Masi e Troiani: in campo anche per L'Aquila

04 Febbraio 2011   14:49  

 È partita in un clima disteso la preparazione dell’Italia rugby a questo 6 Nazioni. Sotto il sole della Borghesiana i ragazzi di Nick Mallet si sono allenati con grande intensità e concentrazione curando e perfezionando gli schemi di gioco che serviranno a mettere in difficoltà la difesa irlandese domani allo stadio Flaminio,ma lasciando, di tanto in tanto, anche spazio a qualche battuta, a qualche scherzo per ricordare a se stessi e al pubblico, accorso a vedere i propri beniamini, che questo è prima di tutto un gioco, un gioco bello, divertente, sano.

 I primi giorni di lavoro hanno visto svolgere degli allenamenti separati per reparti: i tre quarti hanno svolto una seduta tecnica con l’assistent coach Alessandro Troncon (storico mediano di mischia della nazionale italiana) curando sia la strategia da mettere in campo sabato contro l’Irlanda (ore 14.30 diretta su Sky sport e La7) sia alcuni esercizi di tecnica individuale. Il reparto della mischia si è allenato sulle rimesse laterali prendendo confidenza con la coereografia da mettere in scena al Flaminio, coreografia che dovrà funzionare alla perfezione  di fronte una delle migliori e più organizzate squadre d’Europa. Negli ultimi giorni la squadra si è, invece, allenata insieme provando  e riprovando tutti gli schemi di gioco.  

A differenza degli anni passati, quest’anno  tutti,  giocatori,  staff e soprattutto i tifosi sono consapevoli della crescita e della possibilità di ben figurare nel torneo. “Con l’entrata in Celtic League (campionato composto da squadre gallesi irlandesi e scozzesi, alle quali quest’anno si sono aggiunte anche due franchigie italiane)  molti giovani talenti italiani si confrontano ogni settimana con i migliori club del vecchio continente, andando ad affiancare chi già, ormai da molti anni, vive quel rugby di alto livello che la Federazione italiana cerca di importare nel bel paese. Quest’anno più che mai l’esperienza di questi giocatori affiancata alla voglia e all’intraprendenza dei nuovi talenti potrebbe regalarci un 6 Nazioni indimenticabile. Le ambizioni sono alte” afferma Gino Troiani, aquilano e team manager della nazionale italiana con il quale abbiamo cercato di affrontare anche le problematiche in cui versa il rugby a  L’aquila .

Una situazione sconfortante sotto tutti i punti di vista. Abbiamo affrontato soprattutto il tema degli impianti, delle strutture che non ci sono e della carenza di un progetto valido  per la rivalutazione di un’area che ha sempre rappresentato in passato uno dei fiori all’occhiello del rugby italiano offrendo un bacino d’utenza vastissimo da cui molti club italiani ed esteri hanno spesso attinto.

“La città dell’aquila – continua Troiani -  si trova ad affrontare uno dei periodi più bui  della sua storia, il terremoto ha distrutto, ma soprattutto ha disgregato e disorientato buona parte della popolazione giovanile. La classe politica è sempre più impegnata nel “progetto ricostruzione” ignorando i problemi sociali che il sisma ci ha lasciato in eredità. Ed è proprio qui che dovrebbero entrare in gioco le istituzioni, istituzioni come L’Aquila Rugby che da sempre rappresenta un’identità, un centro di ritrovo dove conoscere, giocare, interagire, confrontarsi, in una parola crescere, avere la sicurezza che anche quando tutto va male in quel rettangolo verde puoi trovare e puoi contare sicuramente su un gruppo di amici. Questo onere se lo era addossato, agli inizi, uno dei più amati professori della storia aquilana, il professor Natalino Mariani, il quale, quotidianamente, andava in giro per la città ad incontrare ragazzi nelle piazze, per strada, a scuola invitandoli  al campo da rugby, costruendo, così, passo dopo passo, mattone dopo mattone quello oggi rappresenta per tutti noi L’aquila Rugby, e cioè il club glorioso, la società dei grandi campioni e dei grandi uomini che hanno fatto la storia di una città”.  

L’impressione è che tutto questo, ora sta piano piano svanendo, si sta abbandonando quella tenacia quella grinta che contraddistingueva le squadre aquilane e gli aquilani in generale in tutta Italia, si sta  “campando di rendita” si aspetta, si spera ma nessuno si muove, non si percepisce la volontà di proporre un progetto serio che possa coinvolgere quante più persone possibili in quello che potrebbe, perche no, rappresentare il punto di partenza per una rinascita.

Ma per fare questo c’è bisogno di strutture c’è bisogno di progetti c’è bisogno dell’esperienza di persone come Gino Troiani che si dice prontissimo a rispondere all’appello affermando: “ in qualsiasi momento mi sentirei pronto ed orgoglioso di far parte di un serio progetto che possa contribuire alla ripresa della mia città, ma deve esserci la volontà di tutti, aspetto con ansia il giorno in cui la società nero verde verrà a bussare alla mia porta per propormi di far parte di un percorso che possa far rinascere il rugby a L’Aquila”. È dello stesso avviso anche Andrea Masi, uno dei più forti giocatori che il rugby aquilano ha regalato alla nazionale,  un idolo per molti rugbysti in erba, il quale tra un allenamento e l’altro trova il tempo per scambiare due chiacchiere con  noi, “nei miei progetti e nei miei sogni di rugbysta – afferma il giocatore - c’è quello di tornare un giorno a vestire la maglia che mi ha cresciuto ma sempre all’interno di un progetto serio e lungimirante”.

La cosa che più colpisce, parlando con questi grandi campioni, è la commozione e la passione che si percepisce quando parlano de L’Aquila Rugby, una passione che li spingerebbe anche a tornare ai loro lidi per il bene della città. “L’Aquila rugby non può e non deve morire. L’aquila Rugby deve puntare sempre in alto e questo dipende  da tutti noi. Noi aquilani abbiamo il dovere morale di preservare questo patrimonio”  hanno concluso all’unisono i due campioni.

Quello che la città ora si aspetta è che, appelli come questi vengano raccolti da chi di dovere e che si cominci a lavorare per il futuro de L’Aquila Rugby e della città in generale.

E ora tutti al Flaminio. Si comincia.


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