Michele Placido racconta il terremoto d'Abruzzo

''I Fatti di Fontamara'' di Ignazio Silone

04 Agosto 2009   14:20  

Spenti i riflettori sul summit che ha ospitato i grandi della terra, è ancora una volta tra le rovine dell'Aquila che si ritorna per riflettere attraverso un progetto che recupera le esperienze autentiche della gente di ieri al meglio sì da incoraggiare gli uomini di oggi. I fatti di Fontamara è il titolo del percorso di ricerca e di riscoperta del più celebre dei romanzi dello scrittore abruzzese, Ignazio Silone, che Michele Placido mette in scena con generosità e passione per portare solidarietà attiva e infondere fiducia vera nell'Abruzzo del terremoto.

"La nostra intenzione è quella di  portare le nostre tende nella tendopoli. Dicono che a settembre a L'Aquila tutto tornerà come prima, ma nessuno può sapere se sarà solo un'apparenza di normalità. Purtroppo i terremoti italiani precedenti a questo, mettono in luce ben altro" ha detto Michele Placido, dal 18 luglio in viaggio nel territorio abruzzese con lo spettacolo che arriva il 4 agosto all' Aquila per spostarsi a Gioia dei Marsi il 6 agosto e continuare verso altri teatri della regione.

Non un semplice spettacolo bensì un articolato progetto teatrale allestito con il sostegno del Ministero della Cultura, il contributo della Fondazione Onlus "Il Meglio di Te" e la collaborazione del Teatro di Roma. Sul palco undici giovani attori dell'Accademia Nazionale D'Arte Drammatica "Silvio D'amico", tre musicisti abruzzesi - esecutori per l'occasione di alcuni brani tratti dal repertorio popolare della loro terra - insieme all'attore pugliese per reperire fondi da devolvere alle popolazioni investite dal tragico evento, ma soprattutto per favorire il superamento dell'accaduto incentivando la ripresa delle attività culturali.

Protagoniste le vicende di Fontamara, un villaggio meridionale, interno, abbandonato che, con la scelta di una messinscena semplice e povera, racconta la tragedia di chi il terremoto lo ha vissuto in quel lontano 13 gennaio 1915, quando la terra abruzzese tremò nella zona della Marsica devastando interi paesi e trasformando la vita di tante persone, tra cui lo stesso Silone che riuscì a salvarsi con il fratello, ma che vide la mamma morire sotto le macerie. Tutto ruota intorno al corso d'acqua deviato da un signorotto di campagna che determina la rivolta dei poveri cafoni, uomini abituati solo a faticare senza saper imbrogliare. Ne seguono zuffe e proteste dei fontamaresi che si guadagnano la fama d'agitatori, sostenuti da un misterioso personaggio, Berardo Viola: contadino rimasto senza terra, il più passionale dei rivoltosi e uomo che paga con la vita la denuncia delle ingiustizie e dello sfruttamento delle plebi da parte dei proprietari agrari.

Lo spettacolo, al confine tra la narrazione orale e la rappresentazione scenica, è espressione di un teatro civile, impegnato, capace di denunciare i mali di ogni tempo, di oggi come di ieri. Commozione popolare e rivendicazioni politiche identificano la vita dei cafoni, contadini abruzzesi vessati dalle catastrofi naturali come dalle ingiustizie di un mondo che li condanna alla rassegnazione della miseria e del sopruso. L'unica speranza di salvezza è nell'uomo, Berardo Viola, simbolo del conflitto tra emarginati e integrati, e vittima necessaria per insinuare il dubbio che le cose possano cambiare. "Ci sarà un Berardo Viola fra gli abruzzesi terremotati, pronto a ribellarsi qualora si ripetano ingiustizie e prevaricazioni politiche o mafiose?" si interroga Michele Placido rivolgendosi allo spettatore contemporaneo "dopo tanti esempi di promesse svanite da parte dei politici, voglio che il teatro sia occasione di riflessione nei luoghi attraversati da una tragedia attuale che rischia di rivelarsi un'ennesima opportunità di lucro per i potenti e di inganno per le vittime".

fonte: www.agenziaradicale.com


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