La mia scossa. L'Aquila raccontata da una volontaria

08 Settembre 2009   11:16  

Martina
Volontaria a L'Aquila
21 anni, Jesi (An)

"Bè, non è successo nulla!". Ho spento la luce e mi sono rimessa a dormire. Questo è quello che è successo a me quella notte del 6 Aprile quando il mio letto aveva tremato, mentre qualche km più lontano centinaia di vite venivano spezzate e altrettante svuotate dei loro affetti e delle loro case. La mattina dopo non ho trattenuto le lacrime vedendo tutta quella distruzione nelle scene in tv, ma, come dice anche la canzone "domani", "non bastano le lacrime a impastare il calcestruzzo", così ho deciso di partire

A quattro mesi di distanza L'Aquila è silenzio, un silenzio rumoroso, un silenzio che rimbomba dentro ogni volta che rimani solo. I piccioni escono dalle finestre delle case che fino a poco tempo fa racchiudevano le vite più o meno imperfette delle persone. Anche le case costruite due anni fa che presentano crepe da infilarci le braccia dentro, con i muri portanti crollati. Che cosa si può dire a queste persone? "Non abbiate paura, tanto le case nuove non crollano?"

La ricostruzione c'è, almeno quella fisica, si vedono solo gru alzando gli occhi al cielo. Ma il lavoro più grosso riguarda le persone, la ricostruzione dei cuori della gente…soprattutto di coloro che in pochi secondi oltre alla casa hanno perduto parenti, lavoro, ricordi e dignità. Nei cuori della gente che non ci fa niente con una casa, tanto ha paura ad entrarci... Le persone, specie le più anziane, non hanno bisogno di sentirsi dire nulla, hanno una sola necessità, non sentirsi abbandonati. Come gli allunghi un sorriso iniziano a parlare e non importa se tu non rispondi loro raccontano perché hanno bisogno di sfogarsi. Ti raccontano della loro vita di prima, ti raccontano dei loro figli, dei loro parenti ma non di quella sera, che ancora fa paura anche se ormai è solo un ricordo.

Come volontaria, ho lavorato per strada, di piccozza, roncola, rastrello, mi sono riempita le mani di calli e ferite, ho lavorato duro, ho fatto la doccia gelata, ho mangiato senza tavolo e ho dormito per terra, ma l'ho fatto con un entusiasmo che ancora non mi so spiegare. Forse sapere che dietro a quell'erba che tagliavo o a quella strada pulita c'era qualcuno che poteva sentirsi meno abbandonato, è stata la spinta che mi ha fatto sopportare anche quello che, se mi avessero pagato, non avrei fatto.

L'Aquila ha fatto il miracolo di mettere l'Italia intera e non solo al suo servizio, l'ha fatto in modo silenzioso e senza pretendere nulla ma dicendo semplicemente "grazie". Un grazie che però aveva un valore mille volte più alto di una giornata di lavoro, un grazie che riempie il cuore. L'Aquila nella sua disgrazia ha mosso un mondo di solidarietà, di fraternità, di umanità che a volte nella nostra società rimane nascosto . In televisione quello che c'è di buono non viene detto, non fa notizia… Ma L'Aquila ha saputo tirarlo fuori questo bene e non ha bisogno di essere compatita, ma seguita. Quello che io ho dato a L'aquila lo posso raccontare ma quello che lei ha dato a me non basterebbe una vita per spiegarlo ma vi assicuro che è qualcosa di bello.

fonte: www.rivistaonline.com


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