Studio Aperto a L'Aquila, Caporale: "Dai giornalisti che arrivano qui maggiore onestà professionale"

22 Novembre 2011   18:37  

L'Aquila come è o meglio come la si vuol vedere, l'Abruzzo come non deve essere. Questo è apparso in due servizi del Tg di Studio Aperto nelle edizioni del 21 e del 22 novembre. 

Anzitutto una notazione "Abruzzo" si scrive ancora ancora con UNA SOLA "B".

Visi sereni, positivi commenti di una presumibile vita serena, una giornalista che racconta di persone che vivono bene in "quartieri" del progetto Case, da dove "facilmente si raggiungono farmacie, scuole". Certo, sottolinea la giornalista, "la rimozione delle macerie rallenta la ricostruzione" ma in fondo la città è viva. 

Ne abbiamo parlato in questa intervista telefonica con il giornalista di Repubblica, Giuseppe Caporale: "Ciò che ci aspettiamo dai colleghi che arrivano in città è maggiore onestà professionale. Non giudico il lavoro dei colleghi, ma chiedo maggiore attenzione per una città in cui è conclamato lo stato di coma sociale, in cui ho visto soffrire tanti nell'essere costretti a recarsi solo nei centri commerciali."

La città che appare nei servizi, secondo il nostro modesto parere, è viva nel bar e nel negozio che sono stati riaperti in centro storico, viva nel "preferire" fare acquisti nel centro commerciale, viva nel veder ricostruita porta Bazzano.

"Quello che emerge dai servizi - dice Caporale- semplicemente non è la realtà, non basta venire qui e prendere uno spunto, quello può bastare a chi vive a L'Aquila. Chiunque viene qui si rende conto della realtà. Studio Aperto lavora su una concessione pubblica e il cittadino ha il diritto di vedere la realtà. Si può sbagliare anche io ho sbagliato, ma serve onestà."

"Non giudico i colleghi - dice ancora Caporale- ciò che dico è un parere personale, ma dai servizi non emerge ciò che si vede."

Dai servizi di Studio Aperto esce una realtà che potremmo definire edulcorata, ma non è così. E' una visione semplicemente parziale, nel senso che coglie solo una parte della realtà. Non racconta, ma forse lo farà in seguito, vogliamo sperare, di oltre 200 famiglie dilaniate dal dolore di 309 vittime, scomparse non solo da questa terra ma anche sotto il sole splendente dell'Aquila andata in onda su Italia1 il 21 novembre. Non racconta dei lavori di ricostruzione fuori dal centro storico, che procedono con inesorabile lentezza. Non racconta di persone con stress post traumatico che testimoniano nei processi delle oltre 150 inchieste sui crolli. Non racconta di anziani che dopo il terremoto sono morti, in tantissimi, per la solitudine, per la mancanza di prospettive. Non racconta di una società dilaniata, spappolata in cui non si sa più dove recarsi per incontrare un volto vecchio o nuovo che racconti di vita vissuta e non di sopravvivenza.

Si potrà dire che è difficile fare ciò senza stare in questa realtà. Sì vero, ed è questo che chiediamo ai giornalisti che vengono a L'Aquila. Chiediamo di non improvvisare storie superficiali, chiediamo l'impegno di guardare oltre il sorriso della signora "che ha appena preso il caffè al bar" perché a guardarli bene i suoi occhi si capisce che dietro il caffè e la tappa al macellaio, altro non c'è e vorrebbe raccontarlo ad un microfono ad una telecamera disposta a darle voce.

O magari non sarà lei a raccontarlo, ma basta recarsi nei "quartieri" del progetto Case dove sono troppi gli individui che camminano da soli, cercando di ritrovare pace e serenità  nel gesto del cammino, cercando di non farsi sopraffare dal fatto che camminando camminando non incontrano nessun luogo di ritrovo e nessun punto di riferimento.

L'invito alla redazione di Studio Aperto è di fare accompagnare i propri giornalisti da qualche aquilano a girare per la città: non sarà affatto difficile cogliere il silenzio, l'annichilimento, la durezza del vivere in un luogo dove il nome città è tutto da re inventare.

Qui il primo servizio di Studio Aperto 21 novembre 2011 dal titolo discutibile "I luoghi della rinascita".

L'Aquila riprende lentamente a vivere 22 novembre 2011

"Gli aquilani sono in coma vegetativo -conclude Caporale - e dispiace che quelle poche volte che si accendono i riflettori su L'Aquila non si racconti la realtà."

(B.B.)


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