Secondo Confesercenti pagheremo 1.450 euro in più a famiglia in questo 2012

21 Novembre 2012   10:44  

Nel 2012 la pressione fiscale tocchera' il 44,7% del Pil, con un balzo di 2,2 punti rispetto al 2011: in un anno, insomma, gli italiani avranno pagato 35 miliardi in piu', per effetto delle tre manovre che si sono succedute da meta' 2011. Si tratta di 1.450 euro in piu' a carico di ciascuna famiglia.Il dato emerge da una ricerca della Confesercenti, secondo cui il nostro Paese si colloca al terzo posto (dopo Danimarca e Svezia) fra i 27 paesi dell'Unione Europea, con un distacco di ben 5 punti rispetto alla pressione fiscale media. Questo significa che se in Italia il livello di prelievo fosse uguale a quello medio europeo, ogni famiglia disporrebbe di un reddito aggiuntivo di 3.400 euro, ossia quasi 10 euro al giorno.

Nel 2013 poi la pressione fiscale aumentera' ancora, portandosi al 45,3%. Altri 9 miliardi in piu', altri 380 euro a carico di ciascuna famiglia italiana. Ma il futuro rischia di riservare altre sorprese, sul versante delle imposte locali. Il passato ci dice che fra il 2000 e il 2011 il prelievo di regioni, province e comuni e' aumentato del 41% rispetto al 34% del resto della pubblica amministrazione (Stato ed Enti di previdenza). Il futuro rischia di confermare questa "devianza" degli Enti locali, considerato che la facolta' di aumentare le "imposte proprie" accordata dai decreti attuativi del federalismo fiscale si accompagna alla necessita' degli stessi Enti di sopperire ai tagli dei trasferimenti statali. Non va dimenticato infine che in 12 anni di manovre si sono registrati 103 miliardi di aumenti netti fra 2001 e 2012.

Le Pmi individuali, prosegue Confesercenti, scontano, come i dipendenti, la morsa dell'Irpef e delle addizionali locali e sono esposte (artigiani e commercianti) a un prelievo contributivo in aumento di 1,5 punti quest'anno e, progressivamente, di ulteriori 2,5 punti fino al 2018. In piu', in presenza di dipendenti, sono soggette a Irap. Le Pmi organizzate come societa' di capitale, scontano un'aliquota di prelievo (Ires e Irap) "implicita" del 35,2%, che pone l'Italia al primo posto nella graduatoria Ue, con ben 13,5 punti in piu' rispetto al livello medio. Inoltre molte Pmi (in quanto imprese) sono state colpite dall'Imuche investe i locali di proprieta' destinati all'attivita' dell'impresa. La nuova imposta e' stata applicata ad aliquota piena (7,6 per mille), abolendo lo sconto (dimezzamento) previsto con l'Ici e, inoltre, si e' data facolta' a ciascun comune di aumentare la tassazione fino al 10,6 per mille. 
Anche l'aumento dell'Iva finisce per incidere sugli utili d'impresa. Da un lato perche' determina una caduta dei consumi e del fatturato. Dall'altro perche' - soprattutto in un periodo di crisi - le Pmi sono costrette a tenere a proprio carico l'aumento, per non correre il rischio di deprimere ulteriormente i consumi. E' quanto accaduto nell'autunno 2011 (Iva dal 20 al 21%); e' quanto rischia di avvenire da meta' dell'anno prossimo se non si azzerera' il nuovo aumento gia' deciso (aliquote dal 21 al 22%). La ricerca sottolinea quindi alcuni aspetti particolari come l'introduzione della tassa soggiorno che ha pesato l'anno scorso per oltre 1 miliardo (1.067 milioni) su un settore che potrebbe rappresentare un vola'no per l'economia italiana. Si e', invece, ulteriormente ridotta la capacita' delle nostre aziende turistiche di competere con quelle di paesi come la Spagna, la Francia e dell'Est europeo. Una perdita di competitivita' gia' colpita da aliquote Iva che sul nostro turismo sono superiori di 2/3 punti rispetto agli altri paesi Inoltre va considerato il continuo aumento delle accise sui carburanti, che ha trovato nel ddl stabilita' la sua ciliegina: la trasformazione in "strutturali" (non piu' provvisori, insomma) degli aumenti decisi per far fronte al sisma in Emilia-Romagna e zone limitrofe. Un aumento che e' accompagnato da una sorta di "imposta sull'imposta", considerato che l'Iva colpisce anche la parte di prezzo costituita dalle accise.

Ma al peso delle imposte si aggiungono i costi sostenuti per adempiere al proprio dovere. La burocrazia rappresenta una vera e propria zavorra: per le famiglie come per le imprese. Per le Pmi, in particolare, dei 26 miliardi di costi complessivi annui stimati dal Dipartimento della funzione pubblica (e riportati nel Def), poco meno della meta' (10 miliardi) sono oneri sostenuti per gli adempimenti fiscali (amministrativi, rapporti con gli uffici, tenuta contabilita', versamenti): quasi il 50% in piu' di quanto si registra nella media dei paesi Ue. Un costo plausibile, di fronte alle 694 scadenze annue con cui devono confrontarsi le imprese, che Confesercenti ha calcolato per il 2001. D'altra parte, che il nostro sia un paese con un'elevata oppressione fiscale lo conferma l'indagine svolta ogni anno dalla Banca Mondiale che, stilando la graduatoria sulla complessita' degli adempimenti fiscali in 183 paesi, colloca l'Italia al 133esimo posto, stimando che ogni azienda vi dedichi l'equivalente di 285 ore di lavoro l'anno: il doppio di Francia e Olanda, il 50% in piu' di Spagna e Germania; 60 ore in piu' della media europea.


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