Di fronte alla tragedia si susseguono gli appelli alla prevenzione. Mentre gli slogan propagandistici si alternano, la sensibilizzazione sulla messa in sicurezza degli edifici (contro i rischi sismici) sembra arrivata alle stelle.
“Siamo stati degli incoscienti”. Ce lo ripetiamo più volte al giorno, nella speranza che queste considerazioni possano riecheggiare nella testa (vuota) degli amministratori.
Quando la normalità sembra affermarsi sul caos, nel momento in cui avviene la presa di coscienza (“potevamo fare di più”, continuiamo a ripeterci), riaffiorano documenti, carteggi. E con questi si delineano responsabilità, colpe.
Così come le macerie hanno spezzato vite, ricoprendole con furia omicida, le responsabilità, con forza dirompente, emergono, squarciando i detriti.
La Procura ha appena acquisito un carteggio, finora occultato, col quale, nel 2001, il Dipartimento di Protezione civile diramava agli enti locali (Comuni, Province, Regione) valutazioni di vulnerabilità sismica degli edifici pubblici.
La suddetta campagna venne effettuata su tutto il territorio dell' Italia centro-meridionale.
Solo tre anni più tardi venne effettuata un' ulteriore indagine. La verifica avrebbe avuto luogo in due tempi: in una prima fase sarebbero stati individuati gli edifici sensibili, mentre, nella seconda ed ultima parte, sarebbero stati svolti sopraluoghi tecnico-logistici.
Ancora. Negli anni successivi (2003 e 2007) iniziative normative regionali, ma anche ben due ordinanze del Consiglio dei Ministri (3604/2004 e 3505/2005) stanziavano e poi attribuivano fondi agli enti a carattere pubblico per verifiche di stabilità degli immobili a loro carico.
Le verifiche vennero effettuate.
Sembra che l'ingegnere che esaminò le condizione strutturali della Prefettura dell' Aquila, scappò via dopo aver verificato lo stato in cui versava il Palazzo del Governo. Erano state riscontrate irregolarità nella costruzione.
Addirittura, alla scuola elementare E. De Amicis, su una scala di vulnerabilità da 0 a 36, venne assegnato il massimo.
Lo stesso censimento degli edifici, effettuato nel 2005 dalla Protezione civile regionale, e poi trasmesso agli enti locali affinché gli immobili pubblici venissero messi a norma, indica – fin dalle prime verifiche- fragilità delle colonne portanti della casa dello studente.
Stesso esito avrebbe avuto il controllo effettuato sull' ospedale San Salvatore.
Ciò che sarebbe potuto accadere, era facilmente immaginabile. Poi, oggi proprio perchè delle buone notizie non ci si stanca mai, eccone un'altra.
Il sollievo è grande: la diga di Campotosto è costruita su una faglia.
Bertolaso rassicura “è tutto sotto controllo. Ho disposto tutte le verifiche sulle condizioni strutturali degli impianti”. Suona come una misera rassicurazione.
La protezione civile, non possiede ancora (sono allo studio) simulazioni di rischio, né quelle di impatto in caso di sisma, né quelle riguardanti le conseguenze di rottura della diga.
Quando l'impianto venne costruito, l' Enel non era a conoscenza della frattura della crosta terrestre presente sotto il cantiere, tantomeno che, a quaranta anni dalla realizzazione del progetto, la “spaccatura” avrebbe cominciato a muoversi, sprigionando tutta l'energia immagazzinata nei quattro decenni precedenti.
Anche in questo caso vengono a galla i documenti,e si scopre che la Provincia di Teramo -già dal 2006- aveva segnalato alla Protezione civile e all' Enel l'esistenza di una faglia sotto la diga.
La Provincia chiese un incontro: il problema doveva essere affrontato subito.
Non fu fatto. Eppure parliamo di un' opera costruita negli anni cinquanta, con criteri che oggi sono superati.
Siamo il paese del Vajont (1910 morti), del crollo della diga di Molare (111 vittime), del crollo dei bacini di decantazione in Val di Stava (che nel 1985 causò 285 vittime). Tuttavia, sia per un rimpallo di competenze, sia per un eccesso di burocrazia, i controlli sono completamente assenti. Della sicurezza possiamo fare a meno.
Jacopo Arpetti da www.quasiquasi.it