La mafia bianca della ricostruzione alle nostre spalle

24 Novembre 2009   10:51  

Gli arresti di ieri suonano come un primo inquietante campanello d'allarme. Ad essere stati arrestati con l'accusa di volere truccare un appalto della ricostruzione aquilana, non due camorristi latitanti, ma due persone insospettabili, incensurate, e stimati esponenti del mondo politico e dell'imprenditoria. Non provenienti da Casal di Principe, ma abruzzesi doc.

C'è poca, troppo poca trasparenza intorno agli appalti dell'emergenza e della ricostruzione aquilana.

Il ministro Brunetta aveva promesso di realizzare un sito dove pubblicare informazioni su gare, fondi e società affidatarie di lavori. Di quel sito non ce n'è neanche l'ombra. Che fannullone, verrebbe da scherzare, il ministro Brunetta...

Il rischio non è rappresentato solo dalle infiltrazioni mafiose, ma da certe consolidate lobby locali, che è di fatto sono una mafia bianca che non spara, dal volto apparentemente pulito e spesso simpatico, ma che rischiano di far naufragare la ricostruzione nel malaffare, nello spreco di risorse, nell'arricchimento indebito e per pochi, nella non soluzione dei problemi, nella distruzione anche morale di un intero territorio.

Nelle locali aristocrazie imprenditoriali, che hanno sempre loro rappresentanti e sodali nei palazzi della politica, si comincia a respirare anche un certo senso di impunità.

Il sindaco Cialente, due giorni fa si era reso protagonista di un sacrosanto sfogo contro certi cosiddetti imprenditori aquilani, tra cui notissimi e anziani palazzinari ''che, pur di evitare la requisizione degli appartamenti agibili, non hanno esitato a smontare pavimenti e rivestimenti di quelle case''. Questi imprenditori, ha urlato il sindaco, ''sono quelli che più hanno preso da questa città, quelli che in un momento così drammatico per la nostra comunità avrebbero dovuto sentire l’esigenza di restituire''.

Si ha l'impressione però questi cosiddetti imprenditori sono diventati se vogliamo ancora più cinici e parassitari di quello che erano prima del terremoto. E più che a dare penseranno come sempre a prendere a mani basse.

Del resto se la Regione non ha adeguato una decina di anni fa, la classificazione sismica del territorio aquilano, ciò è stato dovuto anche alle fortissime pressioni della lobby dei costrutti locali, che volevano continuare a costruire a basso prezzo, anche sulle faglie, anche su terreni malfermi e insicuri, con pochi controlli e tante complicità. Fregandosene del fatto che questo significava far rischiare la vita a migliaia di persone.

Prima del terremoto l'Aquila non riusciva a volare proprio a causa di una zavorra costituita da una nomenclatura di faccendieri, gerontocrati, giovani cafoni arricchiti e lampadati, potentissimi burocrati della funzione pubblica, inamovibili come mandarini cinesi, una nomenclatura che controllava appalti, le varianti al piano regolatore, l'erogazione di finanziamenti pubblici, assunzioni, carriere, concorsi. Una nomenclatura che ha sbarrato la possibilità a persone meritevoli e capaci, ma fuori dal loro giro, di fare carriera, di affermarsi nelle professioni; ha chiuso il mercato alla sana e leale competizione, impedendo l'accesso a nuove imprese e ai giovani con idee e passione, che poi in tanti casi sono andati a creare ricchezza e cultura altrove. Il terremoto purtroppo non ha nemmeno scalfito questa plumbea cupola, ed anzi l'ha rafforzata, perché partendo da una posizione di forza, sarà lei a gestire, immaginiamo come, i miliardi di euro della ricostruzione.

Una cupola che ha un implicito consenso sociale, nel senso che il popolo non è meno cinico di lei, se ne ha l'occasione. Basti pensare al disgustoso caro affitti di cui sono vittime non solo gli studenti, ma anche tanti cittadini terremotati. Fa riflettere però che nessuno denunci tali inaccettabili soprusi, che rischiano di uccide la città e l'Università dell'Aquila, vengano subiti in silenzio dalle vittime, che si guardano bene dal fare nome e cognome alle forze dell'ordine dell'affittacamere usuraio, che spesso chiede pagamenti in nero come sovrapprezzo, e affitta addirittura case inagibili. Ed è questa la cosa più preoccupante.

I guardiani della legalità un po' ingenuamente guardano a sud nel timore che all'orizzonte spunti qualche imprenditore con la coppola e la lupara, mentre è alle loro spalle, in città, che dovremmo tutti concentrare l'attenzione e la più severa vigilanza.

 

Filippo Tronca

 

 


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