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In una lunga intervista allo storico aquilano Raffaele Colapietra, cerchiamo di capire i nessi tra due fenomeni che profondamente hanno segnato le montagne abruzzesi ovvero tra la transumanza, un migrare stagionale nei generosi pascoli pugliesi lungo ''l'erbal fiume silente'', e l'emigrazione, che spesso non prevede ritorno.
''L'abruzzese della montagna - spiega Colapietra con dietro le spalle la città terremotata e deserta - con la transumanza si è abituato all'assenza, e questo favorì poi l'emigrazione''.
Il declino della transumanza fu anche il declino di un'economia fiorente, che si nutrì dell'incontro tra varie culture e tradizioni, perché il tratturo permise l'incontro tra abruzzesi, molisani, campani e pugliesi, e contribuì a formare un'identità comune meridionale, rintracciabile nella musica, nella cucina, nei culti e tradizioni, nel linguaggi.
E anche nei ceti alti e gli intellettuali, la transumanza lasciò un segno profondo, gli armentari divennero infatti classe dirigente, ebbero un ruolo nel Risorgimento, e ancor prima contribuirono in modo significativo alla ricostruzione dell'Aquila a seguito del tremendo terremoto del 1703.
Intervista di Filippo Tronca
Montaggio di Marialaura Carducci