L'Aquila moribonda: un SOS all'Europa

di Antonio Gasbarrini

08 Agosto 2009   12:37  

 

Siamo agli inizi del quinto mese dal rovinoso sbriciolamento d’una intera città e dalla fuga in massa dei suoi abitanti. Il motto più diffuso, variamente utilizzato in questa o quell’occasione, è stato “L’Aquila ferita”. Dalle ferite si può guarire o, invece, morire per infezione: ed è purtroppo questa seconda terribile ipotesi che sta consolidandosi sullo spettrale sfondo della città, la cui fotografia attuale coincide ancora, combacia terribilmente con quella dei nerissimi secondi delle 3.32 (a parte marginali differenze, come la soffocante invasione delle erbacce).

 

Nel mio articolo Verrà la morte e avrà i tuoi occhi (L’Aquila bella mé) disponibile in rete sin dagli inizi di giugno, lanciavo l’allarme per la salvezza del Centro storico dell’Aquila a causa dei risibili fondi governativi stanziati, dei mancati puntellamenti alle costruzioni gravemente danneggiate dal sisma iniziale e dalle scosse successive, dei fortissimi ritardi nella rimozione delle macerie.

 

Da allora, la situazione è fortemente peggiorata, mentre “i raggi solari” dello specchietto delle allodole per gli aquilani – rivelatisi ottime cavie per quasi tutti i massmedia televisivi e non, artefici di una martellante propaganda di regime tuttora in corso –, per l’Italia e l’Europa intera, venivano concentrati sul cosiddetto piano C.A.S.E.

 

È di qualche giorno fa la diciottesima apparizione del sig. b. tra le macerie ancora arrossate, il quale con telecamera al seguito, si è “arrampicato” su due tetti della cementificata little town di Bazzano per farsi riprendere, orgoglioso e ridente (ch’è ben altro dal sorridente) mentre scioglieva i nodi della bandiera italiana.

Solo che i nodi reali, andatisi a posizionare sempre più numerosi e grandi, giorno dopo giorno, nell’affamato “pettine della verità”, fanno purtroppo presagire una brutta fine per il capoluogo abruzzese ed una mortificante esistenza civile e culturale per i suoi sfortunati ex abitanti.

 

Mentre gli euro effettivamente disponibili per la semplice sopravvivenza quotidiana continuano sempre più a scarseggiare (chiedete ai circa 10.000 aquilani arrangiatisi alla meno peggio nel trovare una sistemazione autonoma fuori la loro amatissima città, quanti, dei previsti pacchi alimentari siano effettivamente arrivati sulle loro tavole), il sig. b. non finisce mai di stupire con le sue stravaganti affermazioni.

 

Così nello sceneggiato della fiction televisiva in corso di registrazione e che terminerà quasi certamente dopo le previste elezioni nella Provincia dell’Aquila a Novembre, appariranno villette completamente arredate immerse nel verde; ci saranno poi lenzuola cifrate, frigoriferi pieni (compresi una torta gelato e lo spumante per brindare all’evento) e, udite udite, persino opere d’arte.

 

E qui casca, anzi era già cascato l’asino, con la fallimentare “lista di nozze” (pacchianeria delle parole quando sono usate in modo così improprio) stilata per i 44 monumenti adottabili da parte dei Capi di Stato e di Governo intervenuti al G8 dell’Aquila (sui 350 milioni di euro necessari per il loro restauro, ne sono stati racimolati circa il 10% per 7 monumenti: gli euro mancanti chi li metterà? E i 50 milioni promessi dal ministro Bondi, sono stati forse già dirottati in altri più appetitosi bacini elettorali?).

 

Non è pertanto inopportuno rimembrare al sig. b. che la nobilissima Città dell’Aquila fino alle 3.31 dello stramaledettisimo sisma, era Lei l’“opera d’arte”, o meglio un museo a cielo aperto costellato nelle immediate vicinanze da reperti archeologici di altissimo valore storico (Amiternum e Necropoli di Fossa) ed intra moenia da superbi monumenti religiosi (le chiese di S. Maria di Collemaggio, S. Bernardino, S. Silvestro, S. Pietro, S. Maria del Soccorso, S. Maria Paganica, S. Domenico, su tutte, ivi compresa la Chiesa del Suffragio o delle Anime Sante che dir si voglia, tanto osannata dai media internazionali) e civili (Fontana delle 99 Cannelle, Fortezza Spagnola, altre prodigiose piazze e fontane a non finire); Palazzi di altissimo pregio artistico vincolati dalla Soprintendenza (basta qui citare gli affreschi cinquecenteschi di ascendenza raffaellesca come era dato di vedere a Palazzo Farinosi- Branconio e al Casino Branconio o le altre preziose decorazioni di Palazzo Fibbioni), intriganti cortili rinascimentali, stupende facciate medioevali (Le Cancelle) e barocche (Palazzo Centi-Colella e Palazzo Ardinghelli). Alla vorticosa girandola si aggiungano vie, coste, vicoli presidiati dalla possenza di architetture i cui portali, bifore e stemmi gentilizi, erano la testimonianza più tangibile dei trascorsi aulici di questa invidiabile ed invidiata città (da Costa Masciarelli a Via Fortebraccio, da Via Roma e Via Sassa a Via di S. Martino, via S. Marciano e decine e decine di altre ancora).

Né erano da meno (continuo ad usare il verbo al passato per sottolineare lo stato mortale d’una intera città distrutta e sinora completamente abbandonata alla sua triste sorte) altre emergenze architettoniche ed artistiche presenti nelle frazioni e nei comuni più vicini (tra le altre, le Chiese di S. Vittorino, S. Giusta a Bazzano e S. Maria ad Cryptas a Fossa, con i suoi duecenteschi affreschi del Giudizio Universale, collocati dallo storico Ferdinando Bologna ai vertici dell’arte in Italia del periodo).

 

All’interno dei preziosi scrigni sino a qui elencati e degli altri sottaciuti, era tutto un fiorire di opere d’arte autentiche e non già della prevedibile paccottiglia preannunciata per le little towns (opere d’arte documentate nel “bombardato”, inagibile Museo Nazionale d’Abruzzo, dall’epoca romana ai giorni nostri), quali sculture, pitture, orificeria, paramenti sacri, ecc. Per non parlare poi, sempre in ambito culturale, dei codici miniati o, tra i primi incunaboli italiani, de Le Vite Parallele di Plutarco stampato nel 1482 a L’Aquila dall’allievo del Gutenberg Adamo de Rotweill.

 

Per la reale salvaguardia e tutela dell’inestimabile patrimonio distrutto o sfregiato dalla catastrofe, e per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica europea e mondiale, sempre in quell’articolo lanciavo l’idea-pilota dell’adozione da parte degli aquilani e degli abruzzesi antagonisti, dell’unitaria parola d’ordine L’AQUILA CITTA’ D’EUROPA / L’AQUILA PATRIMONIO DELL’UMANITA’ E DELL’UNESCO (questa seconda frase è stata recentemente rilanciata con successo dal prof. Sabatini).

 

Già ho motivato le ragioni ed il perché di L’AQUILA CITTA’ D’EUROPA. Vale comunque la pena di aggiungere che le ramificate, robuste radici europee della città federiciana sono rinvenibili nelle numerose opere d’arte di soggetto sacro e profano realizzate da artisti non italiani quasi tutti operanti in città nei secolo scorsi, variamenti presenti nelle prestigiose collezioni del Museo Nazionale d’Abruzzo. Attorno alle stesse, con la collaborazione degli Istituti Italiani di Cultura all’estero, delle ambasciate e dei consolati, potrebbero aggregarsi, oltre ad una mostra itinerante nelle “città gemellabili” (da Parigi e Londra, a Amsterdam, Bruxelles, Vienna, Budapest, Praga, Madrid, ecc.), una serie di iniziative culturali attivabili dalle Soprintendenze abruzzesi, dall’Archivio di Stato, dalla Biblioteca Provinciale dell’Aquila e dalle varie Istituzioni culturali, saldando ovviamente la rilettura storica della città con la tragica cronaca sismica (proiezione di cortometraggi, mostre fotografiche, presentazione di libri, seminari ecc.). Detto in altre parole, se si vuole avere la solidarietà dell’Europa intera ben al di là delle stringenti ed irrisolte problematiche finanziarie, occorrerà far sentire ai cittadini continentali, che l’Aquila moribonda è una loro strettissima parente da accudire e da curare con ogni riguardo.

 

Esaminiamo gli antichi, ma riattualizzabili legami di “sangue culturale”. Mi limito a citare alcuni di questi artisti ed opere: il monumentale dipinto L’Annunciazione datato e firmato (Aloysius Finsonius belga brugensis [di Bruges, n.d.a.] 1612) deceduto ad Amsterdam nel 1617; Il Calvario di Rinaldo Fiammingo; la Madonna con bambino e Santi, l’Adorazione dei Magi e la Presentazione al tempio di Aert Mytens (Bruxelles 1541- Roma 1602); Sacra famiglia, databile 1532, dell’olandeseVermejn Jan Cornelisz; i vari dipinti di Carlo Ruther (il celestino Padre Andrea), ivi comprese le sei tele salvate recentemente nella Basilica di S. Maria di Collemaggio, nato a Danzica nel 1630 e morto forse a L’Aquila durante il terremoto del 1703 e, ancora, altre opere dell’austriaco Pietro Alemanno (1440-1489), di Pierre Subleyras, pittore e incisore nato a Saint-Gilles du Gard nel 1699, ecc.ecc.

 

Altri capolavori ancora, legati in un modo o nell’altro alla storia della città, come i due dipinti di Raffaello Sanzio Doppio Ritratto (ora al Louvre di Parigi) e La Visitazione (già nella Chiesa di S. Silvestro a L’Aquila, ed ora al Museo del Prado di Madrid) – scaturiti dalla fraterna amicizia tra l’urbinate ed il cubiculario aquilano Giovan Battista Branconio– ; o ancora, la vasta iconografia legata alla figura di S. Giovanni da Capestrano (dall’omonimo pulpito nella Chiesa di S. Stefano a Vienna, al monumento dedicatogli a Budapest o al suo ritratto su tavola datato 1452 ed a firma di Tommaso Burgkmair, ora alla Galleria Nazionale di Praga); per continuare, con il disegno della Madonna di Loreto, dell’artista cinquecentesco aquilano Pompeo Cesura (ora nelle Collezioni reali di Windsor), hanno tutto il potenziale culturale per far venire alla luce il vero volto dell’Aquila, così brutalmente profanato più che dal terremoto, dalle indigeste trovate e trovatine del sig. b. e dei suoi fidi vassalli.

 

Non è difficile immaginare le prossime mosse propagandistiche del suddetto sig. b. strategicamente legate allo slogan “Entro dicembre 30.000 cittadini dell’Aquila avranno un tetto”. Ammesso e non concesso che ciò si verifichi, conosce il sig. b. la reale consistenza numerica dei suoi abitanti? Ai fasulli conteggi “della serva” ne mancano circa 40.000: quale ingrato destino sarà loro riservato dal 1 gennaio 2010? E se anche gli esclusi fossero solo qualche migliaio (senza più tetto o tenda, forse precari rifugiati civili nelle camere d’albergo), cosa cambierà della loro indicibile sofferenza già patita e di quella a venire?

 

Intento gli uomini, le donne ed i bambini in carne ed ossa ospitati nelle tendopoli-lager della Protezione civile saranno stati nel corso di ben otto-nove mesi, prima congelati (aprile-maggio), poi infradiciati (giugno), quindi arrostiti (luglio-agosto-metà settembre), di nuovo congelati (ottobre-dicembre), e tutto ciò con le scosse sismiche “in corso d’opera”: casette o non casette, siano esse provvisorie o definitive, in legno e/o in cemento, c’è veramente di che piangere!

 

Antonio Gasbarrini - Critico d’arte – Art Director del Centro Documentazione Artepoesia Contemporanea Angelus Novus, fondato nel 1988 (L’Aquila, Via Sassa 15, ZONA ROSSA). Attualmente “naufrago” sulla costa teramana. antonio.gasbarrini@gmail.com

 


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