Oggi il Gip decide le sorti di Salvatore Parolisi, sarà rito abbreviato?

12 Marzo 2012   07:15  

Mattinata giorno cruciale per Salvatore Parolisi, il caporalmaggiore dell’esercito arrestato nel luglio dello scorso anno con l’accusa di aver ucciso la moglie Melania Rea. Il gip di Teramo Marina Tommolini dovrà infatti decidere se accogliere o meno la richiesta degli avvocati di Parolisi, i legali Walter Biscotti Nicodemo Gentile, che hanno chiesto di poter far giudicare il loro assistito con il rito abbreviato, condizionato pero’ ad una nuova perizia medico legale su dinamica e morte di Melania Rea e all’escussione di due testimoni.

I legali del caporalmaggiore hanno annunciato fin dal momento in cui hanno depositato la richiesta di rito abbreviato condizionato, che, nel caso in cui il giudice non concedesse la perizia e l’audizione dei testimoni, imboccheranno la strada del rito ordinario davanti a una Corte d’Assise. Questo per dimostrare di non volere uno sconto di pena, che Parolisi avrebbe in caso di condanna con rito abbreviato, ma di volere ‘’solo l’accertamento della verita’’’. 
La procura della Repubblica di Teramo non ha ancora espresso il suo parere in merito alla richiesta dei legali di Parolisi e ormai potrebbe farlo direttamente in udienza.

 L’avvocato della famiglia Rea invece ha depositato giovedi’ scorso una memoria in cui reputa questa richiesta di rito abbreviato ‘’inammissibile’’. ‘’La domanda condizionata - sostiene l’avvocato Gionni nella memoria depositata - dovrebbe essere accolta quando propone indagini mirate ad aggiungere elementi alla base cognitiva per il giudizio, e respinta quando intende approfondire criticamente, attraverso il contraddittorio, un dato gia’ acquisito’’. In questo caso invece, secondo il legale, ‘’le prove cui hanno subordinato la richiesta sono gia’ contenute nel fascicolo del pm. Quindi alla fine non sarebbe piu’ un abbreviato, secondo noi, ma un giudizio normale, con lo sconto di pena. Una cosa non prevista dal codice. Noi comunque - ha concluso - parteciperemo e accetteremo anche se il Giudice accogliera’ la richiesta’’.

Il caporalmaggiore dell’esercito, che non molto tempo fa, tramite i suoi legali, ha anche chiesto, per il momento invano, di poter attendere il processo agli arresti domiciliari, si e’ sempre dichiarato innocente rispetto alle terribili accuse che gli vengono mosse. Per due procure (inizialmente l’indagine e’ stata condotta da quella di Ascoli Piceno e poi e’ passata a Teramo per competenza territoriale rispetto al luogo in cui si e’ consumato il brutale omicidio) Parolisi, marito di Melania e padre della piccola Vittoria, una bimba di appena tre anni, e’ colpevole di omicidio pluriaggravato e vilipendio di cadavere.

Parolisi non e’ stato da subito iscritto nel registro degli indagati. L’avviso di garanzia infatti gli e’ stato notificato il 29 giugno dello scorso anno, a piu’ di tre mesi dall’omicidio della moglie Melania. L’arresto e’ arrivato invece quasi un mese dopo: a chiederlo il procuratore di Ascoli Piceno Michele Renzo e il sostituto Umberto Monti. A disporlo il gip Carlo Cavaresi, che il 19 luglio lo ha fatto arrestare. Per il primo giudice che lo ha spedito dietro le sbarre, Parolisi avrebbe ucciso la moglie Melania Rea a causa della situazione che si era creata con l’amante, la soldatessa [OBLIO].

Scrivevano i magistrati nella richiesta di misura cautelare che il movente dell’omicidio andava ricercato in ‘’una situazione senza uscita venutasi a creare e a convergere proprio in quei giorni’’: ‘’La promessa ‘forte’ a [OBLIO] che ormai la separazione con Melania era cosa fatta e che gia’ il 23 aprile (se non il 21) sarebbe andato ad Amalfi a trovarla e a presentarsi ai suoi genitori che nel frattempo avevano gia’ prenotato una stanza in albergo e lo aspettavano’’.

Insomma, a spingere Parolisi al gesto estremo di ‘eliminare’ la moglie, secondo la procura, sarebbero stati una serie di elementi che vengono elencati nella richiesta di custodia cautelare per il militare: ‘’Le pressioni stringenti di [OBLIO] che ormai non ammettevano scuse o ragioni (il mancato rispetto della promessa avrebbe comportato la rottura del rapporto con [OBLIO] o comunque almeno una grave e forte crisi); la consapevolezza invece di non aver ancora detto e fatto nulla per la separazione (non ne aveva sicuramente mai parlato con i familiari di Melania, come invece detto e scritto a [OBLIO]); la necessita’ di doverlo fare e di non poter piu’ rimandare la cosa; l’aver infine parlato della cosa con Melania proprio il 18 aprile, e la reazione di costei, che gia’ sulla storia di [OBLIO] si era arrabbiata, era stata dura e aveva perdonato (il possibile lancio dell’anello di fidanzamento durante la lite: anello rinvenuto sfilato sul luogo del delitto); la rabbia e la reazione incontrollata di lui e l’omicidio’’.

Per il gip di Teramo Giovanni Cirillo invece, che a pochi giorni di distanza dalla prima ordinanza di Ascoli Piceno ne aveva emessa un’altra dietro richiesta dei pubblici ministeri di Teramo, competenti per territorio, aveva parlato di un altro movente per il delitto.  ‘’Non e’ stato ancora acquisito con tranquillizzante certezza il movente dell’omicidio’’, scriveva nella stessa ordinanza in cui formulava ipotesi su torbidi segreti riguardanti Parolisi di cui la moglie poteva essere venuta a conoscenza. 
‘’Puo’ essere ipotizzato che la moglie, che lo seguiva, lo controllava, avesse scoperto qualcosa di assai piu’ grave o anche di torbido e di inconfessabile. E cosi’ - suggeriva - occorrerebbe approfondire i rapporti interni alla caserma’’. 

Melania e’ morta per aver ricevuto 29 coltellate e per essere stata colpita ripetutamente al collo e al tronco. E per l’accusa, ad uccidere e infierire anche dopo la morte sul corpo della povera donna, sarebbe stato proprio Salvatore Parolisi, che, dopo averla portata in un posto in cui piu’ volte si erano appartati, l’ha colpita brutalmente ed e’ tornato anche in seguito per infierire e depistare le indagini incidendo la donna con una specie di svastica e conficcandole una siringa nel seno. 
A denunciare la scomparsa di Melania Rea era stato proprio il marito Salvatore due giorni prima che una telefonata anonima segnalasse la presenza del suo cadavere al bosco delle Casermette.  Salvatore aveva chiamato il 112 raccontando di essere stato con Melania e la figlia Vittoria al parco del pianoro di San Marco fino a poco prima, quando la moglie, dopo essersi allontanata per andare in bagno, non aveva piu’ fatto ritorno. Per l’accusa l’ha uccisa lui, mentre lui ha tutte le intenzioni di difendersi.


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