Piccole anime sospese. Inadeguatezza e lassismo della scuola abruzzese

Lettera aperta alla direttrice USR Antonella Tozza

21 Aprile 2020   10:45  

Sono come piccole anime sospese in “vacanze” che non si concludono mai, sono la generazione dello scorso decennio, quella che non ha più di 11 anni e meno di 6, i bambini e bambine in età “da scuola elementare”.

Da oltre 45 giorni si trovano in bilico tra il detto e non detto, quello che non gli si spiega e le domande che non trovano risposta e che non hanno il coraggio di fare.

Da quel triste 5 marzo quando si chiusero le scuole in fretta e furia anche qui in Abruzzo sono lasciati alla mercé di educatori improvvisati (i propri genitori se va bene, ma più spesso i nonni), giornate stravolte e pochissimo spazio per svagare con l’immaginazione e la loro fisicità esplosiva.

Facciamo un passo indietro e se avrete la gentilezza di leggere fino in fondo queste righe potrò avere il privilegio di cercare di spiegare l’inadeguatezza di chi siede al comando della scuola abruzzese che, dovrebbe, tutelare questi piccoli cuccioli.

E’ il 5 marzo e nel pomeriggio il Governo (con qualche fuga di notizie di troppo) chiude le scuole, la dirigenza scolastica degli istituti primari è così in preda al caos che neanche è in grado di “ordinare” ad insegnati e personale scolastico di “suggerire” agli studenti di riprendere tutto il proprio materiale didattico, libri compresi, per poter continuare a studiare a casa.

Passano giorni senza alcuna comunicazione ufficiale (che vi anticipo arriverà dopo oltre 10 giorni dalla chiusura e neanche a tutti i genitori), nel frattempo, nel buio più completo alcune insegnati di propria iniziativa iniziano un timido lavoro di studio su whatsapp (in pratica lezioni fotocopiate e qualche audio inserito nei “terribili” un tempo gruppi dei genitori).

Arriva una “non ufficiale” richiesta di recuperare i libri negli istituti e i genitori accorrono a scuola per portarseli a casa.

Personalmente il 9 marzo scrivo alla dirigente del circolo dei miei figli, la dirigente Agata Nonnati, le chiedo di far partire la smart school con un minimo di lezioni dal vivo (anche con le esperienze delle scuole del nord Italia che sono in smart school da oltre un mese), non ricevo alcuna risposta.

Così in questi 45 giorni di silenzio assoluto da parte della dirigenza scolastica gli insegnati si improvvisano videomaker, i genitori insegnanti e i bambini cercano di rimanere tali.

Una situazione che non si regge, compiti assegnati alle ore più disparate del giorno e della notte, video storti, fotocopie illeggibili. Tra i più fortunati quei genitori che in casa hanno stampante e wifi (chi addirittura con la fibra) e che possono tradurre la virtualità degli schermi di tablet e smartphone in pagine vere da leggere.

Ad un certo punto le insegnanti erano così sole nel loro voler fare qualcosa, continuare a lavorare, non abbandonare i ragazzi che alcune hanno iniziato a chiamare al telefono personalmente gli alunni, per ascoltare le loro voci e tentare di non perdere quel “filo empatico” che da sempre unisce i bambini alle prime educatrici, le maestre, così simili alle madri insegnanti dei tempi che furono.

Così arriviamo a qualche giorno fa quando in pompa magna, la dirigente annunciava che finalmente era pronta “la piattaforma”, in pratica si utilizza la suite di Google per gestire calendario, impegni, compiti e lezioni sia in differita che in diretta.

Al grido di “meglio tardi che mai” i genitori e le insegnanti pensavano di aver finalmente trovato un luogo unico, comune e accogliente, seppur virtuale per iniziare, nuovamente, la scuola, quella del contatto, dell’empatia.

Addirittura i più piccoli della prima si erano illusi di poter rivedere i compagni “in classe”, poter scambiare due chiacchiere con loro durante una lezione.

Alcuni di loro hanno iniziato a guardare e controllare freneticamente chi entrava nella classe virtuale, a copiarne i nomi in una sorta di appello…

Grande la delusione è stata quando si è compreso, solo poche ore dopo, che non ci sarebbe stata nessuna classe, nessun contatto, che la piattaforma era e sarebbe stata un sostituto di whatsapp e del registro elettronico, ma che nessuna delle innovazioni volte al miglior studio, apprendimento e socialità sarebbero state intraprese.

Non ci sarebbero stati orari da rispettare (che danno una regolarità alla giornata dei bambini e dei genitori), non ci sarebbero stati un programma da affrontare e obiettivi da raggiungere (che riescono a mantenere alta l’attenzione), non ci sarebbero state lezioni in video presenza dal vivo (che “fanno gruppo” e donano una parvenza di normalità allo studio).

Grande è stata la rabbia di genitori, insegnanti, bambini perchè tutti pensavano che in oltre 80 giorni si potesse fare di più e si potesse agire meglio.

Allora io chiedo, non alla dirigente, ma alla direttrice del USR abruzzese, la dottoressa Antonella Tozza, se i nostri figli siano figli di una scuola minore, se noi genitori siamo padri di figli sfortunati se le insegnanti sono lavoratrici mobbizzate.

Vede cara direttrice, di pazienza ne abbiamo avuta tanta, di collaborazione verso l’istituzione scuola ne abbiamo messa in campo a profondere, di speranza, però, ne abbiamo ancora poca.

Vede cara direttrice, vedersi negato un diritto sacrosanto, un servizio che tutti gli altri stanno fornendo per “ordini dall’alto”… già così hanno scritto alcune maestre, tradendo anche lo stress per la situazione… beh questo non è semplicemente svilente, questo annienta la fiducia nei confronti suoi e della scuola.

Allora ci spieghi quali siano questi ordini, ci faccia capire il perchè delle sue scelte, perchè delle scelte della dirigente.

Con la convinzione di poter chiarire la situazione, noi genitori, le insegnanti e i bambini aspettano di poter tornare ad essere partecipi all’interno dell’istituzione scolastica.

 

Luca Di Giacomantonio
padre e direttore responsabile


Oroscopo del Giorno powered by oroscopoore