Sisma. La mia preghiera

08 Aprile 2009   11:51  

Proseguono incessantemente i soccorsi ai terremotati d'Abruzzo. Viveri, indumenti, farmaci e cure mediche stanno man mano giungendo agli sfollati. In questa giornata di sole seguita da un'altra nottata all'insegna della paura numerosi sono stati i ritrovamenti, gli applausi, le sconfitte, i drammi umani di un popolo che mai si sarebbe aspettato l'Irpinia in casa propria. Nella Regione verde offuscata dalle polveri e dal dolore della perdita giungono da ogni parte d'Italia gli aiuti dei connazionali. "Dove posso versare un aiuto per l'Abruzzo?" mi ha chiesto spassionata la madre del mio compagno Maria. Pensionata e infaticabile lavoratrice è rimasta incollata al video nella sua casa di Itri(Latina), per partecipare emotivamente e mentalmente alla tragedia che ha sfiorato i propri parenti di Trasacco (Avezzano) e Pescara. Vive con poco ma desidera aiutare.

La mia vicina di casa Santina domenica è caduta. E' romana. I dottori le hanno detto di rimanere a letto immobile. Poco fa ha mandato suo marito Carlo a chiamarmi, per chiedermi se qualche mio parente fosse rimasto vittima del disastro. "Fortunatamente no, grazie" le ho risposto. Ha tanta energia e vorrebbe evadere dal quotidiano, ma questo terremoto l'ha scossa troppo, non riesce a distrarsi, passa la propria convalescenza tra un tg e l'altro in attesa di notizie più speranzose. Ha tre figli, ognuno allevato con il sudore della fronte e il sangue delle viscere. E' una madre, e non tollera la visione di un figlio morto sotto le macerie. Ma vuole vedere, deve ascoltare: tra l'Aquila e Roma passa un soffio di vento, c'è un legame stretto, fraterno, indissolubile. Ieri sera il Ministro Sacconi ha dovuto chiedere lo stop delle donazioni di sangue presso gli ospedali della Capitale: la gente è accorsa in massa. Mai in 10 anni di vita romana ho visto tanto altruismo per gli abruzzesi. Mi ha commosso.

Quando la prima scossa ha lacerato la terra che ospita Abruzzo24ore, la redazione per la quale corrispondo ogni giorno da Roma, mi trovavo con il mio compagno Vincenzo a Itri, vicino Gaeta. Erano le tre passate e il mobile tv accanto al divano letto dove stavamo dormendo ha preso ad ondeggiare violentemente. "E' il terremoto" ho detto io, Vincenzo mi ha risposto di no, che non poteva essere, poi ha guardato il lampadario, e ha capito. Un'ora dopo ha squillato il cellulare: mia madre e mio fratello, residenti in via Milano a Pescara sono usciti di corsa assieme ai vicini sul lungomare . La casa ha tremato per quasi una trentina di secondi, mia madre non ricordava un evento di tale intensità da circa 30 anni, 29 per l'esattezza, quando nella nostra casa di allora, in Puglia, ci raggiunsero le violente vibrazioni del sisma che sconvolse l'Irpinia, in Basilicata. Ora mia madre si rifiuta di festeggiare la Pasqua. "Sono morti troppi bambini" ha detto, e di certo non sarò io a fermare questo sano, legittimo momento di raccoglimento che lei ha chiesto di osservare.

Dopo aver sentito la mia famiglia anche il mio caporedattore è riuscito a raggiungermi, mi ha chiesto se stavo bene e in quel momento l'immagine della nostra redazione in via Aldo Moro mi è balenata nella mente. Tutti i miei colleghi hanno combattuto ogni giorno per informare i cittadini abruzzesi, la paura di non poter svolgere il nostro lavoro ci ha colti impreparati, ma siamo qui e ancora più di prima saremo al servizio di chi vuole sapere, conoscere, capire i drammi e le speranze di questa Regione gioiello che sta magnetizzando la solidarietà di tutto il mondo.

Mio zio Enrico, marchigiano, ha appreso della tragedia nella sua casa di Instambul. Come tanti abruzzesi ha costruito la propria fortuna all'Estero. Ieri mattina sua moglie Ornella -che come mia madre si è affacciata alla vita a Bussi Officine- l'ha visto piangere come un vitello di fronte alla televisione. E' stato ingenere chimico alla Montecatini di Bussi, ha sposato una donna abruzzese e con lei questa terra meravigliosa. Quando viene a trovare mia nonna a Capestrano, gira tutta la valle in bicicletta inebriandosi di profumi, colori e sapori che solo l'Abruzzo sa dare. Mia nonna dal canto suo ha già dettato a tutto il clan la propria ferrea volontà di restare nella sua casa capestranese, in via d'Ofena. Succeda quel che succeda è a Capestrano che è nata e là intende finire i suoi giorni.

Io davvero non me lo aspettavo. I miei colleghi hanno più volte scritto delle numerose scosse che da tempo facevano vibrare il territorio aquilano, hanno persino fatto inchieste su quanto di vero potesse esservi nelle dichiarazioni di Giuliani. Il terremoto è arrivato, e il silenzio ha preso il posto delle domande. Abbiamo scritto della petrolizzazione, degli scandali, dei fondi destinati alle famiglie, delle opere pubbliche, di quelle simboliche come la fontana di Toyo Ito, ceduta quasi profeticamente sotto i colpi di una politica troppo lontana dalle persone e ancora risucchiata dalle logiche di partito, dalle ideologie, dalle malefatte di uomini che ancora non sapevano, evidentemente, cos'è il dolore. Si muoveranno adesso, a compassione di questa Regione ferita?

Nel mio cuore la preghiera è una sola: che tutto questo scempio cambi le coscienze dei potenti. Ma anche di quella gente che dal proprio orticello adesso dovrà volgere lo sguardo altrove: alle rovine di un capoluogo troppo spesso trascurato, alla tragedia di chi ha perduto la ricchezza più grande, a chi ancora non sa e non vorrebbe sapere, e a chi l'altra notte e questa mattina, ha coraggiosamente abbandonato la propria zona di comfort per lanciarsi nei soccorsi e rispondere all'appello della vita, per essere d'aiuto, consolare, abbracciare, sostenere, per testimoniare come ogni tragedia collettiva nasconda sempre la possibilità di una rinascita.   


gdc

 

 


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