Teatro Fenaroli di Lanciano: L'oro di Napoli

07 Febbraio 2011   12:11  

Martedì 8 febbraio alle ore 21.00 presso il Teatro Fenaroli di Lanciano, nell’ambito del Cartellone di Prosa della Stagione Teatrale 2010/2011, andrà in scena uno straordinario spettacolo tratto dai racconti di Giuseppe Marotta, L’ORO DI NAPOLI, adattamento teatrale di Gianfelice Imparato e Armando Pugliese, regia Armando Pugliese, con Gianfelice Imparato e Federica Citarella.

E’ uno spettacolo definito dalla critica come una dichiarazione d’amore per la città di Napoli, splendida e miserabile, amorosa e spietata, e per i suoi abitanti capaci di inventarsi la vita giorno per giorno. La magia di questo lavoro, che ha già ispirato Vittorio De Sica per l’omonimo film, è quella di comporre un grande affresco in cui si raccolgono storie, dolenti o comiche, tragiche o paradossali di un unico di quei palazzoni di cui pullula il centro storico di Napoli, luogo popolato da personaggi che interloquiscono tra loro nell’androne, tra le scale, nella strada, sui pianerottoli, dando vita a quella coralità dolente e magica di una città anche furbesca ed ingannatrice. Il tutto ben amalgamato dalle musiche di scena di Nicola Piovani.

Un unico caseggiato, uno di quei caseggiati napoletani dove convivono ancora tutti gli strati sociali della città, popolato da personaggi le cui vite si rivoltano su se stesse, drammatiche o grottesche. E che noi sbirciamo come fossimo davanti ai pastori di un presepe che affaccia sul mare, ma pieno di grotte ed anfratti, dove il soie difficilmente entra.

Da quei balconi e da quelle finestre emana un respiro comune, ferocemente teso alla sopravvivenza, cinico e dolente, ma anche garbatamente ironico.

Mio padre mi raccontava la sera delle lunghe chiacchierate con Marotta sul lungomare, quando riflettevano su quella che era la Napoli che avevano lasciato e su quella che avevano poi ritrovato dopo la guerra. Tutti i suoi libri giravano per casa: i romanzi, il teatro scritto insieme a Randone, i racconti.

La voglia da sempre di fare di quei racconti un racconto teatrale, leggero ed evanescente come un sogno.

Nelle figure grandi e piccole che Marotta descrive, mi pareva di trovare i presupposti della crudeltà del vivere di oggi:

nelle ridanciane beffe di allora, le truffe e gli imbrogli di cui si è nutrita così a lungo la città. “Una città - come dice l’autore - senza fortuna solo perché nessuno l’ha mai seminata.

Dal film che De Sica ha tratto dalla raccolta L’oro di Napoli ci siamo discostati per adattare teatralmente anche altri racconti di Marotta e qualche episodio del suo teatro, frammentando il materiale, perdendo e ritrovando i suoi protagonisti, creando nuove scansioni per fornire il racconto teatrale di una sua autonomia, libera di sviluppare ritmi ed atmosfere proprie del palcoscenico, con i suoi giochi, le sue illusioni, le sue arbitrarietà.

L’incedere sostenuto e volutamente disarticolato delle vicende che ritarda all’inizio l’identificazione dei personaggi, si distende e si ricompone nella percezione di un unico lungo episodio nel quale si intreccia incurante ‘la cabala’ che, avendo preso il posto della speranza, ci conduce al vuoto ed al silenzio.

Dice Marotta in San Gennaro non dice mai no

“Che cosa c’è tutto sommato a Napoli? C’è un vulcano che ha tante possibilità di sterminio quanti sono gli acini d’uva e le ginestre di cui si agghinda per dissimulare le sue intenzioni.”


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