Pistritto: storia di un onesto in Abruzzo, capo mafia in Sicilia

In carcere con lui è finito anche l'ex Br La Mantia

27 Marzo 2009   11:46  
Ha lavorato per mesi in un cantiere edile a Gissi, nel Chietino, Vincenzo Pistritto, 41 anni, di Gela (Caltanissetta), uno dei presunti affiliati della temibile organizzazione mafiosa che si contrappone a Cosa Nostra. L'uomo, irreprensibile sul lavoro a Vasto Marina (Chieti), dove in tanti, fino all'estate scorsa, lo avevano visto prendere tranquillamente il caffe' al bar, e' stato arrestato stamani in Sicilia, assieme ad altre sette persone, dai carabinieri della compagnia di Gela e del comando provinciale di Caltanissetta. Pistritto, operaio edile con precedenti penali, era stato segnalato ai colleghi siciliani dai carabinieri della compagnia di Vasto e del comando provinciale di Chieti. In Abruzzo nulla da eccepire sulla sua condotta.
Secondo i magistrati della procura nissena, che hanno fatto scattare l'operazione 'Caiman', sarebbe stato proprio lui, Pistritto, il capo di una banda pronta a mettere a segno gia' prima di Pasqua due sequestri di persona. Rapimenti eccellenti: il banchiere siciliano Giovanni Cartia, presidente della Banca Agricola Popolare di Ragusa, indicato come uno degli uomini d' affari piu' facoltosi della Sicilia e l'imprenditore edile gelese, Vincenzo Cavallaro. Con Pistritto, e' finito in carcere anche l'ex appartenente alle Brigate Rosse Calogero La Mantia.
Il blitz e' scattato simultaneamente in Sicilia e in altre due regioni e, come e' stato rivelato dai militari dell'Arma, la scoperta dei due piani e' stata casuale. Grazie ad intercettazioni ambientali per inchieste non legate a fatti di mafia, si e' giunti a scoprire il disegno criminoso dell'organizzazione. Giovanni Cartia era seguito da tempo, tanto che gli indagati ne avevano studiato nel dettaglio movimenti e consuetudini. Dopo accurati sopralluoghi il piano era ormai pronto nei minimi particolari, compreso il covo della prigionia, nei pressi di Comiso, nel Ragusano. Poi, in tempi successivi, sarebbe stata la volta dell'imprenditore Vincenzo Cavallaro o di uno dei suoi piu' stretti familiari. Il denaro ottenuto dai sequestri, secondo gli inquirenti, sarebbe servito per finanziare una nuova impresa edile costituita da gruppi malavitosi, con l'obiettivo di entrare nel settore dei lavori pubblici al Nord Italia. Non escluso che gli indagati fossero pronti anche a rapine a gioiellerie e portavalori.
Pistritto, La Mantia e gli altri sei sono accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa e associazione per delinquere finalizzata alla detenzione di armi ed esplosivi e sequestro di persona a scopo di estorsione, con l'aggravante per tutti di essere un'associazione armata.
Le indagini hanno permesso di ricostruire organigramma e gruppo di fuoco di una banda pronta ad architettare rapine e sequestri anche a Modugno, vicino Bari, e Cremona. L'inchiesta e' coordinata dal procuratore Sergio Lari, dall'aggiunto Domenico Gozzo e dal sostituto della Direzione distrettuale antimafia, Nicolo' Marino. Gli arrestati sono tutti originari del Nisseno e due di loro hanno interessi economici in Puglia e Lombardia, dove sono stati fermati dai carabinieri.

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