Omicidio Rea: i colleghi di Parolisi gettano ombre su Melania. L'indignazione della famiglia

11 Novembre 2011   10:14  

"Scarsa sensibilità per il dolore di una famiglia che ancora non si capacita della perdita di Melania", spiega l'avvocato Mauro Gionni per esprimere il proprio disappunto circa la recente iniziativa dei giornalisti Ilaria Mura e Antonio Delitala. Questi ultimi hanno infatti realizzato il progetto di pubblicazione del volume "Lo strano caso di Melania Rea", in cui si narra delle vicende relative all'omicidio della giovane donna di Somma Vesuviana scomparsa lo scorso 18 Aprile e ritrovata accoltellata dopo due giorni nel Bosco delle Casermette in zona Ripe di Civitella.

Il rappresentante legale di parte dei Rea ha chiarito che il libro è "una pubblicazione inopportuna, considerando che le indagini sono ancora in corso, e che - sostiene l'avvocato - contiene solo riferimenti ad atti parziali, frasi mai dette, o comunque riportate non fedelmente di agenti, avvocati, e altri. Nulla dice, ad esempio, sulle apparizioni televisive di Parolisi e su quanto egli ha riferito. Non si può certo ipotizzare che qualcuno abbia costretto Parolisi ad andare in tv a dire le stesse cose che ha detto poi ai carabinieri, agli amici, ai familiari. Anche queste affermazioni sono state estorte con minaccia? Anche queste sarebbero inutilizzabili?".
A tal proposito non si sono ancora espressi gli inquirenti concentrati sulla ricerca della verità che potrebbe portare alla scarcerazione o meno dell'unico imputato, il marito della vittima Salvatore Parolisi.

Le versioni dei colleghi di Paolisi

L'uomo, secondo quanto riferito dai colleghi del caporalmaggiore, mentre amici e parenti cercavano la povera Melania, trascorreva le sue ore in caserma. Gli stessi colleghi hanno suggerito a Parolisi: "Forse tua moglie aveva una relazione con un altro uomo, forse è scappata con un altro". I militari, peraltro, alle forze dell'ordine nel corso di un interrogatorio hanno riferito che Parolisi tra il 18 e il 20 era molto preoccupato in parte per la scomparsa della moglie ma soprattutto per la possibilità che le recenti vicissitudini potessero portare allo scoperto le relazioni extraconiugali che intratteneva con altre donne.

Uno di questi, Roberto D'Ortona, avrebbe riferito ai carabinieri: "Come ho già detto, dalle 21 alle 2 circa sono stato a Colle San Marco a contribuire nelle ricerche della moglie del collega Parolisi Salvatore. Lì ci andavo insieme al maresciallo C.A., con la mia macchina, partendo dai pressi della nostra caserma di Ascoli Piceno; durante quella sera sul pianoro incontravo una decina di altri colleghi, Salvatore non c'era ma nel frattempo arrivavano sul posto alcuni suoi familiari, vale a dire il suocero, il fratello di rea Carmela e non ricordo chi altri.

Come ho già detto, la mattina sono stato impiegato di servizio in occasione del giuramento delle allieve VFP1; dalle 13.30 alle 15.30 circa sono stato con Parolisi Salvatore insieme al nostro comandante di compagnia Capitano Mastrantonio ed ad altri commilitoni nell'ufficio del Capitano; Salvatore nel frattempo si allontanava alcune volte, o per rispondere al telefono o per andare da qualche superiore. Intorno alle 15.30, terminato il servizio, tutti i militari defluivano dalla caserma; pertanto, o il Capitano o il Maresciallo Caforio, non ricordo con precisione chi, mi chiedeva telefonicamente di rimanere con Salvatore, visto che lui aveva intenzione di stare ancora in caserma; nella circostanza io ero da poco arrivato nella mia camera, ed accettavo di buon grado la proposta vista l'amicizia che ho con lui; la scelta dei superiori ricadeva su di me penso anche per via del fatto che, essendo celibe ed accasermato, non avrei avuto particolare disagio per tale incombenza; infatti insieme a noi due rimaneva anche il Caporal Maggiore Capo Pagano Raffaele, anche lui celibe e accasermato ed amico di Salvatore.

Rimanevamo quindi noi tre insieme fino alle 19 circa nel cortile e nel giardino di pertinenza della nostra compagnia, visto che gli uffici erano oramai chiusi. Salvatore ci raccontava più volte come si erano svolti i fatti di quando la moglie si allontanava da lui scomparendo, e noi cercavamo di sostenerlo moralmente; io, proprio allo scopo di confortarlo, gli dicevo che l'ipotesi meno peggiore poteva essere che sua moglie se ne poteva essere andata di sua spontanea volontà.

Lui allora rispondeva che effettivamente ciò poteva essere l'eventualità meno grave. Una volta affrontato questo argomento, vale a dire l'allontanamento del coniuge che magari poteva avere un'altra relazione, Salvatore ci diceva che, quando era stato ascoltato dai carabinieri, questi avevano chiesto se lui avesse una relazione con qualche altra donna, e che lui aveva negato, perché riteneva che tale aspetto fosse irrilevante, ammettendo implicitamente di non essere stato sincero da questo punto di vista. Aggiungeva quindi di non avere detto tutto per evitare figuracce con i suoceri. Noi gli rispondevamo che aveva sbagliato e che in casi così gravi bisogna essere i più sinceri possibile, perché quello che contava era ritrovare la moglie e non altro.

A tal riguardo Salvatore ci chiedeva, nel caso in cui fossimo stati chiamati per essere ascoltati, di non raccontare niente su sue relazioni con altre donne; in merito ritengo che lui si potesse riferire o a nostri superiori oppure agli inquirenti. Preciso che quando io gli dissi che secondo il mio parere in quel momento la priorità era fare il possibile per trovare la moglie e tutto il resto era meno importante, lui rispose dicendo che se fosse stato riascoltato dagli inquirenti avrebbe riferito delle sue relazioni extraconiugali. Verso le 19 andavamo al pianoro di San Marco, dove incontravamo dei colleghi e dei familiari di Salvatore; io ci arrivavo viaggiando insieme a Salvatore con la sua macchina, mentre Pagano Raffaele da solo con la sua auto. Salvatore ci faceva vedere il percorso che aveva fatto per andare da casa sua al pianoro e poi ricostruiva sul posto le fasi della scomparsa della moglie.

Più tardi, siccome Salvatore inizialmente aveva intenzione di tornare a dormire in caserma, presso la stanza di qualche collega accasermato, il suocero chiedeva a qualcuno dei presenti di persuaderlo a rimanere a dormire a casa. Quindi alle 01.00 circa, non vedendo più Salvatore, che nel frattempo era andato via, me ne andavo insieme ad un altro collega che era sul posto".

di Roberta Calò

fonte gornaledipuglia.com


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