Riceviamo e pubblichiamo.
I lavoratori che operano nel sociale nel nostro territorio vivono una condizione di enorme difficoltà. Spesso senza stipendio per mesi (quando lavorano per qualche cooperativa in crisi di liquidità). Costretti, sempre, a spostarsi da un comune all'altro a proprie spese per svolgere servizi di assistenza a minori, disabili o anziani. Con un contratto nazionale collettivo da fame che senza ammortizzatori sociali costringe gli operatori a una sorta di precariato permanente per,magari, lavorare quaranta e più ore a settimana per anni. Tra i tanti settori in crisi della provincia aquilana questo è quello che passa più inosservato, forse grazie o per colpa di quei lavoratori(oltre 400 nel comprensorio sparsi tra vari enti e cooperative) che avendo a che fare quotidianamente con persone in difficoltà continuano generosamente a lavorare anche quando non percepiscono lo stipendio da qualche mese.Le esternalizzazioni dei servizi sociali hanno prodotto un disimpegno da parte degli enti pubblici appaltatori rispetto alle condizioni di vita e lavorative degli operatori e c'è assoluto bisogno che soprattutto in sede di assegnazione (gare d'appalto) vengano effettivamente verificate le reali condizioni di lavoro e retribuzione del personale.In un paese civile questo accade.Qui troppo spesso ancora no.
Goffredo Juchic - Prc L'Aquila