Net generation. Così cambia la giustizia ai tempi di Internet

Il doppio taglio del Web e il cittadino

13 Novembre 2009   23:00  

Imprevedibile la giustizia ai tempi di Internet. Per mezzo di una potenza tentacolare e inaudita  la rete incastra, denuncia, scagiona, dichiara la nostra innocenza. Giunge là dove a nessuno è permesso recarsi,  persino nei lati oscuri dell’anima, quando certi di sfuggire alla luce del giorno e all’altrui giudizio veniamo smascherati e additati, ancor prima di aver compreso come e perché, e soprattutto per mezzo di chi o che Cosa.

La notizia è di qualche ora fa, ma ha già fatto il giro del mondo. Una donna inglese di 61 anni, Cheryl Roberts, ha incastrato il marito pedofilo attraverso il semplice utilizzo del web.

Insospettita dalla lunga serie di ore giornaliere trascorse dal partner davanti al pc, e dalla casuale lettura di un messaggio pornografico da lui lasciato sullo schermo incustodito, Cheryl ha pensato di verificare di persona i propri dubbi.

Contattando il 66enne britannico attraverso il falso profilo di un’adolescente confusa in cerca di conoscenze, la donna ha preso a chattare con il padre dei suoi figli dalla stanza accanto, scoprendo il lato pedopornografico dell’uomo che aveva sposato ben 18 anni prima.

Tra messaggi sempre più spinti e richieste progressivamente più esplicite, l’uomo è giunto a filmarsi ed esibirsi in atteggiamenti osceni, tali da indurre la scioccata consorte a recarsi al commissariato di Cardiff(Galles) e denunciarlo alle autorità.

Ma se la rete ha il potere di tracciare e smascherare ogni nostra debolezza, allo stesso modo pare sia in grado di renderci giustizia, scagionandoci da reati mai commessi o accuse infondate.

IL WEB COME ALIBI

Emblematico il fatto avvenuto a New York, nel quartiere di Harlem, noto centro della cultura afroamericana, dove un 19enne accusato di furto è stato scagionato da un semplice messaggio postato su Facebook.

La storia risale a qualche settimana fa quando alle 11,49 del 17 ottobre, un teenager newyorchese di nome Rodney Bradford, si connette al web dal pc della casa paterna di Harlem per chattare su Facebook. Giunto sul proprio profilo il ragazzo digita i propri pensieri nello spazio apposito, formulando e trascrivendo la domanda : “ Dove sono i miei pancakes? ”.

Il giorno dopo Rod viene accusato di aver commesso un furto nella palazzina dove abita con la matrigna, e ossia dall’altra parte della città, a Brooklyn. Affidatosi ad un bravo avvocato, il giovane chiede alla Corte di verificare data e ora esatti del messaggio inviato in rete dal pc della casa di Harlem, permettendo così la propria liberazione.

Vicenda sociologicamente rilevante, tanto da impegnare il sito del New York Times in un’indagine sui “cambiamenti della giustizia al tempo di Internet”, epoca della comunicazione virtuale e democratica, in cui la traccia lasciata da un imputato su un social network, assume vero e proprio valore di alibi di fronte ad un tribunale che solo fino a qualche tempo fa avrebbe utilizzato ben altri mezzi per sondare i fatti.

LA RETE CI OSSERVA

L’utilizzo che facciamo del web è ormai consuetudine quotidiana di qualcosa che ci appartiene intimamente. E’ il prolungamento del nostro cervello, che invece di rimanere nella propria oscurità o manovrare l'organismo nello spazio fisico, accresce esponenzialmente la propria capacità di relazionarsi con l’altro, nel tentativo di ricreare la perfetta struttura del pensiero umano.

Come la nostra mente la rete non ha limiti, registrando ogni nostro passaggio nell’infinito spazio del web, memoria planetaria di un’umanità sempre più interconnessa, e sempre meno massificata.

Chi pensava che stare dietro lo schermo assicurasse l’anonimato si sbagliava. La rete ci osserva.

 

 

Giovanna Di Carlo

 

 

 

 

 


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