Una regione a rischio verso il prossimo 6 aprile

Le rassicurazioni ''fatali''

21 Settembre 2009   07:52  

Le voci di una quantomai imminente uscita dalla crisi economica che sta schiacciando l'Italia, l'Europa ed il mondo "occidentale" in genere si fanno sempre più frequenti.
Le rassicurazioni "istituzionali", gli appelli, le dichiarazioni pubbliche improntate al massimo ottimismo che rimbalzano da un organo d'informazione all'altro creando un curioso domino giornalistico, sembrano scontrarsi ora dopo ora con un muro insormontabile di perplessità collettiva. Un muro fatto di licenziamenti, fallimenti, casse integrazioni e di risparmi in fumo che non si arrestano di fronte allo sbandierato ottimismo di qualche rispettabile autorità.

Questo gioco di casse integrazioni da tempo sta colpendo una delle tante realtà d'Abruzzo: la Abruzzo Engineering SpA, una società con capitale misto (60% Regione, 10% Provincia dell'Aquila e 30% Selex, gruppo Finmeccanica) e con 200 dipendenti, di cui 170 in cassa integrazione, e ad un passo dalla chiusura.
Una società non certo più sfortunata di tante altre, data la globalità e la voracità della crisi (particolarmente "feroce" in Abruzzo), ma la cui chiusura, in un momento storico per questa regione e per questa nazione come questo, rappresenta una vera beffa.

L'azienda, il cui lavoro avrebbe potuto salvare decine di vite umane, oggi è a rischio.
Questa azienda si è resa protagonista tra il 2003 ed il 2005 di uno dei più dettagliati lavori di indagine mai realizzati: un approfondito studio sugli edifici strategici della regione a rischio sisma, la produzione di un'interminabile mole di documenti che indicava con chiarezza gli edifici pubblici da mettere urgentemente in sicurezza, una relazione che indicava tipologie di rischio, informazioni strutturali e costi per l'ammodernamento di ogni singolo stabile.
Una maxi-relazione messa a disposizione della regione Abruzzo che ne aveva fatto richiesta e pubblicata sul sito internet S.I.G.E.O.I.S., che il portale della Regione Abruzzo pubblicizzava con orgoglio fino al 6 aprile.
Ora, dopo il sisma, e dopo il provvidenziale restyling grafico di regione.abruzzo.it, il collegamento al portale SIGEOIS è magicamente sparito.

I dati raccolti dall'Abruzzo Engineering, valutati con il senno di poi, lasciano un senso di amarezza impareggiabile.
Le informazioni c'erano tutte: si sapeva che l'Ospedale San Salvatore non era per nulla sicuro, che presentava numerose criticità strutturali nel cemento armato, e che per renderlo perfettamente anti-sisma (nonostante fosse di recentissima costruzione) erano necessari lavori aggiuntivi per un costo complessivo di oltre 49 milioni di euro. Per un edificio che ne era costato complessivamente 100.
Così come si conoscevano a fondo le criticità della Casa dello Studente di Via XX Settembre, terminata nel 1970 e mai realmente ammodernata. Lì sarebbe stato sufficiente poco più di un milione di euro.

Si sapeva questo così come si conoscevano i difetti di Comune, Prefettura, Asili, Teatro, Scuole, Università ed altro ancora.

Ma L'Aquila non era certo sola in questo gioco di incuria e di superficialità.
Gli altri tre capoluoghi di provincia della regione versavano, e versano tuttora, nelle stesse condizioni.

A Pescara numerosissimi gli edifici a rischio, a partire dal Municipio, ultimato nel 1930 e mai rimodernato o ristrutturato, caratterizzato da numerose criticità strutturali del cemento armato, al palazzo di Provincia e Prefettura, terminato solo 5 anni più tardi ma legato al primo dall'assenza del benché minimo lavoro di messa in sicurezza.
Più angosciante la situazione dei cinque asili nido di Via Benedetto Croce, di Via Colle Marino, di Via del Santuario, Via Mezzanotte e Via Rigopiano, terminati tutti nel 1980, ristrutturati nel 2004, ma ancora soggetti a diverse criticità, o quella della sede universitaria di Viale Pindaro, frequentata ogni giorno da migliaia di studenti e contraddistinta, oltre che da uno stato di manutenzione scarso, dalla presenza di lesioni in prossimità dei giunti e da continui cedimenti fondali.

Nonostante l'apparente modernità non se la passa meglio nemmeno il grande Ospedale Civile, vittima di una scarsa manutenzione e di profondi problemi strutturali sia per quanto riguarda il vecchio edificio che il nuovo, ultimato nel 1993.
5 mila persone è l'utenza media dell'intero stabile. Più di 76 i milioni necessari per la sua messa in sicurezza.
I suoi malati, i suoi medici professionisti, i tanti volontari e infermieri, nel momento in cui scrivo queste parole, vivono al di sotto di mura pronte per il cedimento.

Persino l'Aeroporto d'Abruzzo non è esente dal rischio sismico: per l'applicazione di tutte le precauzioni strutturali sono necessari oltre 10 milioni di euro.

A Chieti la situazione non è certo più florida. Tra le "vittime" dello studio possiamo annoverare l'intero ateneo universitario, con tutti gli stabili a rischio e soggetto a diverse criticità; per la sua messa in sicurezza sono richiesti (stando sempre alle stime di Abruzzo Engineering) quasi 46 milioni di euro, più del doppio di quelli richiesti per il polo pescarese.
Le criticità e le problematiche di sicurezza coinvolgono, come per Pescara, Municipio e Provincia, Asili nido e centri sanitari. Anche qui spicca l'insicurezza strutturale dell'Ospedale Santissima Annunziata, per cui si richiedono 46 milioni di euro.
Se la passa meglio la clinica Villa Pini, per i cui lavori di ammodernamento servono appena 6 milioni, poco più di quanto richiesto per la clinica Pierangeli a Pescara.

Discorso analogo per Teramo, dove a rischio sono tutti i vari palazzi pubblici, dal Municipio all'intero campus universitario, passando per l'Ospedale Mazzini e le diverse strutture comunali (autorimessa, prefettura, palazzetto dello sport, Acquaviva, l'istituto zooprofilattico e tante altre ancora).

Teatri, piscine, scuole, palestre, università, ospedali, biblioteche...
Non c'è un solo edificio adibito ad uso pubblico che si possa considerare davvero sicuro. E non a causa di un'impressione soggettiva paranoica, ma in base ad una montagna di dati e cifre calcolate al centesimo.
Un'inquietante sensazione di precarietà diffusa. Eppure tutto sembra restare lì dov'è. Così come è stato lasciato negli ultimi anni.

Quell'alibi è miseramente crollato. Non possiamo più dire di non sapere. Sappiamo tutto e lo sappiamo bene.
Resta da capire solo cosa fare. In attesa del prossimo 6 aprile.


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