Processo al ''Partito dell'acqua'': rinviati a giudizio D'Ambrosio, Angelucci e Cordoma

20 Febbraio 2013   18:03  

L'ex presidente dell'Ato Giorgio D'Ambrosio e' stato rinviato a giudizio dal gup del tribunale di Pescara Gianluca Sarandrea, nell'ambito dell'inchiesta sul cosiddetto "partito dell'acqua" che si sarebbe creato in Abruzzo nell'ambito dell'Ato numero 4 pescarese.

Oltre a lui sono stati rinviati a giudizio anche l'ex sindaco di Montesilvano (Pescara) Pasquale Cordoma, l'ex sindaco di Francavilla (Chieti) Roberto Angelucci, entrambi ex componenti del cda Ato; Vincenzo Di Giamberardino, ex dipendente Ato; Fabio Ferrante, dipendente Ato; Franco Feliciani, ex componente del cda Ato; Gabriele Pasqualone, ex componente cda Ato; i dirigenti Ato Nino Pagano e Alessandro Antonacci; Sergio Franci, ex consulente, Ercole Cauti, imprenditore; il professore Luigi Panzone.

Il gup ha inoltre condannato alla pena di un anno di reclusione Fabrizio Bernardini, segretario generale Ato e della Provincia di Pescara. Bernardini e' stato anche interdetto dai pubblici uffici per un anno.

E' stata invece assolta perche' il fatto non costituisce reato Silvia Robusto, ex dipendente Ato.

Il gup ha poi prosciolto D'Ambrosio, Angelucci, Pasqualone, Cordoma e Bernardini dall'accusa di falso per soppressione.

Gli imputati devono rispondere, a vario titolo, di peculato, corruzione, abuso d'ufficio, falsita' materiale commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, falsita' ideologica, distruzione di documenti, truffa ai danni dello Stato e in violazione dell'articolo 97 della Costituzione.

I fatti si riferiscono al periodo tra il 2003 e il mese di dicembre 2007. Nel mirino del pm Valentina D'Agostino un utilizzo improprio delle risorse economiche e strutturali dell'Ato per fini propri.

Il presidente D'Ambrosio, ad esempio,e' accusato di aver usato l'auto dell'ente per assolvere ai propri impegni politici a Roma, dove si recava in qualita' di parlamentare, con spese a totale carico dell'Ato per cio' che riguarda benzina-telepass e numerose multe al Codice della Strada. D'Ambrosio e' anche accusato di aver comprato la laurea in Economia e Management con la complicita' del professore Luigi Panzone.

Inchiesta Ato Pescara: viaggi, cene e l'acquisto di una laurea tra le spese d'oro di D'Ambrosio

Falso, abuso d'ufficio, soppressione di atti, peculato, truffa ai danni dello Stato, quantificabile in circa un milione di euro e corruzione. Un discreto elenco di reati ipotizzati per i 15 imputati nell'inchiesta sugli sperperi dell' Ato pescarese, in particolare in periodi precedenti al 2007 quando a presiedere l'Ente c'era l'ex parlamentare Pd Giorgio D'Ambrosio.

Spese d'oro per viaggi e cene, perfino l'acquisto di una laurea per D'Ambrosio, ma anche incarichi e consulenze dispensati a piene mani ad amici e alleati politici, per servigi che poteva tranquillamente garantire il personale interno.

In particolare per quattro dei 15 indagati, si é pensato di emettere un provvedimento, alterando la data, che prolungasse dal 2005 al 2009 il loro contratto, pur non avendo i requisiti.

Un dirigente dell'Ato avrebbe affidato incarichi di collaborazione senza selezione per prestazioni professionali ordinarie - precisa il Pm Valentina D'Agostino - eseguibili da personale interno aggravando il bilancio dell'Ente. Ed ancora una consulenza d'oro di oltre 60 mila euro, violando i principi di trasparenza e mettendo a dura prova la tenuta economica dell'Ato.

Ci sono anche consulenze per assessori del Comune dal quale D'Ambrosio proviene, Pianella ed episodi di ordinario falso in atti d'ufficio con abitudinaria modifica delle delibere emesse dal Consigliod'Amministrazione.

Dalle indagini condotte dalla Digos guidata da Leila Di Giulio sono emerse anche numerose assenze dal posto di lavoro non giustificate da parte di diversi dirigenti, mentre tra le parti lese anche la Provincia di Ferrara, capofila di un progetto per la realizzazione di un sistema di fitodepurazione, il cui finanziamento, circa 170 mila euro, viene elargito all'Ato che si affida alla consulenza della società Metron di Ercole Cauti, uno degli indagati. Una consulenza da 25 mila euro che, secondo l'accusa, é stata gonfiata fino alla ragguardevole cifra di 113 mila euro.

 

 


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