Micron: ''senza investimenti è destinata a chiudere''

Due economisti si esprimono sulla crisi

05 Dicembre 2008   15:29  
APPROFONDIMENTO. Slowdown per l' azienda. "Ferie forzate" per lavoratori e sindacati. Fosse soltanto una questione di termini, ce ne staremmo tutti tranquilli aspettando pazientemente che la crisi attraversi il cielo come una nuvola, per lasciare l'orizzonte nuovamente aperto alle speranze dei giovani e delle famiglie abruzzesi. Ma, è chiaro, non è così. Lo stato di grave recessione che sta attraversando da una parte all'altra il nostro sistema socioeconomico, non ci lascerà come ci ha trovati, quando rientrerà ci avrà trasformati, modellati: se in meglio o in peggio - almeno in parte - possiamo deciderlo noi, mettendo insieme conoscenze, competenze e soluzioni che siano realmente adatte alla situazione attuale. Gli ammortizzatori sociali e gli investimenti nei settori di ricerca e sviluppo, sono tra i fattori principali che regoleranno la partita tra famiglie e recessione.

La sede avezzanese della Micron Technology sta lavorando al 60% del tenore produttivo abituale. Ad affermarlo la Cgil , costantemente alla ricerca di forze politiche in grado di intervenire su una situazione che definire “a rischio” è il minimo. Secondo il sindacato infatti, senza investimenti la sede avezzanese della multinazionale americana rischierebbe addirittura la chiusura.

Intanto dal 22 dicembre al 5 gennaio molti operai Micron resteranno a casa per agevolare lo slowdown intrapreso dalla società. Una misura decisa in risposta allo stesso drastico calo dei consumi che ha condotto la Casa madre a tagliare ben 2.800 posti di lavoro in tutto il mondo(equivalente al 15% del totale dei dipendenti). Alla sede di Avezzano è “bastato” non rinnovare i diversi contratti a termine scaduti nell’ultimo periodo. Ma c’è chi prevede misure ancora più drammatiche.

Scopo dichiarato del sindacato è quello di vedere il caso Micron discusso nella prima riunione che il prossimo Consiglio regionale organizzerà nel periodo post elettorale. La richiesta della Cgil va dritta al sodo: “il nuovo Presidente dovrà impegnare direttamente il ministro Scajola sul progetto di sviluppo della Micron”. Se non si investe sulla ricerca, sull’abbassamento dei costi energetici e sul miglioramento della produzione, uno dei “pilastri economici del territorio” andrà distrutto, portando con sé le speranze delle nuove generazioni e la stabilità delle molte famiglie del luogo, costrette a spostarsi pur di sopravvivere.

QUEI CONTRATTI A TERMINE …

In Italia il crollo delle borse ha interessato meno di una famiglia su 5, coinvolgendo soprattutto quelle più ricche. La crisi della cosiddetta economia reale con il conseguente aumento della disoccupazione, sono invece problematiche inerenti alla maggior parte dei nuclei familiari italiani, specialmente ai più deboli. Le prime grandi riduzioni del personale stanno cominciando a mietere vittime, ed i primi ad esserne colpiti sono i circa 4 milioni e mezzo di lavoratori precari.

Il motivo? Semplice da capire. Quando un lavoratore ha un contratto a termine, e le aziende vogliono interrompere il rapporto di lavoro, non devono neanche fare la fatica di licenziarlo: è sufficiente non rinnovare il contratto alla scadenza. Un fenomeno in crescita che va a colpire quel tipo di lavoratore mal retribuito, che non può accedere a forme di ausilio statale quali gli ammortizzatori sociali, e che è spesso escluso da ferie pagate, maternità e a volte persino dalla possibilità di entrare in malattia. In altre parole, il precario.

UN SUSSIDIO UNICO? E’ POSSIBILE

Tito Boeri, professore ordinario di Economia alla Bocconi e collaboratore di Repubblica, e Pietro Garibaldi professore straordinario di Economia Politica presso l’Università di Torino, entrambi redattori della voce.info, hanno recentemente spiegato le misure che il Governo potrebbe intraprendere, per evitare che la nuova recessione produca un “brusco aumento della povertà e delle disuguaglianze” sociali.

Secondo l’analisi da loro realizzata la detassazione degli straordinari che il Governo intende mantenere anche nel 2009, si tradurrebbe in una riduzione dell’occupazione. A dimostrarlo un recente studio di Banca d’Italia, nel quale viene evidenziato come il 25% delle imprese che intendono fruire di tale misura, di fatto diminuirà le assunzioni.

L’estratto dell’articolo pubblicato dai due economisti chiarisce l’insufficienza delle politiche finora attuate in materia di disoccupazione. “L’unica misura sin qui varata dal governo è stata l’incremento di circa 100 milioni della dotazione del fondo che deve erogare indennità di disoccupazione “in deroga” alla normativa esistente. È un fondo istituito per favorire specifici gruppi di lavoratori con maggiore peso negoziale-elettorale, come i lavoratori del tessile di Varese, cui era stato concesso l’accesso ai sussidi sotto il ministero di Maroni. Questi fondi peraltro vengono utilizzati spesso “in proroga” anziché “in deroga”, a favore dei disoccupati di serie A, quelli che già oggi accedono alla cassa integrazione.

Ci saranno, comunque, alcune estensioni selettive ad alcune piccole imprese, limitatamente ai fondi disponibili. Ma chi deciderà chi può accedere e in base a quali criteri?”.
I due docenti universitari insistono sull’urgenza di introdurre un sussidio unico di disoccupazione, al quale si acceda a prescindere dal tipo di contratto con il quale si è stati impiegati.

DISINCENTIVARE L’USO GENERALIZZATO DEI CONTRATTI A SCADENZA

Naturalmente tale misura sarebbe finanziata dai contributi versati da tutti i tipi di contratto. “Un meccanismo bonus- malus” andrebbe ad incrementare i contributi al fondo di disoccupazione per quelle imprese che ne fanno uso più assiduamente. Mentre si potrebbero aumentare i contributi assicurativi alle società che mostrano di utilizzare i contratti a termine indiscriminatamente.

A chi obietta che non ci sono abbastanza risorse per riformare gli ammortizzatori sociali, i due economisti rispondono che per introdurre il sussidio unico “è sufficiente utilizzare quelle che erano state destinate in via sperimentale alla detassazione degli straordinari”, aggiungendo che “Gli italiani sono i cittadini europei, dopo gli ungheresi, che si sentono maggiormente a rischio di povertà: un italiano su tre si sente vulnerabile. Anche politici interessati solo alla loro rielezione dovrebbero pensarci due volte prima di rimandare nuovamente questa riforma”.

I precedenti servizi sulla Micron: http://www.abruzzo24ore.tv/news.php?id=7839http://www.abruzzo24ore.tv/news.php?id=7767

Giovanna Di Carlo


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