In Italia il crollo delle borse ha interessato meno di una famiglia su
5, coinvolgendo soprattutto quelle più ricche. La crisi della
cosiddetta economia reale con il conseguente aumento della
disoccupazione, sono invece problematiche inerenti alla maggior parte
dei nuclei familiari italiani, specialmente ai più deboli. Le prime
grandi riduzioni del personale stanno cominciando a mietere vittime, ed
i primi ad esserne colpiti sono i circa 4 milioni e mezzo di lavoratori precari.
Il motivo? Semplice da capire. Quando un lavoratore ha un contratto a
termine, e le aziende vogliono interrompere il rapporto di lavoro, non
devono neanche fare la fatica di licenziarlo: è sufficiente non
rinnovare il contratto alla scadenza. Un fenomeno in crescita che va a
colpire quel tipo di lavoratore mal retribuito, che non può accedere a
forme di ausilio statale quali gli ammortizzatori sociali, e che è
spesso escluso da ferie pagate, maternità e a volte persino dalla
possibilità di entrare in malattia. In altre parole, il precario.
GLI ESPERTI LO CONSIGLIANO
Tito Boeri, professore ordinario di Economia alla Bocconi e collaboratore di Repubblica, e Pietro Garibaldi professore straordinario di Economia Politica presso l’Università di Torino, entrambi redattori della voce.info,
hanno recentemente spiegato le misure che il Governo potrebbe
intraprendere per evitare che la nuova recessione produca un “brusco
aumento della povertà e delle disuguaglianze” sociali.
Secondo l’analisi da loro realizzata la detassazione degli straordinari
che il Governo intende mantenere anche nel 2009, si tradurrebbe in una
riduzione dell’occupazione. A dimostrarlo un recente studio di Banca
d’Italia, nel quale viene evidenziato come il 25% delle imprese che
intendono fruire di tale misura, di fatto diminuirà le assunzioni.
L’estratto dell’articolo pubblicato dai due economisti chiarisce
l’insufficienza delle politiche finora attuate in materia di
disoccupazione. “L’unica misura sin qui varata dal governo è stata
l’incremento di circa 100 milioni della
dotazione del fondo che deve erogare indennità di disoccupazione “in
deroga” alla normativa esistente. È un fondo istituito per favorire
specifici gruppi di lavoratori con maggiore peso negoziale-elettorale,
come i lavoratori del tessile di Varese, cui era stato concesso
l’accesso ai sussidi sotto il ministero di Maroni. Questi fondi
peraltro vengono utilizzati spesso “in proroga” anziché “in deroga”, a
favore dei disoccupati di serie A, quelli che già oggi accedono alla
cassa integrazione.
Ci saranno, comunque, alcune estensioni selettive ad alcune piccole
imprese, limitatamente ai fondi disponibili. Ma chi deciderà chi può
accedere e in base a quali criteri?”.
I due docenti universitari insistono sull’urgenza di introdurre un
sussidio unico di disoccupazione, al quale si acceda a prescindere dal
tipo di contratto con il quale si è stati impiegati.
CONTRATTI A TERMINE: TROPPI E MAL GESTITI
Naturalmente tale misura sarebbe finanziata dai contributi versati da
tutti i tipi di contratto. “Un meccanismo bonus- malus” andrebbe ad
incrementare i contributi al fondo di disoccupazione per quelle imprese
che ne fanno uso più assiduamente. Mentre si potrebbero aumentare i
contributi assicurativi alle società che mostrano di utilizzare i
contratti a termine indiscriminatamente.
A chi obietta che non ci sono abbastanza risorse per riformare gli
ammortizzatori sociali, i due economisti rispondono che per introdurre
il sussidio unico “è sufficiente utilizzare quelle che erano state
destinate in via sperimentale alla detassazione degli straordinari”, aggiungendo che “Gli italiani sono i cittadini europei, dopo gli ungheresi, che si sentono maggiormente a rischio di povertà:
un italiano su tre si sente vulnerabile. Anche politici interessati
solo alla loro rielezione dovrebbero pensarci due volte prima di
rimandare nuovamente questa riforma”.
IN GERMANIA
Dal 1° gennaio 2005 è in vigore la nuova legge sulle prestazioni di disoccupazione, conosciuta come HARTZ IV.
Tale legge si pone come obiettivo quello di modernizzare il sistema
sociale tedesco, riformarmando i metodi e le prestazioni inerenti al
collocamento nel mondo del lavoro delle persone disoccupate. Nello
specifico la legge prevede la combinazione dei sussidi di
disoccupazione con quelli sociali (Arbeitslosengeld II). Il principio
generale di questa disposizione è che nessuna offerta di lavoro possa essere rifiutata. Chi rifiuta un'offerta d'impiego viene infatti sanzionato tramite la perdita dello stesso diritto al sussidio.
Con la nuova riforma sulla disoccupazione, dopo 12 mesi (18 mesi per i
disoccupati sopra i 55 anni d'età),i cittadini che versano ancora in
stato di disoccupazione percepiscono un assegno di 345 euro mensili nei Vecchi Länder, e di 331 euro nei Nuovi.
L'ammontare del sussidio non si basa più, come avveniva in passato, sull'ultimo stipendio/salario netto percepito, ma sul fabbisogno della persona disoccupata. Inoltre - altra caratteristica del sistema tedesco- anche i valori dei beni immobili
e mobili posseduti dal disoccupato influenzano l'ammontare del sussidio
spettante, il tutto in un'ottica di profonda verifica della situazione
individuale come forma di rispetto nei confronti della collettività.
Una dimensione per molti versi sconosciuta al Paese Italia, dove il
timore che lo smidollato rubi allo Stato penalizza tutti quei
lavoratori in stato di indigenza e difficoltà reali.
L'ALLARME DI CONFINDUSTRIA
507 mila posti di lavoro in meno entro il 2010, il 2,2%
dell'occupazione totale in Italia. A lanciare l'allarme è il Centro
Studi di Confindustria che attraverso le dichiarazioni della
Marcegaglia chiede al governo di stanziare risorse concrete affinchè la
crisi in corso non aggravi ulteriormente il cattivo stato
dell'occupazione italiana. Considerando i dati sui lavoratori
attualmente in cassa integrazione e pertanto solo formalmente "impiegati", i posti di lavoro perduti sarebbero addirittura 867 mila e ossia il 2,8% degli occupati.
Cattive notizie anche sul fronte del Prodotto interno lordo che quest'anno diminuirà del 3,5% invece che del 1,3
previsto a dicembre. Non godono di maggiori prospettive i conti
pubblici, per i quali è stato previsto un forte peggioramento: gli
analisti del Centro studi indicano per quest'anno un aumento del
deficit pari al 4,6% del Pil a fronte del 2,7% registrato nel 2008. valore che tuttavia dovrebbe iniziare a decrescere nel corso del 2010(4,3%). In vistoso aumento anche il debito pubblico che dal 105,8% del Pil rilevato nel 2008, arriverà al 112,5% nel 2009 fino a toccare il 114,7% nel 2010, un dato di poco inferiore a quello osservato nel 1998.
Unica buona nuova la diminuzione dei prezzi. la riduzione di spesa che
le famiglie italiane otterranno quest'anno in bolletta, in seguito al
calo dei prezzi dei prodotti energetici, è stato valutato pari a circa 850 euro. Un risparmio che complessivamente varrà 35 miliardi di
euro. Una tendenza riscontrata anche nell'ambito dei prestiti per la
prima casa: conseguentemente al calo dei tassi d'interesse, le famiglie
che hanno acceso un mutuo a tasso variabile potranno infatti contare
nel 2009 su un risparmio di circa 3.200 euro.
Meno ottimista il sindacato degli inquilini che negli ultimi giorni ha
bollato il Piano casa elaborato dal Governo come "Piano per
l'edilizia", e pertanto esplicitamente insufficiente ad assicurare quel
diritto all'abitazione che gli italiani si aspettano in tempi talmente
difficili: la famiglie che negli ultimi 5 anni hanno subito lo sfratto
per via dell'enorme incidenza che l'affitto ha sul reddito percepito
sono state circa 100 mila.
Segno che la precarietà non riguarda più soltanto il posto di lavoro,
ma anche gli ambiti più elementari connessi ai bisogni primari del
cittadino.
Giovanna Di Carlo
La vignetta è di Gibellina