Il primo mese di emergenza è sempre traumatico, convulso, caotico. La solidarietà espressa dai connazionali e dal mondo alle vittime del sisma nei giorni seguiti alla catastrofe è stata particolarmente intensa, ma è nella fase successiva, in genere dopo il primo mese, che un popolo sperimenta i disagi più aspri della condizione di sfollato.
"Ci vorra' almeno un anno per uscire dall'emergenza sisma". E' quanto espresso dal direttore generale della Croce Rossa Italiana,
Patrizia Ravaioli, ai cronisti che l'hanno intervistata sulla situazione dei terremotati abruzzesi. "Il primo mese dopo il disastro e' di emergenza totale- ha affermato la Ravaioli- ma dopo comincia una fase di post-emergenza che deve far fronte ai bisogni delle popolazioni, che sono enormi". Una volta terminata la fase "acuta" del dramma pertanto, la prima esigenza sarà quella di ricostruire, materialmente ed esistenzialmente, la vita di quelle famiglie rimaste orfane delle certezze di tutti i giorni.
"Dobbiamo assistere queste persone dal punto di vista sanitario, sociale- ha spiegato il direttore della Croce rossa- ricreare il reddito, far ripartire le attivita'. Ora e' fondamentale ridare a questa gente la possiblita' di costruirsi da sola un futuro". A favore del raggiungimento di tale autonomia, la nota organizzazione umanitaria ha attivato un "
censimento di vulnerabilità" in grado di valutare caso per caso gli effettivi bisogni di quanti sono rimasti segnati dal sisma. Sono molte le persone che a causa del terremoto hanno perduto i macchinari da lavoro, la casa, l'ufficio dove prestavano servizio.
La Croce rossa intende perciò rimanere in trincea: con
5 campi gestiti direttamente,
22.000 pasti caldi serviti ogni giorno e presidi medici avanzati dislocati nelle zone colpite dal sisma, gli operatori dell'associazione assicurano il proprio sostegno alle famiglie sfollate dell'aquilano. Sono già
2.500 i volontari disposti a dare il cambio a quelli presenti sul posto dal primo giorno seguito alla tragedia.
gdc