Rifiutopoli, Piccone (Pdl): l'avviso di garanzia non è una condanna

29 Settembre 2010   13:42  

"All'indomani del dibattito in Consiglio regionale in Abruzzo desidero esprimere apprezzamento per le parole del presidente Chiodi e convinto sostegno per l'azione di rinnovamento che la Giunta e la maggioranza stanno portando avanti nonostante la drammatica emergenza che ha segnato la legislatura". Lo dichiara il senatore Filippo Piccone, coordinatore regionale del PdL in Abruzzo. "Rivendicare il proprio operato - prosegue - proclamare in sede istituzionale la sacralita' dello Stato di diritto a cominciare dalla presunzione di innocenza, e denunciare i pochi processi e le poche sentenze a fronte delle molte inchieste che negli ultimi anni, senza distinzione fra destra e sinistra, hanno investito le rappresentanze democratiche nella nostra Regione, significa essere consapevoli del primato della politica, della sua autonomia e delle responsabilita' delle quali si e' stati investiti dai cittadini. Siamo dunque certi che nessuno, men che mai il presidente Chiodi, abbia inteso inficiare tale consapevolezza stabilendo improprie equazioni tra l'assenza di avvisi di garanzia e la legittimazione a governare, come se un eventuale avviso di garanzia privasse di tale legittimazione e solo l'assenza di indagini consentisse di continuare a onorare a testa alta il proprio mandato. Il presidente Chiodi, come tutti noi, sa benissimo che l'avviso di garanzia e' uno strumento previsto dal codice a tutela delle persone sulle quali l'autorita' giudiziaria ritiene di dover compiere accertamenti; un atto garantista che solo l'orgia giustizialista che da vent'anni a questa parte ha travolto il nostro Paese ha impropriamente trasformato in una condanna preventiva quando non addirittura in uno strumento di interdizione. Insomma, bene ha fatto il presidente Chiodi a rettificare le false notizie che nei giorni scorsi gli sono state attribuite in merito alle inchieste in corso in Abruzzo. Ma siamo certi - conclude Piccone - che con tale precisazione in merito al suo non coinvolgimento egli non abbia inteso mettere in dubbio i capisaldi del diritto e il primato della democrazia, e stabilire impropri automatismi che, contraddicendo il resto del suo intervento, ci riporterebbero indietro di vent'anni".


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