Sei Nazioni, Italia - Scozia 13 a 6: "cucchiaio di legno? No Thanks"

17 Marzo 2012   15:50  

L’Italia vince e rinuncia volentieri al cucchiaio di legno, lasciandolo tra le mani degli scozzesi.

13 a 6 il risultato finale che sancisce l’unica vittoria italiana nel Sei Nazioni 2012.

Non una partita bella, ma di quelle vinte con i denti e con la giusta dose di rabbia. Il primo tempo non aveva premiato la grande mole di gioco azzurro, stabilmente in zona di attacco, ma che non si concretizzava quasi mai se non nell’unico calcio di Bergamasco. Il 3 a 3 dei primi quaranta minuti proiettava nel cielo dell’Olimpico un enorme cucchiaio di legno, sintomo degli incubi dei 72.000 spettatori.

La ripresa si apre sotto un’altra stella. Non lo vogliamo questo dannato cucchiaio e lo capisci quando dopo trenta secondi ci piazziamo nella ventidue scozzese e non c’è modo di tirarcene fuori. Azione insistitia, continuo attacco della linea del vantaggio, palla allargata sulla destra per Venditti, che incrocia come un fulmine sbucato fuori da chi sa dove e vola a schiacciare in mezzo ai pali: esplode il boato della folla italiana affetta dalla sindrome del cucchiaio. Burton trasforma e arriviamo al break. 10 a 3.

La Scozia prova a reagire, ma oggi non è proprio aria. Come quando al 49’ rubiamo una palla in touche e la perdiamo solo a pochi passi dalla meta. L’Italia controlla il match e mostra qualche segno di cedimento solamente in mischia, dove la costola dolorante di Castrogiovanni non aiuta il lavoro del pacchetto italiano.

Bisogna arrivare al 60’ per vedere la Scozia smuovere il risultato con Greig Laidlaw che centra i pali da posizione agevole. 10 a 6. + 4 sugli scozzesi. Nessuno lo dice ma tutti temono che anche quest’anno ci stiamo apprestando ad arricchire la nostra già ampia collezione di stoviglie legnose.

Ma non ci pensiamo e concentriamoci su Ongaro, che al 56’ lascia il posto a D’Apice, salutando partita e carriera (dopo 80 caps in nazionale ha deciso di abbandonare gli azzurri): standing ovation.

E il cucchiaio? E’ ancora lì che incombe, del resto basta una meta. Sei lì che cerchi di controllare il match, ti sfugge una palla, imbecchi un intercetto e ti ritrovi di nuovo a contemplare l’umiliante premio.

Ma non quest’anno. No, quest’anno non lo vogliamo proprio. Ci pensa Burton a fugare gli incubi: drop al 77’ e Italia che torna a dstanza di break.

Tre minuti di finta sofferenza (controlliamo bene l’ovale), calcio per gli azzuri, palla che vola in touche e lo stadio può urlare.

Oggi si festeggia, oggi non ce lo prendiamo il cucchiaio, sarà anche ora di pranzo, ma col cucchiaio non ci facciamo niente, noi mangiamo gli spaghetti.

Matteo De Santis


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