Secondo le stime dell’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani, l’Abruzzo rischia di perdere fino a 3,8 miliardi di euro all'anno, equivalenti all’11,5% del proprio PIL, a causa dell'introduzione dell'autonomia differenziata. Questo scenario preoccupante emerge da un'analisi condotta da ALI Abruzzo, che ha valutato l’impatto dell'autonomia differenziata sulla regione, utilizzando i residui fiscali come indicatore chiave.
I dati del 2019 mostrano che la spesa primaria della pubblica amministrazione in Abruzzo rappresenta il 56,4% del PIL regionale, mentre le entrate fiscali si fermano al 44,8%. Questo squilibrio evidenzia come la regione spenda più di quanto incassi, con un deficit coperto dalle regioni del Centro-Nord, che generano residui fiscali positivi.
Nel caso in cui le regioni del Centro-Nord trattenessero integralmente le proprie entrate fiscali, come proposto dal Veneto nel 2017, l'Abruzzo perderebbe 3,8 miliardi di euro in spesa pubblica annuale. Questo taglio avrebbe gravi ripercussioni su servizi essenziali come sanità, istruzione, trasporti e assistenza sociale, mettendo a rischio il funzionamento di comuni e istituzioni regionali.
Alessandro Paglia, direttore di ALI Abruzzo, avverte che senza un intervento statale per compensare questo deficit, la regione rischia una "catastrofe economica e sociale". Anche se si cercassero soluzioni intermedie, l'impatto sarebbe devastante: ogni euro trattenuto al Nord potrebbe tradursi in una perdita di 3,5 euro per il Sud, creando un "demoltiplicatore" economico che andrebbe a penalizzare ulteriormente le già fragili economie meridionali.
In sintesi, l'autonomia differenziata, senza adeguati meccanismi di compensazione, potrebbe mettere in seria difficoltà l'Abruzzo, con effetti negativi a catena su tutta la regione.