tegola in testa, ahinoi, è imprevedibile come qualsiasi terremoto.

I ricercatori dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (i dirigenti tecnologi e di ricerca: Alessandro Amato, Massimo Cocco, Massimiliano Stucchi, Claudio Chiarabba, Paola Montone, Giovanni Macedonio, Alberto Michelini, Sergio Gurrieri, Ciro Del Negro, Antonio Piersanti, Marco Cattaneo, Daniela Pantosti, Graziano Ferrari, Domenico Patanè, Gennaro Budetta, Rocco Favara, Luca Malagnini, Mario Castellano, Antonio Navarra, Angelo De Santis, Alberto Basili, Gianluca Valensise, Fabio Florindo, Bruno Zolesi, Antonio Rovelli, Warner Marzocchi, Leonardo Sagnotti, Andrea Morelli, Giuseppe Vilardo, Giovanni Iannaccone, Giuseppe Puglisi, Alessandro Bonaccorso, Antonio Meloni, Quintilio Taccetti, Paolo Favali, Marcello Martini, Augusto Neri, Giuseppe D'Anna, Fabrizia Buongiorno, Paolo Papale, Rita Di Giovambattista, Fabrizio Galadini, Massimo Chiappini, Cesidio Bianchi, Salvatore Mazza) svolgono il loro lavoro con l'obiettivo di rendere fruibili alla società i risultati delle loro ricerche scientifiche e di mantenere operativi e sviluppare i sistemi di monitoraggio sismico del territorio nazionale e dei vulcani italiani. Questo ha permesso all'Ingv di garantire un'informazione costante e capillare alle Autorità competenti e alla popolazione italiana, sempre mantenendo l'autonomia e la serietà propria di un Ente pubblico di ricerca.

Nel fornire dati e valutazioni scientifiche sia per determinare la pericolosità sismica del territorio nazionale sia per permettere al Dipartimento della Protezione Civile di prendere decisioni operative durante le emergenze determinate da crisi sismiche e vulcaniche. Non sono certo le argomentazioni di tipo scientifico che mancano per dimostrare la correttezza e la serietà del contributo offerto anche in numerosi articoli scientifici pubblicati sull'argomento negli ultimi anni.

La "roadmap" è stata tracciata, a sei mesi esatti dal disastroso sisma di L'Aquila. Ora spetta ai politici, agli amministratori locali fare la loro parte: ognuno si assuma le proprie responsabilità.

La scienza dice che esistono "vere" previsioni (anche a breve termine) di un terremoto (probabilistic seismic hazard analysis). Un giorno, forse, in tv e sul web avremo la stessa straordinaria precisione delle attuali previsioni meteo. Ma oggi la notizia è un'altra: la probabilità sismica funziona, meglio di qualsiasi fittizia certezza.

La previsione probabilistica (quake forecasting) dei terremoti è non solo possibile ma anche utilizzabile ai fini della prevenzione del rischio sismico in Italia. Lo è oggi, a maggior ragione, grazie alle tredici linee-guida offerte per la prima volta al popolo italiano dagli scienziati della International Commission on Earthquake Forecasting for Civil Protection riunita a L'Aquila nei mesi scorsi. La previsione probabilistica "illumina" letteralmente le aree che saranno colpite da un sisma, dispiegando tutta la sua efficacia nel range tra uno e zero. Si è capito che bisogna interfacciare armonicamente i dati di probabilità sismica acquisiti da vari istituti di ricerca in Italia e nel mondo. Anche gli studi sulle predizioni deterministiche vanno potenziati e servono chiari protocolli d'intervento per la Protezione civile, da realizzare in tre fasi insieme ai social scientists, per favorire una sana e utile informazione alla popolazione. E' quanto emerge dal quarto Summit G10 del gruppo indipendente di sismologi, chiamato da tutto il mondo a studiare in Abruzzo il terremoto di L'Aquila. L'incontro si è svolto al Centro operativo di Coppito (Aq) dal 30 settembre al 2 ottobre 2009.

La Commissione è composta da dieci scienziati, specializzati in sismologia e geofisica, ai vertici delle università e centri di ricerca più importanti del mondo: Tom Jordan, presidente del gruppo di lavoro, direttore del Southern California Earthquake Center (SCEC) e professore di Earth Sciences alla University of Southern California a Los Angeles, Yun Tai Chen, professore di geofisica e direttore onorario dell'Istituto di Geofisica della China Earthquake Administration, Paolo Gasparini dell'Università Federico II di Napoli, Raoul Madariaga della Scuola Normale Superiore di Parigi, Ian Main dell'Università di Edinburgo, Warner Marzocchi, dirigente di ricerca dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), Gerassimos Papadopoulos dell'Osservatorio Nazionale di Atene, Guennadi A. Sobolev, direttore del Dipartimento di Catastrofi Naturali e Sismicità della Terra dell'Accademia Russa delle Scienze a Mosca, Jochen Zschau dell'Università di Potsdam e Koshun Yamaoka della Nagoya University (Giappone). Gli esperti hanno redatto un Report ufficiale inequivocabile: la previsione probabilistica con relativo errore, è la via maestra per prevedere i terremoti; le sequenze sismiche possono accelerare la sismicità ma al momento la comunità scientifica internazionale non è in grado di distinguere le "scosse di preavviso". Non solo. La previsione a breve-termine permette di identificare le aree dove più probabilmente avverranno gli "aftershock" ("repliche") più forti, e con che probabilità essi si manifesteranno.

L'Ingv sta fornendo ogni giorno stime di questo tipo alla Protezione civile: è la prima volta al mondo che ciò viene fatto durante una crisi. Tredici sono le "raccomandazioni" degli scienziati, tra cui quelle indirizzate al Dipartimento della Protezione Civile (DPC) che, tra l'altro, è chiamata a: continuare a seguire l'evoluzione scientifica delle previsioni sismiche probabilistiche, per sviluppare le infrastrutture e le competenze necessarie a creare dalle informazioni scientifiche, chiari protocolli operativi; coordinare il flusso di dati provenienti da rilevanti Istituti di ricerca italiani, per migliorare la risoluzione delle previsioni probabilistiche; offrire particolare attenzione all'analisi dei dati in tempo reale, alla creazione di cataloghi e mappe sismiche di alta qualità; a favorire la ricerca sui terremoti nei "laboratori naturali" italiani. La ricerca di base deve essere focalizzata alla comprensione scientifica dei fenomeni sismici e alla loro previsione che deve essere chiaramente parte di un Programma Nazionale di Ricerche. La scienza è libera (lo dice la Costituzione italiana, chiunque può offrire il proprio contributo) ma poi i dati e le scoperte vanno dimostrati alla comunità scientifica internazionale. La Protezione civile ascolterà l'unica voce della scienza ufficiale.

Lo speciale G10 di sismologia (costituito il 12 maggio 2009) di L'Aquila intende fornire periodicamente lo stato attuale delle conoscenze sulla prevedibilità dei terremoti e indicare delle linee-guida per poter utilizzare al meglio le osservazioni scientifiche sui fenomeni sismici. Ora, i progetti vanno interfacciati, senza scadenze di "target": i ricercatori hanno un catalogo sismico di oltre 40 anni da inserire ed elaborare nei computer. Fare previsioni a lungo termine sul verificarsi dei terremoti, non necessariamente dopo uno sciame sismico come quello precedente all'evento del 6 aprile 2009, è una valida realtà scientifica immediatamente utilizzabile ai fini della prevenzione del rischio sismico.

I politici devono agire. Oggi non servono ulteriori "certezze" matematiche probabilistiche e/o deterministiche per salvare vite umane, ossia per costruire finalmente edifici solidi a misura di Homo Sapiens Sapiens, in un ambiente a forte sismicità come l'Italia. Non esistono metodi per prevedere terremoti a brevissimo termine: nessuno è in grado, prima di un evento sismico, di specificare il luogo, il momento e l'intensità del terremoto con un cerchio di errore apprezzabile, cioè utile per allarmi e pre-allarmi selettivi. Lo dice la scienza ufficiale. Ma a che servirebbe se poi non siamo in grado di salvare vite umane con la prevenzione? Uscire fuori di casa al momento giusto, per beccarsi un cornicione o una tegola in testa, non è una buona idea; come impraticabile risulterebbe la prospettiva di "trasferire" milioni di cittadini in campagna o al mare, al primo pre-allarme! E' questo il cuore del risultato dello studio condotto dalla commissione di dieci esperti internazionali, chiamati per la quarta volta dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, a fare il punto sulla sismicità abruzzese. Viviamo in una realtà quantistica, mi si consenta l'espressione, fondata sul principio di indeterminazione di Heisenberg.

Non possiamo, cioè, conoscere tutto di tutto e di tutti con certezza assoluta, cioè senza errore. Neppure le coordinate spazio-temporali di un terremoto, di un'alluvione o di una frana. E, questo, anche in futuro. Ma conosciamo lo status del nostro territorio. La logica matematica non è un'opinione e la Natura vincerà sempre! Ma possiamo sempre anticiparla. La semantica è altrettanto importante: "forecasting" e "predictions", sono termini in lingua inglese, che non vanno confusi. La società civile sia consapevole del fatto che solo un'accurata conoscenza diffusa delle questioni probabilistiche (eppure le scommesse legali sono molto in voga, si gioca pur sapendo di perdere!) in sismologia è la chiave essenziale per salvare vite umane, a cominciare dalla nostra.

Meglio la probabilità o il cieco determinismo? Una questione delicatissima la cui natura non è affatto di pura lana caprina o, se preferite, sibillina come l'uovo di Colombo. Non sarà mai possibile fare previsioni sui terremoti a breve termine, azzeccando ipocentro, epicentro, data e ora. Il G10 di sismologia a L'Aquila, ha effettuato un monitoraggio dei fattori precursori e non è stato possibile arrivare ad una diagnosi certa su quando, come e dove un terremoto si verificherà. E' stata fatta chiarezza sui fattori precursori, cioè su tutti quegli eventi fisici che possono (non necessariamente) precedere un sisma. Il susseguirsi di scosse, la presenza di gas come il radon e il thorio nei minerali uraniferi, i mutamenti nei campi elettromagnetici, i fenomeni acustici e visivi. Gli scienziati ritengono che le previsioni a lungo termine siano oggi le più affidabili.

Il G10 aquilano ha inviato alla Protezione civile, un'importante raccomandazione: è necessario creare una struttura di esperti che possa eseguire un'analisi dei modelli previsionali, in modo da fornire sempre nuovi e completi elementi alle istituzioni ed alla società civile. Nulla deve essere segreto. La previsione a lungo termine consente di avere informazioni sul luogo, sulla magnitudo e sulla frequenza di un sisma. Indispensabile è una mappatura ad alta risoluzione sia del territorio sia degli edifici per renderli tutti antisismici, informando tempestivamente la popolazione sul da farsi. L'attività sismica della Terra non sarebbe in aumento. Le ricerche relative ai precursori sismici non hanno avuto esiti rilevanti: il G10 ha studiato i precursori sismici che però non hanno consentito previsioni a breve termine, ossia non hanno aggiunto nulla al quadro delle attuali conoscenze.

La ricerca sui precursori deve però proseguire. Lo studio delle previsioni probabilistiche negli ultimi dieci anni ha fatto passi da gigante in Italia, come rivelano le analisi delle sequenze sismiche effettuate da centinaia di ricercatori dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, rappresentati nel G10 dal professor Warner Marzocchi. Il quale ci ha sempre ricordato nelle nostre interviste che "il fenomeno dello sciame sismico viene studiato attraverso modelli matematici ETAS fondati sul fatto che ogni terremoto può generare altri terremoti seguendo regole predeterminate. Tale capacità, che è funzione della magnitudo, decade nello spazio e nel tempo con leggi di potenza simili al decadimento spaziale co-sismico e alla legge temporale di Omori". Gli esperti del G10 hanno registrato che i terremoti tendono a raggrupparsi: la presenza di repliche aumenta la probabilità di nuove scosse, ma i terremoti riscontrati a L'Aquila nei mesi successivi, "rientrano nella normalità e stanno scendendo di intensità". Le sequenze sismiche possono accelerare la sismicità ma la comunità scientifica non è in grado di distinguere la scossa preliminare, che può storicamente in genere precedere sugli Appennini un evento di grande intensità, dalla normale attività sismica. Gli sciami sono frequenti ma non sono sempre legati a terremoti forti e gli eventuali aumenti di probabilità sono comunque molto limitati.

"I terremoti tendono a clusterizzare, a raggrupparsi: le probabilità però sono spalmate nel tempo, non si possono fare stime per il singolo giorno. Posso dire che c'è una probabilità del 25% che in Abruzzo si verifichi una scossa di magnitudo pari o superiore a 5 nei prossimi dieci anni. Se parliamo del prossimo mese la probabilità scende all'uno per cento, massimo al due per cento".

Per quanto concerne gli eventuali legami del terremoto del 6 aprile con terremoti del recente passato, gli esperti del G10 lo escludono. Vibrante è la raccomandazione dei dieci scienziati affinché le previsioni probabilistiche siano rese tempestivamente pubbliche, chiare, leggibili e comprensibili perché la gente deve conoscere il rischio sismico. Per far questo è auspicabile l'affermazione di un protocollo deontologico anche tra i giornalisti, "per evitare la diffusione di voci di corridoio e allarmismi ingiustificati". Il G10 è la voce della scienza ufficiale, la fonte primaria che informa la Protezione civile nazionale a cui è demandata la funzione di informare la popolazione sulla situazione contingente avvalendosi degli strumenti della ricerca. Il professor Warner Marzocchi è da sempre convinto assertore "di un'informazione completa anche se ciò alcune volte significa ammettere incertezza.

E' importante chiarire alla gente come stanno le cose". Il G10 ha evidenziato altresì la necessità di un pubblico Bollettino del Rischio Sismico, giuridicamente vincolante anche per il Legislatore e la Pubblica Amministrazione, che periodicamente gli scienziati della commissione mettono a disposizione della Protezione civile italiana. "L'Ingv ha fornito e sta fornendo con continuità previsioni probabilistiche di lungo e di breve termine. Con le previsioni probabilistiche di lungo-termine - ricorda Marzocchi - si possono identificare (e già lo si è fatto) le aree dove avverranno i grandi terremoti del futuro. Di particolare rilevanza in questo ambito è la mappa di pericolosità elaborata dall'Ingv nel 2004 (http://zonesismiche.mi.ingv.it/) che fornisce lo scuotimento del terreno atteso nei prossimi 50 anni". Dalla mappa appare evidente la zona colpita dal terremoto: è quella dove ci si aspettavano alti valori di scuotimento del terreno. In generale, questo tipo di studi permette di definire opportuni criteri di costruzione anti-sisimica (a tal proposito, se oggi tali procedure si seguissero alla lettera, la previsione dei terremoti sarebbe di scarsa utilità, poiché i crolli sarebbero minimi)".

Per quanto riguarda le previsioni probabilistiche di lungo termine dell'occorrenza dei grandi terremoti, "dal 2005 esiste una pagina web (http://www.bo.ingv.it/~earthquake/ITALY/forecasting/M5.5+/) dove vengono fornite stime di probabilità di occorrenza di eventi con magnitudo 5.5 o maggiore in un intervallo di tempo di 10 anni. Essendo time-dependent, le mappe vengono aggiornate ogni 1° Gennaio e dopo ogni evento con magnitudo 5.5 o maggiore. Nella sezione Results della pagina web si vede che la zona dove è avvenuto il terremoto aveva la sesta più alta probabilità su 61 zone (di cui 34 con probabilità non trascurabili; mappa A).

 

Se si guarda la densità spaziale di probabilità (mappa B), la zona interessata aveva la seconda più alta densità di probabilità su una griglia con 51 nodi". Altri studi compiuti di recente sullo stesso argomento nell'ambito della convenzione 2004-2006 tra l'Ingv e il Dipartimento della Protezione Civile (Progetto "Valutazione del potenziale sismogenetico e probabilità dei forti terremoti in Italia") hanno mostrato risultati analoghi.

"Anche questi studi che hanno utilizzato modelli di occorrenza dei terremoti del tutto diversi da quelli utilizzati per gli studi appena descritti, hanno identificato l'area di L'Aquila come una di quelle a più alta probabilità di occorrenza di un terremoto distruttivo" - rivela Marzocchi. I risultati presentati al recente convegno dell'European Geosciences Union in una sessione speciale dedicata al terremoto dell'Abruzzo, hanno riscosso un notevole successo. Un'altra iniziativa importante in cui l'Ingv è attualmente coinvolto è il progetto internazionale CSEP (Collaboratory Studies for Earthquake Predictability; http://www.cseptesting.org, http://us.cseptesting.org, http://eu.cseptesting.org). Che nasce con lo scopo di definire un esperimento scientifico per la verifica e il confronto dei diversi modelli di previsione (probabilistica e deterministica) dei terremoti. Tali analisi e confronti sono effettuate in un centro (Testing Center) dove tutti i modelli vengono utilizzati per produrre previsioni indipendentemente dagli autori dei modelli stessi. "Le nostre previsioni sono vere previsioni - spiega Marzocchi - in quanto i dati utilizzati per il confronto sono i terremoti futuri dell'area investigata (il cosiddetto Natural Laboratory)".

I Natural Laboratories attivi finora sono la California, la Nuova Zelanda, l'Italia, il Giappone, il Pacifico Occidentale e il globo nel suo complesso. "E' importante sottolineare che il confronto tra i modelli viene fatto NON in tempo reale (per avere a disposizione i cataloghi ufficiali è necessario aspettare qualche settimana o pochi mesi). Ciò non è un problema per CSEP poiché lo scopo dell'esperimento rimane scientifico. Alla fine del periodo di test (di solito è di 5 anni), l'esperimento si conclude con una "classifica" dei modelli che si sono comportati meglio nella propria classe di previsione. Di particolare interesse sarà anche il confronto tra le classifiche stilate per tutti i Natural Laboratories per vedere se sono sempre gli stessi modelli ad avere le capacità previsionali migliori. L'esperimento nel territorio italiano è condotto per diverse classi di previsione: 1) previsione giornaliera per terremoti di magnitudo superiore a 4 gradi; 2) previsione trimestrale per eventi di magnitudo superiore a 5 gradi; 3) previsione quinquennale per eventi di magnitudo superiore a 5 gradi". I ricercatori Ingv hanno già presentato modelli di previsione probabilistica per la California, la Nuova Zelanda, il Pacifico Occidentale e il mondo. Tuttavia, non dimentichiamo che molti fattori complicano le sequenze sismiche, incluse le complesse geometrie di rottura nella faglia, la natura caotica dei processi di rottura, le variazioni delle forze in atto nelle faglie. Le variabili sono e saranno sempre tantissime.

Nicola Facciolini

 

 


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