DA COSTA A INTERNO,IN DISTRIBUTORI E PIAZZOLE PER INCONTRO AMICI
(Dell'inviato Antonio Andreucci) (ANSA) - L'AQUILA, 12 APR - Le strade che portano all'Aquila oggi sono un lungo corteo di automobili che dalla costa, Roma o altre province, sale al capoluogo: un percorso all'incontrario rispetto al passato quando per la Pasqua gli Aquilani lasciavano la città. Sono auto piene di gente silenziosa, attonita, che a una settimana dalla scossa più forte ancora non riesce a farsi una ragione di quanto accaduto. I distributori o le piazzole di sosta delle autostrade sono l'occasione per incontrare amici o persone che si conoscevano solo di vista, con le quali parlare e scambiarsi informazioni e sensazioni. In non pochi casi è anche il modo per venire a conoscenza di tristi verità. Raimondo Tiberi è un artista. E' sfollato a Francavilla e sta tornando all'Aquila. Basta uno sguardo per capire che vive una tragedia: "Noemi non c'é più", sussurra a bassa voce. Era la giovane figlia, ricercatrice universitaria, rimasta sepolta sotto alle macerie di uno dei tre palazzi crollati in via Sturzo. Erano in cemento armato, costruiti una quarantina di anni fa, e diventati delle tombe. "Il killer si è dimostrato amico. Per un mese ci ha fatto credere che scherzava, poi lunedì notte ci ha colpiti". Attorno, altri sfollati che tornano all'Aquila o ai paesi per mantenere il contatto con la propria identità, rivedere e consolarsi con i parenti che vivono nelle tende. Per andare al camposanto. "Si è invertita la vita: prima erano i figli che dovevano continuare la vita dei genitori, adesso siamo noi che dobbiamo vivere al loro posto", afferma un giovane padre. In prossimità dell'Aquila, la colonna di auto comincia a sgretolarsi, si gira verso i paesi, le tendopoli per incontrare i parenti e poi rivedere la casa crollata, oggetti della quotidianità che affiorano dalle macerie. Gli accenti sono quasi tutti abruzzesi, si vede qualche targa straniera, forse alcuni dei tanti emigranti tornati per un funerale, per stare vicino ai vecchi genitori o per controllare lo stato della casa nativa. In tutti i paesi è così, compresa la martoriata Onna, dove un giovane scatta, come molti altri, fotografie. "E' di qua?" chiede il cronista. "No - risponde - qui ci abitava mio cugino. Io sono di Paganica". Quest'ultimo paese è a cinque chilometri e ha avuto diversi morti. Forse il turismo del terrore, almeno nelle dimensioni che si temevano, non c'é stato e ha avuto ragione il prefetto dell' Aquila, Franco Gabrielli, che aveva detto: "Sarà un turismo, se così vogliamo definirlo, di solidarietà". E nelle decine di paesi che fanno da corona all'Aquila, sembra che sia stato proprio così. In serata la corsia che dall'Aquila porta a Pescara si riempie di auto. Si torna negli alberghi degli sfollati e domani mattina di nuovo verso l'interno.