"Su Lusi sapevano tutti, anche il segretario che non poteva non accorgersi"

di Marco Esposito

03 Febbraio 2012   13:13  

Intervista a tutto tondo sul "metodo Lusi" quela che l'Espresso pubblica oggi a firma di Marco Esposito e che noi vi riproponiamo integralmente:

«Io ho combattuto il 'metodo Lusi' qui in Abruzzo, denunciandolo, e ora non sopporto che si parli di un fulmine a ciel sereno, che si è abbattuto all'improvviso su di noi. L'utilizzo illimitato dei fondi della Margherita, al di là dei 13 milioni, era evidente a tanti.

Adesso qualcuno cade dalle nuvole. Io non voglio far parte di questo coro».

Michele Fina ha 33 anni, è stato segretario del Pd a L'Aquila, e prima ancora dei Democratici di Sinistra. Oggi fa parte del dipartimento cultura e informazione del Partito Democratico e sicuramente non può essere accusato di essere un anti-Lusi dell'ultima ora, visto che nella sua regione le sue polemiche contro lo strapotere del tesoriere margheritino sono di lunga data.

L'interesse di Luigi Lusi per l'Abruzzo risale al 2007, anno di fondazione del Pd. Lo sbarco del senatore è di quelli che nella Marsica ancora ricordano. Appena arrivato, rivendicò di essere originario del posto, poi ottenne, contro ogni regolamento e grazie alle pressioni del gruppo dirigente nazionale, di dar vita ad una propria lista per l'Assemblea Nazionale. Qui ancora si parla, stupiti, dell'organizzazione faraonica che contraddistinse la lista di Lusi: cene in ristoranti di lusso, convention con Francesco Rutelli, iniziative dispendiose, auto blu, segretarie, assunzioni .

«Una forza economica che da queste parti non si vede neanche per le elezioni nazionali», raccontano i piddini locali. I risultati di tanta potenza furono subito evidenti: da perfetto sconosciuto che era fino a poco prima, Luigi Lusi con la sua lista prese quasi gli stessi voti della lista di Ottaviano del Turco (un pezzo da novanta in Abruzzo, allora presidente della regione) o di Michele Fina, allora segretario dei Ds.

Ai 50 seggi delle primarie Lusi aveva due persone per ogni gazebo a cui arrivava anche il sacchetto con il pranzo. Un'organizzazione davanti alla quale le altre impallidivano.

Fina, ma queste cose lei le ha viste?

«Viste e fatte notare a chi aveva responsabilità politiche ed organizzative di livello superiore. Noi ci siamo battuti contro Lusi sul territorio per anni. E' stato un confronto-scontro spesso leale, qualche volta sleale, che abbiamo sempre condotto in assoluta solitudine. Coloro che potevano vigilare ed approfondire hanno avuto un atteggiamento pilatesco ed oggi dovrebbero usare parole un po' meno veementi e se possibile anche un pizzico di autocritica».

Perché, da Roma cosa le rispondevano?

«Abbiamo denunciato diverse anomalie, a partire dal tesseramento gonfiato, ottenendo il commissariamento ma non una verifica approfondita. A quel punto, per il bene della 'ditta', decidemmo di porre fine a una querelle che aveva stremato tutti, continuando comunque a tenere botta nei mesi a seguire. Tuttavia per Roma eravamo solo una provincia inguaribilmente rissosa e Lusi era un potente da non infastidire troppo».

Anche per questo Lusi cercava di farla fuori?

«Io e Lusi siamo stati fin dalla nascita del Pd su fronti opposti, con due idee di partito radicalmente inconciliabili. Certo, lui disponeva di mezzi economici che sono sempre apparsi eccessivi e che non vedevamo solo noi. Aggiungo tuttavia che con lui c'erano anche persone di valore che sono tutt'ora dirigenti locali del partito e che spero lo restino».

Lusi era un potente intoccabile, quindi?

«Non è stato solo 'il mago della legge mancia' la quale andrebbe comunque definitivamente abolita e mai più riproposta. Nel partito locale ha ricoperto un ruolo di crescente rilievo: ad esempio ha capeggiato col presidente Marini la mozione Franceschini, concorrendo a definire l'accordo unitario regionale».

Ma Franco Marini, esponente di primo piano della Margherita anche lui abruzzese, che rapporti aveva con Lusi ?

«Nella prima fase dopo la nascita del partito non si sopportavano. Marini pose il veto ad una sua candidatura in Abruzzo, e Rutelli lo dirottò in Liguria. Poi ha prevalso l'esigenza di mediare ed unire il gruppo dirigente regionale. In Abruzzo nel Pd non avviene nulla senza che Marini lo ispiri o ne sia a conoscenza. Io ed altri siamo rimasti sulle nostre posizioni passando per estremisti. Sorprende quindi leggere oggi che il gruppo dirigente locale dica che nessuno si fidava di lui».

Se non fosse stato scoperto, al prossimo giro Lusi sarebbe stato ricandidato dal Pd?

«Senza discussione alcuna. Era il candidato al Senato per le prossime elezioni, punto e basta. Con lui in molti hanno definito accordi a strategie politiche per il futuro. Certo, il Pd non c'entra niente con i 13 milioni e con l'appropriazione indebita. Ma non guasterebbe anche un esame di coscienza sull'insufficiente efficacia dei meccanismi di controllo interno. Insomma, i tanti iscritti oggi disorientati avrebbero bisogno di un segnale forte e di azioni concrete verso regole più stringenti».

Lei ha detto che Rutelli partecipava alle iniziative elettorali di Lusi, che molte cose erano sotto gli occhi di tutti. Pensa che l'ex leader della Margherita dovrebbe ritirarsi dalla vita politica?

«Guardi, io ho svolto il compito di segretario locale per tanti anni e se il mio tesoriere avesse fatto qualche sciocchezza ne avrei risposto persoalmente. Altro che parte lesa! Lusi, prendendo su di sé tutte le responsabilità, è stato più dignitoso. Ma il tesoriere di un partito è l'ombra del segretario politico. La domanda è: un leader che non sa scegliere il proprio tesoriere può dare assicurazioni sulla sua capacità di governare un Paese?».


Oroscopo del Giorno powered by oroscopoore