La crisi simsica non è finita!

Intervista al prof. Roberto Scarpa

30 Settembre 2009   10:48  

Terremoto AD 2009 in Abruzzo: ecco cosa ha visto l'esperimento UnderSeis nel Gran Sasso. La crisi sismica non è finita: focus sulle faglie più pericolose vicine a quella di Paganica. Intervista esclusiva al professor Roberto Scarpa dell'Università di Salerno, responsabile del progetto scientifico UnderSeis sotto il Gran Sasso: "La mappa illustra la concentrazione spaziale dei terremoti registrati al sistema UnderSeis nel periodo 2006-2008. I dati sismologici di UnderSeis sono già utilizzabili ai fini di prevenzione per caratterizzare la sismicità del territorio". Il prossimo mese di Novembre 2009 si terrà a Trieste una speciale sessione del Gruppo di Geofisica della Terra Solida, dedicata al terremoto di L'Aquila. L'antenna sismica sotterranea nei Laboratori nazionali del Gran Sasso, è in grado di monitorare la radiazione sismica con elevata sensibilità. Il progetto è svolto tra ricercatori dell'Università di Salerno, dell'Ingv-Osservatorio Vesuviano e i Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell'Infn. Il mondo scientifico non può dare semplici rassicurazioni o lanciare allarmi: non può fare previsioni né tocca agli scienziati dire cose che sono di esclusiva competenza delle autorità preposte. Cosa fare subito per la messa in sicurezza delle nostre città.

 

(di Nicola Facciolini)

 

Gli scienziati per faglia del Gran Sasso intendono un sistema costituito da tante faglie espressione in superficie di una sola faglia sismogenetica da considerarsi attiva. Il professor Roberto Scarpa dell'Università di Salerno, responsabile dell'esperimento sismologico UnderSeis sotto il Gran Sasso, presenta in esclusiva le conclusioni del convegno dell'European Geophysical Union tenutosi a Vienna lo scorso aprile. In Abruzzo cosa ha visto UnderSeis prima del terremoto del 6 aprile 2009 a L'Aquila? "La mappa illustra la concentrazione spaziale dei terremoti registrati al sistema UnderSeis nel periodo 2006-2008 - fa notare il professor Scarpa - e nella figura viene evidenziata la distribuzione di eventi sismici lungo la zona di frattura attivata il 6 aprile. Il massiccio del Gran Sasso costituisce uno dei sistemi sismogenetici a più elevato potenziale della regione. Da un punto di vista scientifico, l'energia sismica accumulata nella zona di L'Aquila non si è esaurita con l'evento del 6 aprile 2009, ma continua ad accumularsi nella crosta terrestre e nelle faglie adiacenti". L'elaborazione di UnderSeis continua per la verifica sistematica di eventuali anomalie non solo della sismicità ma delle vibrazioni di fondo (ricerca di segnali coerenti nel tremore), per rilevare debolissimi segnali legati alla fratturazione sismica ed asismica. "Negli ultimi tre anni - rivela il prof. Scarpa - la sismicità si stava addensando intorno alla zona di frattura attivata il 6 aprile. Lo sciame sismico ha certamente aumentato lo stato degli sforzi nelle regioni adiacenti ma non è possibile fare ancora stime rigorose e quantitative dell'aumento di pericolosità in quanto non è noto lo stato degli sforzi in profondità. Andrebbe approfondita la ricerca scientifica su tale settore, cosa che comporta ulteriori sviluppi della ricerca sismologica da realizzare non solo a livello nazionale ma anche internazionale. La comunità sismologica italiana si è adeguata a quella internazionale e compete con pari dignità nella ricerca, ma a mio giudizio occorrerebbe procedere ad una svolta ancora più radicale". L'elaborazione del sistema UnderSeis, non è ancora effettuabile in linea perché non legata ad un programma di monitoraggio di Protezione civile ma solo di ricerca di base. I dati sismologici, tuttavia, sono già utilizzabili ai fini di prevenzione. "Non tutte le ricerche di base - spiega il prof. Scarpa - hanno delle finalità immediatamente applicative e sono convertibili in protocolli da utilizzare a fini pratici. La sperimentazione in questo campo purtroppo può avere dei tempi molto lunghi". Un evento come il terremoto di L'Aquila può essere conosciuto meglio, unendo il fenomeno naturale e l'evento sociale, facendone un unico oggetto di studio interdisciplinare. Settori tradizionalmente distanti possono dialogare su qualsiasi problema specifico, in primis su cosa provoca il disastro sismico nella lunga storia della regione Abruzzo (preistoria compresa). La prova è contenuta nel Catalogo sismico nazionale e mediterraneo.

Il professor Roberto Scarpa sa molto bene che è possibile auscultare il cuore della Terra e la roccia viva su cui tutti noi viviamo, un'esile percentuale della crosta terrestre. Il laboratorio del Gran Sasso è un sito davvero speciale per questo genere di ricerche ad alta sensibilità in grado di rivelare le più piccole deformazioni. Il nostro pianeta è vivo, il suo cuore batte di energia nucleare (decadimento radioattivo) ed elettromagnetica. In Italia siamo letteralmente "strizzati" da placche tettoniche continentali e da faglie potenzialmente pericolose. L'Abruzzo è il "tetto" della dorsale appenninica in grado di liberare istantaneamente energie dell'ordine delle centinaia di megatoni, in terremoti neppure osservati e registrati dalla sismicità storica, capaci di provocare disastri paragonabili al futuro Big One californiano. Alla ricerca dell'onda perfetta, dello stile di rottura della faglia, del modello matematico più raffinato in grado di descrivere il fenomeno sismico e di fare la differenza rispetto alle nostre attuali conoscenze, in prima linea troviamo gli scienziati del laboratorio nazionale del Gran Sasso dell'Infn, dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia e dell'Osservatorio vesuviano Ingv. Il progetto UnderSeis, attualmente gestito dal gruppo del professor Roberto Scarpa dell'Università di Salerno, è un sistema formato da 20 stazioni sismiche ad elevata sensibilità concepito per lo studio dei processi dinamici attivi nella regione appenninica. Una densa rete di sensori e sismografi disposti a raggiera tra le sale e le gallerie sotterranee del Gran Sasso, con un'apertura di circa 400 per 600 metri. Un'antenna sismica a piccola apertura angolare di grande precisione, installata nella regione più attiva nelle vicinanze di una serie di faglie vicine a quella protagonista del disastroso sisma di L'Aquila. La spaziatura media tra i sismometri è di 90 metri e permette di risolvere lunghezze d'onda nell'intervallo 180-500 metri, corrispondente ad onde a velocità di fase compresa tra 0.2 e 10 km/s. Qui non si fanno profezie, ma scienza galileiana. L'evento sismico di L'Aquila, oltre a produrre una letteratura scientifica senza precedenti al mondo, merita la giusta e costante attenzione di tutti. "Abbiamo le registrazioni giornaliere, a tutte le stazioni dell'antenna, nei giorni 5 e 6 aprile 2009. Si evidenziano - spiega il professor Roberto Scarpa - la relativa calma il giorno precedente, e la scossa principale seguita da numerose repliche. L'elaborazione continua per la verifica sistematica di eventuali anomalie non solo della sismicità ma delle vibrazioni di fondo (ricerca di segnali coerenti nel tremore), per rilevare debolissimi segnali legati sia alla fratturazione sismica ed asismica. L'elaborazione del sistema UnderSeis purtroppo non è effettuabile in linea perché non legata ad un programma di monitoraggio di Protezione civile ma solo di ricerca di base. D'altra parte i dati sismologici sono utilizzabili solo ai fini di prevenzione, per caratterizzare la sismicità di un territorio, e non per la previsione. Questa rimane ad oggi solo un obiettivo di ricerca coronato più da insuccessi che da successi. I  media spesso, dopo il verificarsi di queste calamità, riportano casi di previsione, sempre risultati inefficaci dopo attenta verifica scientifica. Basti ricordare il metodo VAN, così pubblicizzato per anni ed anche ritenuto valido da personalità nel campo, che ha mostrato correlazioni inesistenti con i terremoti".

L'esperimento UnderSeis aveva già monitorato quattro sciami sismici (agosto 1992, giugno 1994, ottobre 1996 e 13 gennaio 2004) con il più grande tra questi eventi avente magnitudo locale 4.2. "Questi sciami costituiscono gli eventi più intensi avvenuti dopo il 1985 nella stessa regione. L'array sismico a piccola apertura è un potente strumento ad alta sensibilità.: UnderSeis fornisce un unico sistema di monitoraggio per indagare sull'attività sismica dell'Appennino centrale ed in particolare del massiccio del Gran Sasso e dell'intera regione Abruzzo. La posizione dell'array all'interno dei laboratori del Gran Sasso, assicura un soglia di sensibilità molto importante (magnitudo=1.0) con un elevato rapporto segnale-rumore. Le analisi svolte confermano che la risoluzione di UnderSeis permette analisi in tempo reale della sismicità di bassa e media intensità. Queste capacità aprono nuovi scenari nella definizione delle strutture sismogenetiche, unitamente a studi dell'inomogeneità della crosta terrestre e dei processi sorgente". La faglia che ha scatenato il terremoto a L'Aquila il 6-7-9 Aprile 2009 non sarebbe stata dunque quella tra le più pericolose presenti nella zona. Il sistema montuoso del Gran Sasso d'Italia è attraversato da una serie di grandi faglie, alcune note e più superficiali, altre definite "cieche". In corrispondenza della faglia di Paganica gli studiosi avrebbero rilevato un affondamento del terreno di 25cm da un lato con un corrispondente innalzamento del terreno al lato opposto. "La faglia che ha attivato la sequenza sismica del 2009 rientra in un sistema di fratture che predomina nell'Appennino centrale e meridionale, che sono chiamate di tipo diretto o normale, capaci di generare movimenti verticali che producono un preponderante abbassamento del suolo fino a circa un metro. Tali faglie hanno una direzione che segue quella della catena montuosa e possono generare terremoti con estensione spaziale e abbassamenti anche maggiori di quelli riscontrati lo scorso mese di aprile. Il terremoto del Fucino del 1915 fu caratterizzato da un abbassamento superficiale fino a mezzo metro ed una lunghezza di circa 40 km della faglia responsabile di tale evento. I dati geodetici satellitari ed i rilievi geologici fatti dopo il terremoto principale di L'Aquila, indicano come attivata una di queste strutture, nota come faglia di Paganica, per una lunghezza di poco più di 10 km". L'Abruzzo ha superato la crisi sismica? "Se si intende che il decorso della sismicità in seguito all'evento principale in prossimità della zona di frattura, segue un andamento tipico di decadimento, ciò corrisponde ai dati che abbiamo acquisito finora. Da un punto di vista scientifico ciò però non dimostra che l'energia sismica accumulata nella zona si sia esaurita con questa sequenza. I terremoti lenti riscontrati e gli altri episodi di rilascio asismico dell'energia meccanica rilevati negli impianti che gestiamo sotto i Laboratori del Gran Sasso, sembrano essere eventi rari e con una non semplice corrispondenza con la crisi in atto. Dal punto di vista dell'analisi dei precursori sismici, non abbiamo evidenze di una loro esistenza, pur avendo rilevato che negli ultimi tre anni la sismicità si stava addensando intorno alla zona di frattura attivata lo scorso 6 aprile". Nota è la distribuzione delle repliche. "La distribuzione spaziale delle repliche si è mantenuta pressoché costante fin dai primi giorni con attivazione di alcune sequenze secondarie nei Monti della Laga e dei Reatini. Lo sciame sismico ha certamente aumentato lo stato degli sforzi nelle regioni adiacenti ma non è possibile fare ancora stime rigorose e quantitative dell'aumento di pericolosità in quanto non è noto lo stato degli sforzi in profondità. Andrebbe approfondita la ricerca scientifica su tale settore, cosa che comporta ulteriori sviluppi della ricerca sismologica da realizzare non solo a livello nazionale ma anche internazionale". Convegni, congressi e pubblicazioni scientifiche nazionali e internazionali sono e saranno dedicati al terremoto di L'Aquila. "Il rapporto tra le faglie presenti e quelle attive da un punto di vista sismico, rimane ancora argomento di discussione scientifica. Il terremoto di L'Aquila è tra quelli meglio studiati ed oggetto di diversi convegni e pubblicazioni. Il prossimo mese di novembre 2009 si terrà a Trieste una speciale sessione del Gruppo di Geofisica della Terra Solida, dedicata a tale argomento. La previsione statistica a lungo termine di questo evento, è stata effettuata dalla comunità sismologica nazionale ed oggetto di pubblicazioni scientifiche. Le incertezze su tali modelli sono però tra gli elementi che non ne consentono ancora una pratica utilizzazione. I danni maggiori per questo tipo di terremoti sono purtroppo ancora conseguenze della scarsa attenzione che viene data nel nostro Paese alla cultura della prevenzione". Nella storia abbiamo una ricorrenza di terremoti simili in queste aree. "La documentazione esistente sui terremoti storici rivela molte analogie con l'attuale sismicità ed ha portato a classificare la regione come tra quelle a rischio. Tutte le previsioni sulla sismicità futura si basano su modelli di tipo probabilistico e su stime della velocità di deformazione delle strutture interessate. In Italia questi studi sono resi ancora più complessi dalla presenza di numerose faglie e dalla loro, fortunatamente per noi, piccola dimensione". Un sistema di faglie sismogenetiche attraversano l'Appennino abruzzese: la scienza oggi è in grado di calcolare, per ognuna di esse, la probabilità di produrre eventi sismici? "Esiste un sistema composto da almeno tre diramazioni principali che scorrono quasi parallelamente lungo l'Appennino abruzzese. La loro attività non è tale da permetterci di calcolare precisamente ed individualmente la probabilità di accadimento di terremoti per le varie classi di magnitudo. Per quanto riguarda la correlazione con il gas radon, la situazione è ancora più complessa e non sono il solo a ritenere che gli studi finora fatti, non solo nella regione, ma in tutto il mondo, non diano dei risultati univoci e significativi". Luce anche sull'eventuale correzione-bussola per la declinazione magnetica dopo il terremoto di L'Aquila. "Le correzioni geomagnetiche, data l'entità del terremoto di L'Aquila del 6 aprile, sono del tutto trascurabili. Nell'area, tra l'altro, esiste une delle più antiche tradizioni di studi nel campo del Geomagnetismo, sia a cura dei colleghi dell'Università di L'Aquila sia dell'Ingv". Un motivo in più per la società civile e la comunità scientifica italiana, per accrescere la cultura sui fenomeni fisici del terremoto, fin dalla scuola dell'infanzia. "Nel nostro Paese dovremmo innanzitutto trovare tutte le risorse per accrescere la cultura in generale e non tagliare i fondi destinati alla ricerca scientifica che sono ridotti a ben poca cosa relativamente ad altri Paesi. Per la cultura sul terremoto, dal sisma del 1980 sono stati fatti passi da gigante con la creazione dell'attuale Dipartimento della Protezione Civile. Dovremo ancora continuare e non rallentare tale andamento a tutti i livelli dell'istruzione. Constato purtroppo che molti testi scolastici riportano sul fenomeno terremoto delle nozioni completamente erronee. Ad esempio, leggo ancora dell'esistenza di terremoti di crollo e spesso riscontro ancora confusione tra causa ed effetti dei terremoti".

Grazie agli studi dei nostri scienziati, sarà forse possibile un giorno predisporre tecnologie in grado di "prevedere" i terremoti in tempi e luoghi utili e certi, rivoluzionando così la cultura della "prevenzione" del rischio sismico in Italia, come hanno già capito in California e in Giappone. "L'Ingv e la comunità universitaria hanno fatto dei grossi passi in avanti in materia, specie se guardiamo alla situazione nel campo rispetto a qualche decina di anni or sono. La comunità sismologica italiana si è adeguata a quella internazionale e compete con pari dignità nella ricerca, ma a mio giudizio occorrerebbe procedere ad una svolta ancora più radicale cosa che è limitata dall'attuale congiuntura economica. Uno sforzo più radicale richiede maggiori investimenti nella ricerca scientifica e nell'Università". L'antenna sismica sotterranea del Gran Sasso (UnderSeis) e l'interferometro laser GIGS, in grado di monitorare la radiazione sismica con elevata sensibilità, possono offrire un grande contributo a queste ricerche. "L'antenna sismica sotterranea di cui ho curato sviluppo e tuttora mi interesso, sta fornendo dei contributi scientifici di estrema rilevanza per la comprensione dei processi sismogenetici. Unitamente all'esperimento GIGS, il cui responsabile è il professor Crescentini, siamo in grado di studiare in questa parte dell'Appennino il rilascio dell'energia meccanica per i fenomeni sismici che producono vibrazioni a frequenze avvertibili dall'uomo, e per i fenomeni asismici, cioè a bassissime frequenze". Dunque, l'Abruzzo deve far sua l'esperienza scientifica, didattica e culturale dei californiani e dei giapponesi che sanno convivere con il terremoto. "Come esperti della materia ci auguriamo sempre che aumenti il grado di sensibilizzazione su queste problematiche che oggi riguardano l'Abruzzo, ieri il Friuli e la Campania e Basilicata ed un domani molte altre regioni italiane che già sono individuate dalle numerose cartografie sismiche a disposizione e visibili anche in Internet". Le relazioni dettagliate tra le deformazioni che "caricano" la catena sul margine adriatico e quelle dei "graben" appenninici che la "scaricano", sono state studiate dai geologi, dai sismotettonici e dai sismologi italiani. Comprese le faglie sotto la città di Teramo. "La città e la provincia di Teramo possono risentire principalmente degli effetti di terremoti del massiccio del Gran Sasso, che costituisce il sistema sismogenetico a più elevato potenziale della regione. Le relazioni dettagliate tra il sistema adriatico e quello appenninico, sono oggetto di studio da vari anni dal gruppo dell'Università di Siena, unitamente al mio gruppo, e dal gruppo dell'Università di Bologna, con risultati che mostrano quantitativamente come varia il livello di pericolosità, anche in funzione del tempo".

 

Nicola Facciolini

 

 

 


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