Viaggiando verso Down Under

16 Maggio 2012   16:32  

Ventiquattro ore di volo. Così comincia il viaggio alla scoperta del nuovo continente. Un sacrificio che vale la pena di essere fatto soprattutto per la natura selvaggia che ci attende, per gli ampi spazi a cui non siamo decisamente abituati, per la multiculturalità che si incontra, la varietà di cibo, la cultura del ‘‘tutto può succedere’’, gli animali caratteristici ed il rispetto delle regole e delle persone, che salta subito agli occhi. 

L’Australia festeggia la sua nascita il 26 gennaio, con ‘l‘Australia day’ in ricordo della nascita della prima colonia penale inglese. Poi col tempo si trasforma nella ‘terra della scoperta dell’oro’ e nella terra del benessere che accoglie immigrati da tutte le nazioni, vista la sua scarsa densità di popolazione e la sua vastità territoriale.  Anche dall’Italia e da L’Aquila si parte per il nuovo continente. L’immigrazione avviene soprattutto nel dopoguerra, quando la necessità di lavorare non è soddisfatta dal nostro territorio – un po’ come nei nostri giorni ci verrebbe da dire – e così Gino, Alba, Matilde, Silvana, Remo e Marino della frazione di Collefracido di Sassa, insieme ad Alfredo e Pasquale di Collebrincioni, prendono l’autobus che li porta all’imbarco di Napoli sulla nave diretta in Australia.

 A noi sembra lungo un viaggio di 24 ore in aereo, ci annoiamo e sbuffiamo nonostante abbiamo a disposizione numerose distrazioni, dai film, alla musica, ai giochi… allora gli emigranti affrontavano un viaggio della lunghezza di un mese da passare interamente sulla nave. Un viaggio infinito e sacrificato, solo con queste parole si può descrivere la partenza di chi decideva di lasciare la patria natia per garantirsi delle occasioni che qui non avrebbe avuto. Un viaggio lungo e difficile che metteva a dura prova tra l’altro chi soffriva anche di mal di mare e passava l’intero mese in cabina. E una volta arrivati non era finita: bisognava prima superare tutte le visite che attestavano si fosse in buona salute e poi si poteva scendere in Australia.

La legislazione in Australia è sempre stata molto rigida su tutto ciò che arriva nel territorio, dagli uomini alle materie. Sarà anche perché per colpa di un europeo che portò i conigli nel 1856 ora il territorio se ne trova letteralmente invaso? Quindi i rigidi controlli su quanto viene portato ci sono oggi e c’erano anche allora.

Superata la dogana gli immigrati più fortunati raggiungevano i contatti che avevano sul posto, che li aiutavano a trovare un lavoro e man mano ad imparare la lingua. Scoglio non facile da superare era quello della lingua su cui oggi ridono e raccontano le loro vicissitudini come delle barzellette sugli italiani, sugli abruzzesi, sui calabresi e via dicendo. Fortunato quello che non riuscendo a chiedere di avere del formaggio al bancone del negozio utilizzò un ‘Sc’iccis’ che fece materializzare il  ‘cheese’ dal commerciante!

 Le difficoltà della lingua ti fanno sentire proprio come un mutilato: vorresti tanto comunicare con quegli inglesi che ridono e scherzano intorno a te ed invece non riesci a farti capire nemmeno per quello che ti è necessario, eppure hai una bocca, una lingua e un cervello come gli altri, ma questo non ti basta. È capitato anche a me di sentirmi in imbarazzo e menomata quando il mio inglese scolastico non era sufficiente ma per fortuna in alcuni quartieri di Melbourne c’è una discreta quantità di italiani che saltano fuori quando meno te lo aspetti. A volte è anche buffo sentire qualche coppia di amiche che ‘sparla’ in dialetto italiano mentre fa acquisti convinta di non essere capita.  

Gli immigrati italiani una volta integratesi in Australia hanno lavorato tantissimo, anche 12 ore al giorno a volte prendendosi i rimproveri dei figli per la loro assenza. Hanno iniziato con il lavoro nei campi e nelle fattorie, quello che conoscevano anche quando erano qui e poi man mano sono passati nelle fabbriche, nelle aziende, si sono messi in proprio con negozi, ristoranti o pizzerie italiane. Sì perché non c’è proprio paragone tra la cucina italiana e quelle tra virgolette inglesi e multi-etniche!

Si sono scontrati con episodi di razzismo sia loro - che venivano ‘richiamati’ ad utilizzare la lingua inglese per rispetto - che i loro figli, soprattutto nelle scuole dei piccoli paesi rispetto a quelle nelle grandi città.

La comunità degli italiani in Australia è molto numerosa e molto unita, quasi come una grande famiglia. Una famiglia allargata che ricorda a tutti cosa si sono lasciati alle spalle e li fa continuare a condividere usi e tradizioni come popolo italiano in un territorio seppur proprio che rimarrà per loro sempre straniero. E mentre qui si litiga tra nord e sud e si fa proposta di cancellare anni di storia volendo separare di nuovo l’Italia, lì veneti, abruzzesi e siciliani vanno tranquillamente d’accordo.

Quando si incontrano nei supermarket si salutano ancora in italiano come se fossero appena sbarcati tutti insieme dalla nave, mentre invece sono già passati 50-60 anni da quando sono arrivati.

Sono diventati una grande famiglia che si raduna per le feste e che non fa sentire soli coloro che parenti sul territorio non ne hanno. Si sono formati numerosi ‘’club’’ come punto di ritrovo, non solo di generici italiani ma anche di abruzzesi, veneti, giuliani – ovvero emigranti del Friuli Venezia Giulia e non, come avremo pensato noi, famiglie di siciliani! Nei club si discute di politica – quasi rigorosamente italiana – si gioca alle bocce o al tennis da tavolo, si organizzano le gite ed i banchetti per le feste o, semplicemente, si passa la domenica insieme ai vecchi connazionali. 

Gli italiani durante la settimana lavoravano duro ma quando si ritrovavano sapevano anche divertirsi tanto, arrivando a fare delle cose che sorprendevano anche i figli, che da piccoli a volte si addormentavano nei divani del club sopraffatti dalla stanchezza mentre i loro genitori stavano ancora raccontandosi barzellette, tirandosi le torte, bevendo o facendo altri giochi.

Coloro che ormai sono in pensione spesso si incontrano per il caffè alla mattina o nel prestissimo pomeriggio. Hanno preso le abitudini locali per quanto riguarda gli orari dei pasti: improponibili per un italiano del centro-sud soprattutto: io ne sono ancora scioccata! La colazione si fa con il toast ed il caffè americano. Il pranzo che segue alle ore 12 è un po’ piu’ leggero per chi è al lavoro ma viene subito recuperato dalla cena delle 18:30! Già proprio alle 18:30 arriva il pasto più importante della giornata dopo il non stop che segue da ora di pranzo di caffè - soft drink - noccioline e dolci sollecitati dalle visite di amici, vicini e conoscenti. Beato lo stomaco di chi lavora!!!

Se non si ha il tempo di mangiare al mattino si può sempre ricorrere ad un brunch di metà mattinata che unisce colazione e pranzo insieme non solo negli orari ma anche negli alimenti: un esempio può essere mangiare le solite uova fritte con qualche fettina di salmone, un toast con avocado e caffè. Per fortuna che qualche sana abitudine c’è: quella di camminare facendo il giro del ‘block’ - ovvero del quartiere, subito dopo cena; ma non sarà forse proprio perché si mangia così tanto e così male che poi tutti vanno a fare sport?!

Sarà un po’ dovuto proprio all’alimentazione ed un po’ alle caratteristiche degli incroci di razze il fatto che gli australiani (anche quelli acquisiti) hanno delle taglie un po’ più forti di quelle italo-europee.

L’Australia è ancora il nuovo mondo, l’eldorado dei cercatori dell’oro o semplicemente dei cercatori di fortuna. Non mancano tutt’oggi le occasioni, il lavoro e le possibilità, e, soprattutto, lì si va avanti ancora per merito.

C’è una diversa concezione del lavoro e del lavoratore: innanzitutto le persone possono scegliere quanti giorni a settimana lavorare. Ci si può tranquillamente licenziare da un contratto di lavoro a tempo indeterminato in qualsiasi momento della propria vita poiché si ha la consapevolezza che in qualsiasi momento si voglia ricominciare a lavorare il lavoro c’è. Le selezioni ed i concorsi sono molto piu’ accessibili che da noi: basta rispondere agli annunci sul giornale per avere pari opportunità, quelle che in Italia nonostante a mio avviso gli inutili assessorati, non sono per niente presenti per il vecchio discorso clientelare e di sponsorizzazioni varie.

Rimanendo a lavorare nella stessa azienda dopo 10 anni ai dipendenti vengono riconosciuti tre mesi di ferie pagate ( o addirittura 6 pagati part time) e da allora si matura anche una settimana in più di ferie all’anno. Ecco perché ogni volta che dicevo che ero in vacanza per un mese – cosa già del tutto eccezionale per un italiano considerando che nemmeno quando ti sposi puoi prendere tutte quelle ferie – loro rimanevano piuttosto male e commentavano tristemente: “così poco?”    

Gli stipendi poi vengono pagati ogni fine settimana o al massimo ogni quindici giorni al ridosso del week end: ma agli inglesi che frequentano i pub non bastano che dal venerdi alla domenica da come ci raccontano il lunedì sono già a chiedere prestiti agli amici che restituiranno al venerdì.

La disoccupazione c’è anche qui ma è più legata al concetto di quelle persone più ''pigre'' diciamo, che preferiscono prendere la disoccupazione piuttosto che lavorare! C’è anche un po’ di lavoro nero legato maggiormente a quei pensionati che vogliono arrotondare il sostegno dello Stato e che a casa si annoiano.

Siete curiosi di scoprire ancora meglio l’Australia?  Allora non perdete i prossimi articoli

emanuela bruschi


Oroscopo del Giorno powered by oroscopoore