Metodo Stamina, tribunale di Pescara accoglie il ricorso di un malato contro gli Spedali di Brescia

L'uomo ottiene di potersi curare con le staminali

31 Dicembre 2013   10:07  

Dopo il caso della piccola Noemi Sciarretta, che di recente ha riavuto la possibilità di poter curare la grave malattia che l'ha colpita con le cellule staminali, un altro paziente abruzzese ha ottenuto il diritto di ricorrere al metodo proposto da Davide Vannoni.

Protagonista della nuova battaglia è un uomo residente nel Pescarese, malato da circa due anni di sclerosi laterale amiotrofica (Sla), che lo scorso 24 dicembre ha ottenuto dal Tribunale di Pescara il permesso di poter essere sottoposto ad un ciclo di terapie di infusione di cellule staminali adulte presso gli Spedali Civili di Brescia, sulla base della prescrizione del vicepresidente di Fondazione Stamina Marino Andolina, sulla base dell protocollo stipulato tra la struttura ospedaliera bresciana e la Fondazione.

Ancora una volta, per consentire ad un malato di poter usufruire del metodo di Vannoni si è reso necessario il ricorso alla giustizia, poiché gli Spedali Civili, in ottemperanza al divieto disposto dall'Agenzia italiana del farmaco (Aifa), inizialmente avevano negato all'uomo l'accesso alle cure. Il Tribunale di Pescara ha però accolto il ricorso presentato dall'avvocato Liborio Romito, partendo dal presupposto che la situazione di salute dell'uomo è "priva di una valida alternativa terapeutica", e che in ogni caso andasse riconosciuto il suo fondamentale diritto alla salute sciegliendo tra le varie cure riconosciute e garantite dal sistrema sanitario nazionale, anche quelle cosiddette "palliative", tra cui è appunto incluso il metodo Stamina.

Oltretutto, secondo l'ordinanza del giudice del lavoro Luigina Tiziana Marganella, "gli Spedali Civili di Brescia, pur essendo stati raggiunti dall'ordinanza dell'Aifa, non sono mai stati raggiunti da concreti provvedimenti restrittivi".

Ora, affinché l'uomo possa sottoporsi alle cure, occorrono altri due passi, ovverosia acquisire il parere del Comitato etico e, successivamente, il consenso scritto del paziente, che appare comunque scontato.


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