Pesce, Cnr: le nuove scelte alimentari degli italiani mettono a rischio il mare

16 Ottobre 2013   17:14  

Nella dieta mediterranea, il pesce rappresenta uno degli alimenti fondamentali. Fronteggiare il progressivo aumento della richiesta di prodotti ittici sta pero' impoverendo i nostri mari. A spiegare come e perche' e' stato Alessandro Lucchetti dell'Istituto di scienze marine (Ismar) del Cnr di Ancona in un articolo pubblicato sul notiziario Almanacco della Scienza.

"La pesca rappresenta in Italia un settore importante per ragioni economiche e sociali", ha spiegato Lucchetti. "Il sistema pesca - ha continuato - e' un ambito complesso, che coinvolge un universo di attivita': dalla cantieristica ai mercati, dal trasporto alla commercializzazione, dalla trasformazione alla vendita al dettaglio. La flotta italiana e' caratterizzata dall'impiego di una vasta gamma di attrezzi studiati per catturare specie nei diversi ambienti e, quindi, conferire ai mercati un flusso continuo di fresco nell'arco dell'anno". Ma richiesta e domanda non sono sempre in equilibrio e le necessita' a cui il mercato deve rispondere sono troppo alte rispetto alle risorse disponibili.

"Negli ultimi 10 anni il settore pesca ha cominciato a mostrare segnali di crisi sia per l'aumento dei costi di mantenimento delle flotte e la competitivita' con gli altri paesi, sia per il progressivo impoverimento delle risorse alieutiche, sempre piu' spesso sovrasfruttate", ha detto Lucchetti. 

 

"Va inoltre considerato che molte ricette tradizionali italiane si basano su esemplari di piccole dimensioni, pertanto un'attivita' focalizzata sulla cattura di individui giovani e di grandezza ridotta. Cio' costituisce un danno enorme per l'ecosistema marino, poiche' molte specie non hanno opportunita' di riprodursi", ha aggiunto.

Le abitudini alimentari degli italiani poi stanno cambiando. "La dieta mediterranea sta acquistando un sapore 'nordico'. I consumatori prediligono sempre di piu' pesce di grandi dimensioni a filetti, possibilmente a basso costo, sacrificando la tradizione in favore di prodotti surgelati o allevati e, in alcuni casi, di dubbia provenienza", ha detto il ricercatore dell'Ismar-Cnr.

Una scelta spiegata solo in parte da ragioni economiche, perche' il prezzo del fresco e' comparabile se non inferiore a quello dei prodotti congelati, probabilmente dovuta all'offerta "globale"' del mercato. "Come mostrano alcuni dati pubblicati dall'Ismea, Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare, nei primi mesi del 2013 risultano in aumento i consumi di prodotti conservati, secchi, salati, affumicati e surgelati", ha precisato Lucchetti.

"Anche gli scambi commerciali con l'estero riflettono una situazione complessa: se da una parte si e' registra una riduzione dei volumi esportati, essenzialmente riferiti a tonno, alcuni tipi di molluschi e pesce azzurro, dall'altra la flessione della produzione nazionale ha determinato un aumento dell'import, gia' elevato, soprattutto di prodotti trasformati, come tonno in scatola e crostacei congelati. Al momento - ha aggiunto - il grado di autoapprovvigionamento e' sceso al 33,3 per cento".

Due terzi del pesce che mangiamo arrivano cioe' dall'estero, da lontano, a detrimento della "filiere corta" che in questo comprato andrebbe privilegiata. La pesca italiana sta dunque attraversando un periodo di difficolta' e la ripresa dell'intero settore non puo' prescindere da alcuni passaggi fondamentali. "In primo luogo c'e' la necessita' di rendere trasparenti le informazioni sul prodotto attraverso etichette chiare che garantiscano la salvaguardia del prodotto italiano", ha dichiarato Lucchetti. "Purtroppo ancora oggi le frodi nel commercio alimentare sono una piaga difficile da estirpare: il tonno importato viene ad esempio trattato con monossido di carbonio per ravvivare il colore delle carni; prodotti importati possono riportare la dicitura di prodotto nazionale; specie di scarso valore commerciale vengono etichettate come di pregio", ha concluso. 


Oroscopo del Giorno powered by oroscopoore