Roma. L'onda umana del precariato sfida cielo e Governo

Intervista a Fabio Di Russo, Slc Cgil

13 Dicembre 2008   14:45  

Roma. Nonostante lo stato di allerta per maltempo, e la défaillance di molti telegiornali che hanno proclamato la revoca dello sciopero generale romano, invece della sola sospensione di quello del trasporto pubblico locale, l’onda umana del precariato italiano si è riversata nello scenario torbido e acquoso della Capitale, marciando decisa e compatta nella protesta contro le misure anticrisi varate dal Governo, ritenute "insufficienti" ad affrontare quella che ormai quasi tutti riconoscono come la prima grande recessione globale del millennio.

Secondo la Cgil infatti, nonostante i primi segni di vera apertura dimostrati dal Ministero dell’Istruzione, come il rinvio della riforma delle superiori al 2010/2011, e la decisione di rendere facoltativa la scelta del tempo pieno e del maestro unico alle elementari, la politica adottata dal Governo contro la crisi dilagante appare ancora ben lontana dall’ atteggiamento intrapreso da altri Paesi come la Francia e L’Inghilterra, dove rilancio degli investimenti e agevolazione dei consumi stanno aiutando le famiglie ad affrontare la depressione occupazionale e il drastico rallentamento dei ritmi produttivi dell’industria.

Tanti i manifestanti non iscritti al sindacato che si sono sentiti rappresentati da questa giornata di pacifica aggregazione sociale contro la precarietà: 200 mila persone a Bologna, 80 mila a Milano, 50 mila a Venezia e Torino. Circa 40 mila a Roma, Firenze, Napoli, Bari e Cagliari, 25 mila ad Ancona e Genova,15 mila a Catania. Stando ai dati della Cgil ad aver onorato le 108 manifestazioni sparse nel Paese sono state un milione e mezzo di persone. Un risultato “ottimo” per il segretario confederale e responsabile d’organizzazione Cgil Enrico Panini, che in una nota ha fatto sapere come in “ tantissime aziende del Paese si sia andati ben oltre il doppio del numero degli iscritti alla Cgil, in alcuni casi persino il triplo”.

Di diverso avviso il ministro della Funzione pubblica Brunetta che, in risposta all’accusa da parte di alcune frange del mondo sindacale di manipolare le cifre relative allo sciopero nazionale, ha commentato: “Non esiste alcuna cifra artefatta, i numeri dello sciopero [...] sono consultabili da chiunque, sia sul sito Internet sia presso gli uffici del dipartimento. Se non fanno piacere a qualcuno il problema è suo, non mio”. Cifre più ristrette anche per Confcommercio la quale ha riscontrato, complice il Natale, un adesione inferiore all’1% all’interno degli esercizi commerciali rimasti quasi tutti aperti. La Confederazione ha parlato di sciopero "inesistente", perlomeno relativamente al proprio settore.



Ma ieri la gente si è mobilitata. A Roma erano presenti tutte le categorie. Anche gli stessi insegnanti e studenti che avevano avuto il loro momento di gloria nelle scorse tappe della mobilitazione sindacale. “Segno che la strada è ancora lunga e che non ci accontenteremo di un piatto di lenticchie”, è quanto ha detto una supplente di lingue alle superiori, citando lo slogan più volte ripetuto da Epifani sull’importanza di non arrendersi, non prima di aver ottenuto "risultati concreti ed equi" per tutti quei precari italiani che lottano ogni giorno per mantenere dignitosa la propria identità professionale, e per conservare intatto il sogno della famiglia, quella che ancora non hanno e che vorrebbero formare.

Nel corso della manifestazione gli studenti si sono uniti ai Cobas, per poi dividersi e raggiungere il Ministero dell’Istruzione in forma di protesta contro la 133. Molto sentita la tragedia di Atene, come dimostra anche l’enorme striscione in memoria del 17 enne ucciso dalla polizia greca nei giorni scorsi “ Lavoro e università, stessa rabbia stessa precarietà. Con Alexis nel cuore”.

La giornata romana si è svolta a ritmo accelerato, la pioggia incessante e gelata, e le piene di Tevere e Aniene hanno abbreviato significativamente il comizio finale della segretaria generale Spi Cgil Carla Cantone, che dopo aver esposto la gravità della situazione occupazionale del Paese, e l’assoluta contrarietà del sindacato a toccare le pensioni in un momento di tale fragilità sociale, ha posto fine ad una mattinata di grande adesione e partecipazione, nonostante i disagi arrecati dal tempo avverso. Mescolati alla folla e ai piedi del palco di fonte al Colosseo, l'ex presidente della Camera Fausto Bertinotti e l'ex segretario di Rifondazione Comunista Franco Giordano, hanno sostenuto l’urgenza di “garantire l'occupazione e creare un modello di sviluppo economico e sociale alternativo”, che dia speranza all’Italia, e la risollevi dallo stato di grave recessione ed emergenza occupazionale dilagante in tutto il territorio.

Presenti all’appuntamento romano, nei pressi del Colosseo, anche alcuni rappresentanti sindacali dei dipendenti Telecom Italia. L’azienda ha da poco proclamato altri 4000 esuberi, oltre i 5000 decisi la scorsa estate. Una situazione definita “gravissima” dalla Cgil, decisa a “rispedire al mittente” una misura giudicata “miope e pericolosa” per la stabilità economica e sociale dei tanti dipendenti dell’azienda che a breve rischiano di ritrovarsi senza lavoro.

INTERVISTA A FABIO DI RUSSO, DELEGATO AZIENDALE RSU TELECOM ITALIA ROMA TERRITORIO DI SLC-CGIL


Ad oggi la situazione della Telecom appare estremamente critica, i primi a pagare saranno i dipendenti. Il numero di esuberi supera le 9000 unità. Che cosa accadrà a questi lavoratori?

“L’otto marzo scorso l’amministratore delegato Bernabè ha dichiarato la volontà di procedere a 5000 esuberi. A parte la scorrettezza di annunciare prima alla stampa, e solo in un secondo momento alle organizzazioni sindacali una così sensibile riduzione del personale, siamo riusciti comunque ad ottenere un accordo di mobilità volontaria e prepensionamento, aperto a quanti nel territorio saranno in grado di maturare i requisiti anagrafici e contributivi necessari per accedere alla pensione, nel prossimo triennio. Venendo ad oggi, Telecom Italia ha annunciato altri 4000 esuberi, 4300 per l’esattezza, dei quali ben 2150 nella Customer Operation. Il grave problema è che stavolta non ci sono i margini per organizzare una mobilità volontaria, quindi si tratterà per lo più di licenziamenti. Nel giro di pochi mesi l’azienda ha dichiarato 9300 persone in esubero, che su una popolazione di circa 58.000 lavoratori si traduce in un taglio di quasi il 15%.

"A tutto questo" continua Di Russo "si aggiunge il peso di una politica aziendale che non rilancia e non investe sul mercato. Il sindacato si aspettava che Telecom investisse miliardi di euro nella rete, come pure ha promesso all’Autorità garante per la Comunicazione, e si attivasse per portare la fibra ottica in tutta Italia, al fine di contrastare il Digital Divide, il divario esistente tra quanti possono accedere alla rete e coloro che ne sono estromessi. In realtà l’azienda sta investendo molto meno di quanto ci si aspettasse. La riorganizzazione punta ancora una volta al taglio del costo del lavoro, alla dismissione di attività pregiate che avremmo preferito rimanessero interne, di quelle estere in Germania e in Francia, riducendo Telecom ad una dimensione “troppo nazionale”, che sicuramente la metterà in secondo piano rispetto agli altri competitors internazionali. ”

Bernabè però ha parlato di esuberi anche nei livelli manageriali della Società. Questa volta la crisi sembra non investa unicamente i dipendenti.

“Si, pare che Bernabè abbia assunto l’impegno di ridurre del 40% la dirigenza Telecom. Uno dei pochi aspetti positivi dell’intera manovra, primo perché il ridimensionamento del costo del lavoro non passerebbe solo attraverso il taglio dei dipendenti - anche se la parte della riorganizzazione che li tocca è da rispedire al mittente – secondo si andrebbe a razionalizzare e a rendere più efficiente un corpo dirigente numericamente sproporzionato rispetto alla quantità di dipendenti che dovrebbe dirigere. Il rapporto tra classe dirigente Telecom e numero di lavoratori alle dipendenze dell’azienda è tra i più alti in Europa.”

In effetti sono stati numerosi gli economisti e gli esperti di finanza che hanno salutato con ottimismo il ritorno di Bernabè ai vertici di Telecom Italia. Ora però i nodi vengono al pettine e non è facile sanare una situazione che versa in stato di profonda crisi da anni…

“Il ritorno di Bernabè in azienda fu accolto in modo assai propizio dagli analisti della Finanza. Si veniva da una gestione, quella di Tronchetti Provera, che ha creato una vera e propria devastazione del patrimonio economico e finanziario di Telecom. Acquistandola a debito esattamente come fece Colaninno, e gravando del debito contratto la stessa azienda, Provera non ha fatto altro che redistribuire ogni utile agli azionisti, anche a se stesso essendo l’azionista di riferimento, e deprivando la società di risorse che andavano investite nella rete e tra i lavoratori. Ora sembrerebbe che Bernabè abbia preso l’impegno di limitare la distribuzione degli utili agli azionisti per almeno tre anni. ”

In che misura gli esuberi annunciati andranno a migliorare la situazione economica di Telecom?

“Si tratta di una scelta miope perché il costo dell’operazione all’interno del piano industriale sfiora appena il 5%. In realtà il risparmio ottenuto dal taglio degli oltre 4000 stipendi non è assolutamente in grado di risollevare la sorte finanziaria di Telecom. E’ come accanirsi su un corpo già devastato: non è più possibile ricorrere alla mobilità volontaria perché è un fenomeno che si sussegue già da una decina di anni, e le persone che avevano le caratteristiche per accedere a questo tipo di istituto non ci sono più. L’accordo di settembre sui 5000 esuberi è stato sofferto e non del tutto condiviso da lavoratori e forze sindacali: questa ulteriore riduzione esula da qualsiasi possibilità di accordo tra Cgil e Telecom”.





Giovanna Di Carlo


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