L'Aquila riapre all'arte, con Cristicchi , Quarta e Papa Celestino, Omaggio a medici ed infermieri

19 Maggio 2020   08:43  

I medici e gli infermieri dell'ospedale, istituzioni pubbliche, religiosi e militari: l'arte ritrova il suo pubblico, quel pubblico che potrà assistere dopo il lockdown alla prima rappresentazione artistica in Italia. Basilica di Collemaggio, Simone Cristicchi e il violinista Alessandro Quarta oggi nel giorno del 724 anno della scomparsa di Papa Celestino V saranno i protagonisti di 'Ho sognato Celestino', testo scritto dallo stesso Cristicchi. Si tratta di un evento promosso dal Comune dell'Aquila e dal Teatro Stabile che di fatto riapre chiese, teatro e musica nel nostro paese partendo dalla città del terremoto e che quindi assume un doppio valore simbolico.

Nel 1294 papa Celestino donò alla città la sua Bolla del Perdono e la prima Porta Santa al mondo: domani L'Aquila ritrova il suo santo patrono all'interno di una delle chiese più belle d'Italia. L'appuntamento secondo le indicazioni fornite nel corso del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica per ragioni di incolumità legate al contenimento e contrasto del coronavirus potrà essere aperto, per un numero di partecipanti contingentato stabilito da un piano di sicurezza, agli organizzatori, ai rappresentanti delle forze dell'ordine nonché a una delegazione del personale medico e sanitario dell'ospedale San Salvatore.

Non a caso "Ho sognato Celestino", infatti, oltre a celebrare il compatrono del capoluogo d'Abruzzo, renderà omaggio a tutti coloro che nel nosocomio aquilano hanno fronteggiato l'emergenza sanitaria e quotidianamente sono a difesa della salute della comunità.

"Crediamo di essere i primi in Italia, se non i primi assoluti, ad allestire una iniziativa di questo genere in un momento così complesso della nostra storia, e ci auguriamo che la stessa possa rappresentare un esempio di rilancio dell'attività culturale nazionale, che è anche un pilastro della nostra economia. Il virus, purtroppo, ha mietuto tante, troppe vittime. Ma non può uccidere le comunità e la loro legittima aspirazione di esprimersi attraverso uno dei più significativi elementi identitari che le contraddistingue, e cioè la cultura. 


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