La crisi dilaga. Abruzzesi a caccia delle vecchie lire

L'iniziativa delle Fattorie Pingue

29 Novembre 2008   15:08  
E' ufficiale: la crisi è tra noi. Dai corsi azionari all' economia reale. Dai salotti televisivi alle tasche dei cittadini, dai beni di lusso alle tavole del pranzo e della cena. E' successo e lo sapevamo. Sono passati da un pezzo i tempi in cui i portafogli erano pieni di banconote fresche di 27 e di spiccioli ingombranti da buttare nel salvadanaio. Quelle monetine pesanti nascoste nel tessuto aggrovigliato di vecchie borse , scivolate chissà dove dalle tasche scucite, lasciate distrattamente sul mobilio delle nostre case ancora calde di benessere ed euforizzate dalle festività in arrivo. Sostituita dall' euro e mai dimenticata la lira torna come emblema dei tempi che furono, quando con una banconota da mille si poteva comprare un cartone di latte fresco e qualche caramella sfusa per i bambini, e con un deca si poteva fare benzina per lasciare la città assieme agli amici, naturalmente assicurando i propri genitori di restare “nei dintorni e in posti ben illuminati”.

Oggi se vuoi viaggiare non puoi mentire, troppi gli euro richiesti per coprire un innocente bugia. Imprevisti del contemporaneo. Allo stato attuale però, non si tratta più di rinunciare al surplus, quello è bello che andato, e forse ci fa anche bene. Oggi l' amarezza sorprende le piccole cose, le più importanti. Il cibo prima di tutto. Alla fine del mese quel che più conta è la dignità del frigo e delle dispense, la stessa che distingue le famiglie autosufficienti da quelle in stato di indigenza, la linea è sottile, la distrazione delle alte sfere, invece, ancora troppo evidente.

Le difficoltà stimolano l'ingegno umano e c'è chi, come Fabio Spinosa Pingue, cerca di estrarre risorse dalla memoria collettiva, realizzando un' iniziativa che permette a quanti hanno conservato le vecchie lire, di spenderle come fossero ancora in circolazione. L' Amministratore delle Fattorie Pingue(e Presidente regionale dei Giovani industriali) infatti, sembra abbia dato la possibilità di utilizzare la moneta tanto rimpianta all' interno dei negozi del suo gruppo, riscuotendo un' affluenza tale da far impallidire anche l' economista più distratto.

Come lo stesso Pingue ammette tuttavia, il risvolto di questo successo presenta un che di inquietante: "Abbiamo percepito che c’era ancora un po’ di lira in circolazione e abbiamo pensato di offrire questo servizio, perchè magari per poche lire a Bankitalia non ci si va. Così abbiamo avuto modo di notare che molte persone che avrebbero voluto tenere le lire rimaste per ricordo, pur di comprarsi da mangiare hanno deciso di liberarsene: è un segno delle difficoltà delle famiglie in questo momento". Un risultato che ha spinto il gruppo industriale a prorogare la scadenza dell' iniziativa (in principio fissata al 30 novembre) di qualche tempo, forse al fine di rendere maggiormente accessibili i consumi natalizi, quest'anno distanti dai pensieri e dalle tasche della gente come non mai.

Così gli otto negozi delle Fattorie Pingue sparsi nel territorio tra Sulmona e Pescara sono diventati scenario privilegiato dell' atto finale della lira, aprendo ogni giorno il sipario sulle svariate commedie messe in scena dai tanti cittadini abruzzesi, che "giungono trafelati in negozio con somme che avevano dimenticato di possedere". La signora che ha rinvenuto 250 mila lire nelle tasche di un vecchio cappotto del marito, l' uomo che ha ritrovato i suoi 70 "sacchi" mentre sfogliava nostalgicamente un' agenda di chissà quale anno, la donna che ha raccolto 7 mila lire in monetine da 10 scovate nella casa di un parente defunto, la cliente eccitata arrivata alla cassa con un milione di lire nella borsetta, subito trasformato in buoni acquisto, e poi le 500, le 200, le 100 lire rinvenute nei barattoli di vetro delle vecchie case dei nonni, piccoli commoventi gruzzoletti, messi via per i “tempi difficili”. Già, i nonni. Segnati dal ricordo della guerra avevano fatto del risparmio un principio di vita. Dovremmo farci ispirare da loro, noi che svendiamo anche i ricordi.

Chissà cosa penseranno degli italiani di oggi Maria Montessori, Alessandro Volta, Vincenzo Bellini, Marco Polo o il Caravaggio, quando occhieggiando dalle banconote riesumate da un passato forse troppo idealizzato, si vedranno abbandonati per un etto di prosciutto, un chilo di pere, o peggio, per qualche rotolo di carta igienica. Io la mia amata Montessori non la lascio, al massimo se proprio insistete, potrei scambiarla con un Caravaggio.


Giovanna Di Carlo


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