Pubblica Amministrazione: tra nuove tecnologie e vecchi problemi

13 Aprile 2007   16:24  
Nonostante i passi in avanti compiuti negli ultimi 10 anni, grazie alle innovazioni introdotte dall’allora Ministro della Funzione pubblica Franco Bassanini, la Pubblica Amministrazione (P.A.) italiana resta un “totem” a volte inavvicinabile e spesso ingestibile. Per memoria di tutti ricordiamo che i principi-cardine della riforma Bassanini consistevano nella delega di molte competenze dallo Stato alle Regioni e agli enti locali, la separazione tra il potere politico, che detta gli indirizzi, e la dirigenza che li attua, l’affermazione del principio d’economicità ed efficienza, l’introduzione del principio di sussidiarietà, per cui nei confronti di un determinato problema interviene per prima l’istituzione più vicina al cittadino e soltanto da ultimo quella più lontana. Molti ritennero, forse a ragione, che la macchina amministrativa non fosse pronta per affrontare tale radicale ristrutturazione, che, prima d’ogni altra cosa, poneva in discussione un modello culturale oltre che l’assetto secondo il quale la P.A. si era strutturata negli anni: centralizzata, statalista, dirigista, scostante, farraginosa nelle procedure, lontana dal cittadino ed irrispettosa del tempo che gli sottrae continuamente. Ma col senno di poi, conoscendo l’italica abitudine a rimboccarsi le maniche solo quando ormai non se ne può fare a mano, si può dire che è stato meglio così e in effetti molte cose sono cambiate. E’ ormai nella consapevolezza di tutti che il cittadino può autodichiarare la maggiorparte delle situazioni che lo riguardano e che sarà la P.A., eventualmente a svolgere accertamenti, in ogni caso nella presunzione che ogni cittadino sta dichiarando il vero, salva dimostrazione contraria da parte della stessa Amministrazione ricevente. E’ finito il mito delirante dei documenti in “originale”, delle dichiarazioni “sostitutive di notorietà”, dei certificati di “esistenza in vita” i documenti viaggiano tranquillamente via fax, mentre per quanto riguarda internet persiste il problema della “firma digitale”, ma è realtà consolidata, ad esempio, il fisco telematico. E’ recentissima la notizia che per aprire un’azienda basterà un solo giorno… L’home banking comincia a prendere piede di pari passo con la diffusione dei computer domestici e molte banche offrono conti on line più vantaggiosi di quelli tradizionali. L’olandese ING Direct propone addirittura una banca esclusivamente digitale e afferma di avere raggiunto i 17 milioni di clienti. Ma torniamo alla nostra P.A…. Cos’è allora che continua a non andare? Se è vero che entro il 2007, come annunciato in pompa magna, tutta la P.A. sarà in “banda larga” e colmerà il gap tecnologico che fino a ieri ci distanziava dai soliti francesi, tedeschi etc, restano da fare gli…italiani o meglio gli impiegati, intendendo per tali l’intero personale, management e dirigenza inclusi. E già… Alzi la mano chi non s’è mai imbattuto in un impiegato, quando non incompetente, maleducato, maldisposto e arrogante, deciso a farti pesare fino all’ultimo quella briciola di potere che gli deriva dall’avere la chiave dell’informazione o della procedura che t’occorre per risolvere un problema o accedere ad un servizio. Ma soprattutto alzi la mano chi non s’è trovato nella situazione d’incontrare nel medesimo ufficio, fianco a fianco con il “mostro” di prima, persone capaci, gentili, disponibili. Allora è un problema di manico? Anche, ma non solo: come sempre da noi le cose sono complicate. Il risultato è comunque una sconcertante assenza di standard: non si è mai sicuri d’incontrare una persona a modo che ti dà le risposte che t’occorrono: apri una porta e sei in Europa, apri quella affianco e sprofondi nel terzo mondo (con il dovuto rispetto). Persone capaci e disponibili lavorano spalla a spalla con incompetenti, raccomandanti a vita, assenteisti e lavativi, condividendo gli stessi spazi e sovente lo stesso stipendio e la stessa qualifica. In assenza di controlli e di reali strumenti di coercizione, il maggiore o minore impegno è affidato alla moralità della persona. Nel corso degli ultimi decenni una classe politica tutta presa dall’obiettivo di perpetuare se stessa in un contesto sociale forzosamente pacificato ha condannato la P.A. ad essere un immenso contenitore clientelare nel quale è finito di tutto, grazie a procedure di reclutamento che, quando non erano addomesticate, erano comunque inadeguate a selezionare effettivamente i migliori, soprattutto nel management e nella dirigenza. La lunga stagione, poi, delle lotte sociali e delle barricate sindacali ha azzerato per molto tempo ogni tentativo di stabilire criteri di merito all’interno della P.A., con conseguente appiattimento dei salari e assenza di stimoli anche nei più volenterosi. Per troppo tempo la P.A. ha stretto con i propri dipendenti un patto scellerato, in base al quale conscia di pagare poco e male chiedeva in cambio poco o nulla, con buona pace degli utenti. Il quadro che ne risulta è tuttora desolante, seppur con un sistema complessivamente migliorato, soprattutto sotto il profilo dei diritti del cittadino. Moltissime realtà assolutamente virtuose, che, però, come detto, vanno cercate a macchia di leopardo, confliggono quotidianamente con altre nelle quali tutto è ancora fermo e il computer sulla scrivania è poco più d’un soprammobile. Come se ne esce? Lavorando sulla strada dell’innovazione tecnologica, dell’ammodernamento delle strutture e dei luoghi di lavoro, ma soprattutto scegliendo le persone più meritevoli, a tutti i livelli, sia nelle assunzioni sia negli avanzamenti di carriera e differenziando in base al merito e alle capacità i salari. Su questo fronte c’è ancora molto da fare e ci vorranno diverse generazioni per raggiungere risultati apprezzabili e soprattutto diffusi in tutto il Paese, perché da un lato c’è chi continua a dispensare posti di lavoro, dall’altro c’è chi continua a chiederli, sapendo di eludere regole e leggi. Guido D’Urbano

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