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La sentenza della Cassazione non sancisce la vittoria degli scienziati,
né dei laici, né di qualche schieramento politico, ma dei cittadini e
dei principi della Costituzione che ne tutelano la libertà. E una volta
di più i giudici dimostrano la loro fedeltà alla Costituzione, e
l´indipendenza intellettuale dalle pressioni ideologiche. Perché
proprio dei diritti di tutti i cittadini alla
libertà individuale
stiamo parlando.
Con "tutti" intendo credenti e non credenti.
Sono un laico che ha un profondo rispetto per le idee della religione,
di ogni religione, e penso che sia legittimo che la Chiesa le promuova
verso chi crede. Tuttavia in Italia ci sono dieci milioni di cittadini
che ufficialmente si dichiarano non credenti e diversi milioni che si
definiscono parzialmente credenti. Credo che si debba tenere conto
anche delle loro idee, e soprattutto dei loro diritti.
Mi ritrovo nelle
parole che scrisse Indro Montanelli "Io non mi sono mai sognato di
contestare alla Chiesa il suo diritto a restare fedele a se stessa,
cioè ai comandamenti che le vengono dalla Dottrina... ma che essa
pretenda d'imporre questi comandamenti anche a me che non ho la fortuna
di essere un credente, cercando di travasarli nella legge civile in
modo che diventi obbligatorio anche per noi non credenti, è giusto? A
me sembra di no".
Che si opponga il Vaticano alla realizzazione della volontà di Eluana
di non vivere come un vegetale, ma che sia chiaro che questa negazione
è basata su posizioni di fede e dunque il suo messaggio si rivolge a
chi la fede ce l'ha. Devo aggiungere che è un messaggio che stupisce un
poco chi segue con attenzione il pensiero teologico, perché non è
propriamente in linea con la cultura tradizionale religiosa, che ha
sempre visto la morte come evento naturale, parte del disegno divino, e
ha sempre guardato con perplessità all'estensione dell'intervento della
tecnologia medica sulla vita dell'uomo.
Non è questo, tuttavia l'oggetto del dibattito che ferve intorno ad
Eluana e soprattutto non è, come sembra, la posizione del Vaticano
rispetto a quella della scienza. Il caso Englaro è aperto da 16 anni
perché le sue volontà sono state "ricostruite", e non espresse per
iscritto. Rifiutare le cure è un diritto nel nostro Paese, così come lo
è non mangiare e non bere. Se decido di fare uno sciopero del fame e
della sete, nessuno può infilarmi un sondino nel naso o cacciarmi una
flebo nelle vene. Sarebbe un reato. Allo stesso modo
sarebbe
incostituzionale obbligarmi a vivere come un vegetale, se io ho
espresso per iscritto in piena lucidità, il mio rifiuto di questa
condizione. Il dibattito non è neppure, come qualcuno vuol far credere,
se Eluana si può risvegliare o no.
Crea equivoci chi parla di omicidio.
Eluana è morta 16 fa. Vivono, anzi
vegetano proprio come piante, gli organi del suo corpo. La situazione
clinica non lascia purtroppo spazio al dubbio di un futuro risveglio
perché
nessuno si risveglia da un coma dopo un anno, figuriamoci dopo
16. Esistono casi di coma transitorio che hanno probabilità di
reversibilità e su questi la medicina può fare molto. Ma non è quello
di Eluana, che è definito appunto "stato vegetativo permanente".
Dobbiamo arrenderci al fatto che
al là di certi confini la medicina
tecnologica non va, e dobbiamo avere il coraggio di ammetterlo. Anzi,
nella percezione della gente, i limiti della medicina vanno già al di
là delle aspettative. Infatti è nata in questi ultimi anni una nuova
paura che si affianca a quella atavica del dolore e della morte: la
paura della vita artificiale. La medicina moderna, con le sue
tecnologie sempre più sofisticate, è arrivata a creare, come esito non
voluto delle metodiche di rianimazione e terapie intensive, una
condizione nuova di "vegetante" (che è quella di Eluana oggi) che
inquieta nel profondo molti di noi.
Per questo già cinque anni fa ho avviato in Italia una campagna a
favore del
testamento biologico: per dare, a chi lo desidera, la
possibilità di rifiutare un'esistenza artificiale. In Senato ho
presentato una legge su questo tema:
9 punti per affermare la libertà
delle persone di decidere le cure che vogliono o non vogliono ricevere,
ma anche dei medici di rifiutare di realizzare le volontà dei malati,
se vanno in contrasto con le proprie convinzioni etiche e morali. Se ci
fosse un testamento biologico di Eluana, la sua dolorosa vicenda non
sarebbe esistita.
La sentenza di oggi ha coraggiosamente superato questa difficoltà, non
in nome della laicità e neppure in nome della scienza, ma nel rispetto
del
diritto di ogni cittadino a decidere per sé, qualsiasi fede o idea
egli difenda. È un buon segnale. C'è nelle società di tutto il mondo
una voglia concreta di libertà di pensiero e di tolleranza. Lo hanno
dimostrato anche le reazioni alle critiche del Vaticano nei confronti
della posizione di apertura di Obama alla ricerca sulle staminali
embrionali. Anche qui bisognerebbe sgombrare il campo dagli equivoci.
Il tema dei diritti dell'embrione è controverso per motivi etici e
religiosi, e per questo la ricerca è bloccata quasi ovunque nel mondo.
Ma nessuno ha mai pensato di generare embrioni per farne una fabbrica
di staminali. Certamente non in Italia. Ciò che noi abbiamo proposto da
anni è l'utilizzo per scopi di ricerca degli embrioni non più
utilizzabili per la procreazione, quelli che giacciono nei frigoriferi
delle cliniche ginecologiche e che sono destinati a finire nel
lavandino invece che sotto la lente di un microscopio.