Via al Meeting internazionale di Sismologia a San Francisco

Terremoto L'Aquila AD 2009

06 Novembre 2009   12:29  

Come si muove la penisola italiana nel Mediterraneo? C'è una lezione etica da apprendere?

Ecco la via italiana alla previsione dei terremoti: tutto pronto per il Congresso Internazionale AGU di Geofisica a San Francisco (California, 14-18 Dicembre 2009, Stati Uniti).

"Giampaolo Giuliani - fa notare il prof. Pier Francesco Biagi dell'Università di Bari - è stato da noi (organizzatori della sessione) invitato con la raccomandazione di restare nel campo scientifico, perché siamo tutti curiosi di vedere i suoi dati e di avere notizie sulla strumentazione utilizzata".

Antonio Moretti (geologo):"La catena appenninica continua ad avanzare verso nord-est sovrapponendosi alla crosta padana-adriatica che si piega ed affonda nel mantello, su scala geologica, fino alla prossima chiusura dell'Adriatico: la conoscenza delle velocità di movimento è importante perché collegata ai tempi ed alle probabilità di ricorrenza dei grandi terremoti.

Non basta un solo specialista, per quanto bravo, per un territorio complesso come il nostro, ma è necessaria la collaborazione di tutti gli scienziati (geologi, sismologi, fisici, storici) per analizzare il fenomeno alle diverse scale temporali e spaziali, dal satellite fino all'umile ricercatore da campagna che va sul terreno a controllare le misure ed a raccogliere campioni con scarponi e martello. Cosa che non è successa prima del 6 aprile.

Per una eventuale previsione a breve-medio termine, molto più promettenti sono i movimenti verticali del suoli, rilevabili sia da Gps sia da satellite tramite interferometria laser". "Gli studi sulle variazioni termiche prima dei terremoti - conferma in esclusiva il prof. Pier Francesco Biagi - hanno dato ottimi risultati. Non occorre usare i satelliti militari. Il quadro sismico italiano merita di essere seguito attentamente". Il grande Catalogo Ingv di terremoti e tsunami nella storia delle civiltà del Mediterraneo, laboratorio di conoscenze e competenze: presentiamo i primi due volumi.            

(di Nicola Facciolini)

 

Migliaia di pagine, volumi, libri e relazioni scientifiche sul terremoto di L'Aquila del 6 aprile 2009 (Mw=6.3), una "città fantasma" anche dall'autostrada A24 Roma-Teramo, servono non solo a fare il punto della situazione sullo stato delle attuali conoscenze geologiche e sismo-tettoniche del massiccio del Gran Sasso e nell'area mediterranea, ma anche a delineare, per la prima volta nella storia d'Italia, un Protocollo universale operativo di interventi preventivi (non solo emergenziali) della Protezione civile nazionale europea (dovrebbe rimanere in pianta stabile a L'Aquila), mai realizzati finora negli edifici pubblici e privati già esistenti sul territorio.

Che la città di L'Aquila, capoluogo della Regione Abruzzo, sede del parlamento e dell'esecutivo regionali, debba essere subito fedelmente ricostruita, sull'onda della solidarietà internazionale e con l'aiuto del mondo intero, come accadde con l'Abbazia di Montecassino, è molto più di un auspicio. Va ricordata  l'affermazione del settimo Segretario Generale dell'ONU, Kofi Annan:"More effective prevention strategies would save not only tens of billions of dollars, but save tens of thousands of lives. Funds currently spent on intervention and relief could be devoted to enhancing equitable and sustainable development instead, which would further reduce the risk for war and disaster. Building a culture of prevention is not easy. While the costs of prevention have to be paid in the present, its benefits lie in a distant future. Moreover, the benefits are not tangible; they are the disasters that did NOT happen". (Introduction to Secretary-General's Annual Report on the work of the Organization of United Nations (1999) - documento A/54/1). C'è una lezione etica da apprendere?

Gli scienziati fanno già il loro dovere. In particolare, secondo alcuni ricercatori italiani, i dati offerti dal MODIS (Moderate Resolution Imaging Spectroradiometer), il sensore a bordo dei satelliti EOS (Earth Observing System) per monitorare i maggiori rischi ambientali, e le relative analisi condotte negli ultimi 10 anni, sembrano (ma il condizionale è d'obbligo!) confermare anomalie termiche pochi giorni prima dell'evento aquilano.

Se la comunità scientifica internazionale dovesse accettare e pubblicare i risultati di queste ricerche, le implicazioni sarebbero molto importanti per la via italiana alla previsione dei terremoti. Nobel compreso.

"Gli studi sulle variazioni termiche prima dei terremoti - conferma in esclusiva il prof. Pier Francesco Biagi dell'Università di Bari - hanno dato ottimi risultati. Non occorre usare i satelliti militari.

Il quadro sismico italiano merita di essere seguito attentamente" - rivela in esclusiva il prof. Biagi, annunciando il Meeting internazionale AGU di Geofisica che si terrà a San Francisco (California, Stati Uniti: www.agu.org/meetings/fm09/), dal 14 al 18 Dicembre 2009, "nel corso del quale verranno presentati, tra l'altro, un'interessante relazione appena inviata alla rivista "Natural Hazards and Earth System Sciences" per il numero speciale sul terremoto di L'Aquila del 6 Aprile ed alcuni miei lavori".

L'Assemblea dell'AGU è uno dei principali congressi internazionali di Geofisica. Si svolge ogni anno. E' prevista la partecipazione di circa 6mila ricercatori da tutto il mondo. "Giampaolo Giuliani - fa notare il prof. Biagi - è stato da noi (organizzatori della sessione) invitato con la raccomandazione di restare nel campo scientifico, perché siamo tutti curiosi di vedere i suoi dati e di avere notizie sulla strumentazione utilizzata".

I movimenti cui è soggetta la nostra Penisola, nelle loro grandi linee, sono ben noti agli scienziati da alcuni decenni: si inquadrano nel contesto del continuo movimento delle placche terrestri.

"Questi movimenti - fa notare il geologo Antonio Moretti dell'Università di L'Aquila - sono stati ricostruiti sulla base dell'età dei fondali oceanici del mare Balearico e del mare Tirreno (che hanno rispettivamente, 30 e 7 milioni di anni) e sulla corrispondenza tra le formazioni geologiche dei Pirenei, della costa Provenzale, della Corsica, della Sardegna e della Calabria".

Moretti rivela che la Penisola negli ultimi milioni di anni ha compiuto, come un pendolo, una marcata rotazione antioraria, con una cerniera situata nella zona tra Liguria e Toscana ed un avanzamento progressivamente maggiore verso sud fino in Calabria. "Ancora più a sud c'è una grande linea di scorrimento (linea di Taormina) che divide l'Appennino e la Calabria dalla placca africana relativamente stabile, di cui la Sicilia fa parte.

I principali fronti di avanzamento e le direzioni relative sono noti, così come la situazione attuale dell'Appennino: la catena continua ad avanzare verso nord-est sovrapponendosi alla crosta padana-adriatica, che si piega ed affonda nel mantello fino alla prossima chiusura dell'Adriatico; a questo piegamento sono dovuti i terremoti adriatici-padani, come quelli di Reggio Emilia e di Ascoli Piceno, del Teramano o quello del Gran Sasso del 1950, tutti localizzati a profondità di circa 40-50 km.

I terremoti appenninici invece, quelli più pericolosi anche perché situati a profondità minori, sono collegati al sollevamento della catena sotto le spinte tettoniche del Tirreno da una parte e dell'Adriatico dall'altra". Le velocità di avanzamento maggiori si trovano in corrispondenza della Calabria e dei Monti Pelortani in Sicilia, "dove sono grosso modo stimabili in circa 5 cm/anno (apertura del Tirreno: 350 km / 7.000.000 anni...).

Per il resto dell'Appennino le velocità vanno da 2-3 cm/anno in Appennino meridionale ed Irpinia fino a meno di 1 cm/anno in Toscana". A queste diverse velocità di avanzamento corrispondono storicamente ricorrenze di grandi terremoti sempre più frequenti da nord verso sud: 3-400 anni in Toscana - Umbria, 2-300 anni in Appennino centrale, 50-100 anni in Appennino meridionale.

"La Calabria infine, negli ultimi 400 anni, può vantare ben 10 terremoti di grado uguale o superiore al X MCS (come l'Irpinia o più), ed un'altra decina di XIII-IX grado (come l'Aquila o Colfiorito)".

La conoscenza delle velocità di movimento è importante perché è collegata ai tempi ed alle probabilità di ricorrenza dei grandi terremoti. "Facendo il conto della serva, se un grande terremoto muove qualche metro lungo la faglia, e le velocità di movimento della catena sono di qualche cm/anno, dobbiamo aspettarci tempi di "ricarica" per le varie strutture sismogenetiche variabili da qualche decina a qualche centinaio di anni".

Queste velocità derivano dalla conoscenza della geologia regionale e sono mediate su periodi di milioni di anni. "Da qualche decennio, questi movimenti sono confermati da una rete di Gps sempre più fitta, in parte gestita dall'Ingv, che permette di vincolare l'estremo della curva e misurare i vettori movimento attuali". Le velocità di movimento, tuttavia, non danno informazioni dirette sull'avvicinarsi di un terremoto, quindi non sono utilizzabili per una eventuale "previsione" a breve-medio termine.

"Molto più promettenti al riguardo sono i movimenti verticali del suoli, rilevabili sia da Gps sia da satellite tramite interferometria laser (l'Agenzia Spaziale Italiana è all'avanguardia mondiale), che misura le differenze di quota tra due passaggi diversi del satellite, e può mettere in evidenza eventuali deformazioni delle masse rocciose che possono precedere il terremoto, così come da satellite si possono rilevare variazioni nel campo magnetico (dovute all'effetto piezoelettrico delle rocce sottoposte a variazioni di stress) ed altri parametri significativi". Gianluca Valensise (Ingv) conferma che "al momento l'unica cosa che si poteva percepire da satellite con la tecnica SAR era

un'accelerazione di deformazione nell'area epicentrale (http://kharita.rm.ingv.it/gmaps/vel/Index_IT.htm)".

"Non basta un solo specialista, per quanto bravo, per un territorio complesso come il nostro, ma è necessaria la collaborazione di tutti gli scienziati (geologi, sismologi, fisici, storici) per analizzare il fenomeno alle diverse scale temporali e spaziali, dal satellite fino all'umile ricercatore da campagna che va sul terreno a controllare le misure ed a raccogliere campioni con scarponi e martello. Cosa che non è successa prima del 6 aprile".

Sulle note di "Our best hope" del compositore James Horner, auguriamoci da Italiani di aver appreso la lezione etica offerta a caro prezzo dalla Natura. La vita è preziosa in ogni istante, un dono mai scontato ed assicurato per l'istante successivo. Perdonate la divagazione, ma i terremoti e tutte le catastrofi naturali (compresa l'eventuale e remota possibilità di un'invasione aliena della Terra da parte di una civiltà ostile con diversi valori ed esigenze), possono essere considerati degli eventi cardine della storia sociale politica ed economica di un Paese. In Italia la Protezione civile e l'Ingv, insieme a tutto il volontariato, sono un segno concreto della sinergia che nei rischi ambientali accomuna le Istituzioni.

Il terremoto di Messina AD 1908 segna l'inizio della sismologia strumentale europea e lo sviluppo scientifico e tecnologico simile a quello americano che si era aperto a seguito del terremoto di San Francisco del 1906. In Italia si svilupparono gli Osservatori geofisici (sismografo Agamennone alla Specola di Collurania: cf. libro "Gli strumenti sismici storici", 1990, ING-SGA, a cura di Graziano Ferrari) a tal punto che alla fine del 1909 l'Italia era il Paese con il maggior numero di sismografi al mondo. Enormi furono i benefici di questi studi sulla nuova sismologia italiana che uscì da una fase empirica e qualitativa per diventare una scienza sperimentale e quantitativa.

Dal disastro di Messina sono passati 101 anni: l'Italia ha fatto passi da gigante nello sviluppo di efficaci meccanismi d'informazione ed allertamento in emergenza e di coordinamento delle operazioni di soccorso. Ma quasi nulla nella fase preventiva. Certamente le ampiezze impressionanti dei tracciati del sisma di Messina (misuravano oltre 40 cm) registrate alle ore 5:21 dall'osservatorio Ximeniano di Firenze nel 1908, fanno ancora oggi impallidire di paura. Gli scenari della devastazione prodotta da un simile terremoto (con annesso tsunami) di magnitudo superiore a 7° Richter, tuttavia, ancora oggi non hanno meritato le giuste attenzioni della cinematografia italiana ed europea. Un dato su cui riflettere. Eppure il disastro di Messina e Reggio (oltre 80mila vittime), fino al 6 aprile 2009 il più studiato dai ricercatori italiani (oltre 281 articoli scientifici), segna l'inizio dell'azione dello Stato per la mitigazione degli effetti dei terremoti sul binario della classificazione sismica e della normativa tecnica.

L'azione rapida della Commissione insediata a pochi giorni dal terremoto che aveva decimato (meno 42%) la popolazione di Messina, permise di emanare dall'aprile 1909 una serie di leggi che anticiparono di 20 anni le misure legislative in Giappone e negli Stati Uniti d'America, consentendo di sviluppare quelle attività di prevenzione, previsione, valutazione e mitigazione dei rischi ambientali. Che oggi, grazie alla Protezione civile ed all'Ingv, costituiscono lo scrigno di conoscenze, competenze e capacità operative dell'Italia, utili a chi di dovere per poter salvare le vite umane.

Le conoscenze accumulate nei secoli sui grandi terremoti e tsunami nell'area mediterranea (cf. "Catalogue of ancient earthquakes in the Mediterranean area up to the 10th century", vol. I, Emanuela Guidoboni, Alberto Comastri e Giusto Traina, ING-SGA, 1994; "Catalogue of ancient earthquakes and tsunamis in the Mediterranean area from the 11th to the 15th century", vol. II, E.Guidoboni, A.Comastri, 2005, INGV-SGA), consentono infatti di ricordare e riflettere (nelle rispettive 19 lingue nazionali) su una pagina di storia e letteratura sociale, culturale, economica e scientifica, per certi versi purtroppo sconosciuta prima dei contributi scientifici offerti dai vari Autori in due questi due preziosi volumi. Dove, grazie allo scambio di informazioni e competenze, l'Ingv ha fatto emergere tra gli stessi addetti ai lavori la consapevolezza della grande utilità dei riferimenti incrociati, fonte di nuovi spunti di ricerca interdisciplinare. Che aiutano il lettore a navigare tra le conoscenze finora acquisite per formarsi un'opinione.

Analisi sismologica, impatto e prospettive, vengono illustrate attraverso la ricerca delle fonti scritte istituzionali, ponendo particolare attenzione sul ricco patrimonio di conoscenze edilizie acquisite dai nostri antenati nell'area mediterranea e sulle criticità che nei secoli hanno concorso a causare ed amplificare il disastro. Relazioni scientifiche, dati sulla sismicità storica, documenti istituzionali e notizie, contribuiscono a delineare l'immagine storica generale del fenomeno sismico nel Mediterraneo.

Disastri di media e bassa intensità, alcuni dei quali dimenticati o sottostimati, che tuttavia confermano l'immagine reale dell'attività sismica nel Mediterraneo, dominata da pochi e rari terremoti catastrofici. Gli studi per il Ponte sullo stretto di Messina hanno alimentato negli ultimi 30 anni una nuova fase di analisi innovativa, giudicata dai ricercatori italiani di enorme interesse scientifico. Anche da parte della comunità internazionale.

I due volumi mettono in luce non solo gli effetti dei disastri nelle varie civiltà e società del Mediterraneo, ma anche la diversa percezione del terremoto nel tempo, in mutate condizioni sociali e di coscienza civile. Gli scienziati ci ricordano che la capacità di pensare il futuro e di imparare a convivere con i fenomeni naturali, non sempre catastrofici, va poi misurata sul campo. Poiché la cultura popolare della prevenzione sismica in Italia, non è ancora diffusa, molti si chiedono in che modo tale coscienza civica (in mancanza della conoscenza diffusa del fenomeno e della percezione del rischio sismico) avrebbe mai potuto aiutare ad evitare una tragedia come quella di L'Aquila. Qualità dei dati e dei modelli scientifici disponibili, non bastano. Il Report internazionale dei geoscienziati prodotto a L'Aquila dal G10 della sismologia, lo scorso 2 ottobre 2009, lo conferma.

Il fermento scientifico nella geologia dei terremoti e nella ingegneria anti-sismica, ha certamente consentito l'elaborazione di nuovi strumenti normativi che pongono oggi l'Italia all'avanguardia in Europa. Tuttavia occorre unificare e potenziare le reti di osservazione sismologiche e geodetiche già esistenti, estendendole con sensori sul fondo marino e lacustre, elevandone gli standard tecnologici.

Le dinamiche territoriali e la pericolosità sismica nel Mediterraneo nel quale viviamo, basate su dati archeologici e storici, affrontano ricerche di notevole rilevanza scientifica ed applicativa. Grazie alle affidabili osservazioni strumentali disponibili per i terremoti più recenti (www.emsc-csem.org; www.campaniameteo.it/sismi.php) ed alla buona conoscenza della struttura sismo tettonica, il bacino del Mediterraneo rappresenta un laboratorio naturale per la sperimentazione di tecniche avanzate per la valutazione probabilistica e deterministica della pericolosità sismica mondiale.

Ai posteri il giudizio della Storia sulla ricostruzione di L'Aquila e sul ruolo dei mass-media nella formazione della verità scientifica al servizio della libera opinione pubblica.

 

                                                                                                       Nicola Facciolini               

 

 


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