Sussidio unico per i precari, una soluzione per la crisi?

Intanto Confindustria lancia l'allarme

26 Marzo 2009   17:18  

In Italia il crollo delle borse ha interessato meno di una famiglia su 5, coinvolgendo soprattutto quelle più ricche. La crisi della cosiddetta economia reale con il conseguente aumento della disoccupazione, sono invece problematiche inerenti alla maggior parte dei nuclei familiari italiani, specialmente ai più deboli. Le prime grandi riduzioni del personale stanno cominciando a mietere vittime, ed i primi ad esserne colpiti sono i circa 4 milioni e mezzo di lavoratori precari.

Il motivo? Semplice da capire. Quando un lavoratore ha un contratto a termine, e le aziende vogliono interrompere il rapporto di lavoro, non devono neanche fare la fatica di licenziarlo: è sufficiente non rinnovare il contratto alla scadenza. Un fenomeno in crescita che va a colpire quel tipo di lavoratore mal retribuito, che non può accedere a forme di ausilio statale quali gli ammortizzatori sociali, e che è spesso escluso da ferie pagate, maternità e a volte persino dalla possibilità di entrare in malattia. In altre parole, il precario.

GLI ESPERTI LO CONSIGLIANO

Tito Boeri, professore ordinario di Economia alla Bocconi e collaboratore di Repubblica, e Pietro Garibaldi professore straordinario di Economia Politica presso l’Università di Torino, entrambi redattori della voce.info, hanno recentemente spiegato le misure che il Governo potrebbe intraprendere per evitare che la nuova recessione produca un “brusco aumento della povertà e delle disuguaglianze” sociali.

Secondo l’analisi da loro realizzata la detassazione degli straordinari che il Governo intende mantenere anche nel 2009, si tradurrebbe in una riduzione dell’occupazione. A dimostrarlo un recente studio di Banca d’Italia, nel quale viene evidenziato come il 25% delle imprese che intendono fruire di tale misura, di fatto diminuirà le assunzioni.

L’estratto dell’articolo pubblicato dai due economisti chiarisce l’insufficienza delle politiche finora attuate in materia di disoccupazione. “L’unica misura sin qui varata dal governo è stata l’incremento di circa 100 milioni della dotazione del fondo che deve erogare indennità di disoccupazione “in deroga” alla normativa esistente. È un fondo istituito per favorire specifici gruppi di lavoratori con maggiore peso negoziale-elettorale, come i lavoratori del tessile di Varese, cui era stato concesso l’accesso ai sussidi sotto il ministero di Maroni. Questi fondi peraltro vengono utilizzati spesso “in proroga” anziché “in deroga”, a favore dei disoccupati di serie A, quelli che già oggi accedono alla cassa integrazione.

Ci saranno, comunque, alcune estensioni selettive ad alcune piccole imprese, limitatamente ai fondi disponibili. Ma chi deciderà chi può accedere e in base a quali criteri?”.
I due docenti universitari insistono sull’urgenza di introdurre un sussidio unico di disoccupazione, al quale si acceda a prescindere dal tipo di contratto con il quale si è stati impiegati.

CONTRATTI A TERMINE: TROPPI E MAL GESTITI

Naturalmente tale misura sarebbe finanziata dai contributi versati da tutti i tipi di contratto. “Un meccanismo bonus- malus” andrebbe ad incrementare i contributi al fondo di disoccupazione per quelle imprese che ne fanno uso più assiduamente. Mentre si potrebbero aumentare i contributi assicurativi alle società che mostrano di utilizzare i contratti a termine indiscriminatamente.

A chi obietta che non ci sono abbastanza risorse per riformare gli ammortizzatori sociali, i due economisti rispondono che per introdurre il sussidio unico “è sufficiente utilizzare quelle che erano state destinate in via sperimentale alla detassazione degli straordinari”, aggiungendo che “Gli italiani sono i cittadini europei, dopo gli ungheresi, che si sentono maggiormente a rischio di povertà: un italiano su tre si sente vulnerabile. Anche politici interessati solo alla loro rielezione dovrebbero pensarci due volte prima di rimandare nuovamente questa riforma”.

IN GERMANIA

Dal 1° gennaio 2005 è in vigore la nuova legge sulle prestazioni di disoccupazione, conosciuta come HARTZ IV. Tale legge si pone come obiettivo quello di modernizzare il sistema sociale tedesco, riformarmando i metodi e le prestazioni inerenti al collocamento nel mondo del lavoro delle persone disoccupate. Nello specifico la legge prevede la combinazione dei sussidi di disoccupazione con quelli sociali (Arbeitslosengeld II). Il principio generale di questa disposizione è che nessuna offerta di lavoro possa essere rifiutata. Chi rifiuta un'offerta d'impiego viene infatti sanzionato tramite la perdita dello stesso diritto al sussidio.

Con la nuova riforma sulla disoccupazione, dopo 12 mesi (18 mesi per i disoccupati sopra i 55 anni d'età),i cittadini che versano ancora in stato di disoccupazione percepiscono un assegno di 345 euro mensili nei Vecchi Länder, e di 331 euro nei Nuovi.
L'ammontare del sussidio non si basa più, come avveniva in passato, sull'ultimo stipendio/salario netto percepito, ma sul fabbisogno della persona disoccupata. Inoltre - altra caratteristica del sistema tedesco- anche i valori dei beni immobili e mobili posseduti dal disoccupato influenzano l'ammontare del sussidio spettante, il tutto in un'ottica di profonda verifica della situazione individuale come forma di rispetto nei confronti della collettività. Una dimensione per molti versi sconosciuta al Paese Italia, dove il timore che lo smidollato rubi allo Stato penalizza tutti quei lavoratori in stato di indigenza e difficoltà reali.

L'ALLARME DI CONFINDUSTRIA

507 mila posti di lavoro in meno entro il 2010, il 2,2% dell'occupazione totale in Italia. A lanciare l'allarme è il Centro Studi di Confindustria che attraverso le dichiarazioni della Marcegaglia chiede al governo di stanziare risorse concrete affinchè la crisi in corso non aggravi ulteriormente il cattivo stato dell'occupazione italiana. Considerando i dati sui lavoratori attualmente in cassa integrazione e pertanto solo formalmente "impiegati", i posti di lavoro perduti sarebbero addirittura 867 mila e ossia il 2,8% degli occupati.

Cattive notizie anche sul fronte del Prodotto interno lordo che quest'anno diminuirà del 3,5% invece che del 1,3 previsto a dicembre. Non godono di maggiori prospettive i conti pubblici, per i quali è stato previsto un forte peggioramento: gli analisti del Centro studi indicano per quest'anno un aumento del deficit pari al 4,6% del Pil a fronte del 2,7% registrato nel 2008. valore che tuttavia dovrebbe iniziare a decrescere nel corso del 2010(4,3%). In vistoso aumento anche il debito pubblico che dal 105,8% del Pil rilevato nel 2008, arriverà al 112,5% nel 2009 fino a toccare il 114,7% nel 2010, un dato di poco inferiore a quello osservato nel 1998.

Unica buona nuova la diminuzione dei prezzi. la riduzione di spesa che le famiglie italiane otterranno quest'anno in bolletta, in seguito al calo dei prezzi dei prodotti energetici, è stato valutato pari a circa 850 euro. Un risparmio che complessivamente varrà 35 miliardi di euro. Una tendenza riscontrata anche nell'ambito dei prestiti per la prima casa: conseguentemente al calo dei tassi d'interesse, le famiglie che hanno acceso un mutuo a tasso variabile potranno infatti contare nel 2009 su un risparmio di circa 3.200 euro.

Meno ottimista il sindacato degli inquilini che negli ultimi giorni ha bollato il Piano casa elaborato dal Governo come "Piano per l'edilizia", e pertanto esplicitamente insufficiente ad assicurare quel diritto all'abitazione che gli italiani si aspettano in tempi talmente difficili: la famiglie che negli ultimi 5 anni hanno subito lo sfratto per via dell'enorme incidenza che l'affitto ha sul reddito percepito sono state circa 100 mila. Segno che la precarietà non riguarda più soltanto il posto di lavoro, ma anche gli ambiti più elementari connessi ai bisogni primari del cittadino.

Giovanna Di Carlo

La vignetta è di Gibellina

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